Saman, il difensore della madre: “Non fondare giudizio su latitanza”

30 novembre 2023 | 18:36
Share0
Saman, il difensore della madre: “Non fondare giudizio su latitanza”

L’avvocato Simone Servillo: “Qui è sotto processo Nazia, non la sua cultura”

REGGIO EMILIA – “Non ho capito perché la posizione della mia assistita viene considerata la peggiore in questo processo: in un procedimento penale il giudizio non si fonda sullo stato di latitanza”. Così l’avvocato Simone Servillo ha iniziato questo pomeriggio in Tribunale a Reggio Emilia la sua arringa in difesa di Nazia Shaeen, la madre di Saman Abbas.

Della 52enne, fuggita in Pakistan con il marito che è stato poi arrestato ed estradato, non si hanno più notizie nonostante penda su di lei un mandato di cattura internazionale. Ma la fuga non indica per forza colpevolezza: “Quando sei sotto processo, quando temi di andare in galera (la Procura di Reggio ha chiesto l’ergastolo per la donna, ndr) e quando hai tutto un paese contro (Novellara) muori di paura. E vorrei vedere consegnarsi alla giustizia quei benpensanti che affermano che lo farebbero”, dice Servillo. Il legale si è poi soffermato sul rilievo mediatico del dibattimento, ringraziando però la Corte “perchè non è stata intaccata la serenità del processo”.

Come i difensori degli altri imputati che lo hanno preceduto, anche Servillo ha rimproverato alla Procura “di essersi innamorato di una ipotesi investigativa (quella del delitto d’onore, ndr) e di aver svolto le indagini solo per confermarla, e non facendole a 360 gradi”. Poi, ha detto sempre l’avvocato, “ricordo che qui è sotto processo Nazia, non la sua cultura. Anche io voglio rendere giustizia a Saman, ma ricostruendo quanto è successo sulla base degli elementi della verità processuale emersi dal dibattimento”.

Servillo ha anche confutato la tesi, data per assodata dall’accusa, che Saman aveva paura dei suoi genitori. “Quando è fuggita in Belgio per una fuga d’amore con un ragazzo afgano dopo aver rubato i soldi in casa, è comunque tornata. Vuol dire che i genitori le volevano bene, altrimenti si sarebbe trincerata in comunità”. Questo, ha quindi concluso il legale, “è uno dei tanti elementi che sono stati abbondantemente fraintesi o male interpretati”.