Ausl, truffa su fornitura di mascherine: due arresti

5 luglio 2023 | 11:20
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Ausl, truffa su fornitura di mascherine: due arresti

Ai domiciliari 2 imprenditori coinvolti nella vicenda dei 4 milioni di mascherine importate dalla Cina venduta all’Ausl per un valore di 6 milioni

REGGIO EMILIA – Due imprenditori, coinvolti in una presunta truffa all’Ausl su una fornitura di mascherine, sono finiti agli arresti domiciliari dopo che la Cassazione ha reso definitivo il provvedimento restrittivo della libertà personale richiesto dai pm reggiani Iacopo Berardi e Marco Marano al Tribunale della Libertà dopo l’iniziale rigetto del Gip.

I due, l’imprenditore trentino Paolo Paris e l’imprenditore Lorenzo Scarfone residente nel reggiano, avevano importato 4 milioni di mascherine dalla Cina, per un valore di quasi sei milioni di euro, che sarebbero stati non conformi, grazie a documenti falsi e avrebbero corrotto un dirigente Ausl e avrebbero commesso reati tributari per dividersi i guadagni illeciti. La Cassazione ha riconosciuto i gravi indizi di reato e il rischio di reiterazione, applicando così la misura degli arresti domiciliari nei loro confronti e del divieto temporaneo per un anno di contrarre con la pubblica amministrazione.

I due imprenditori sono accusati, insieme ad altri due imprenditori straneri (un francese e uno spagnolo) di truffa truffa all’Ausl, frode in pubbliche forniture, false fatturazioni, corruzione ed autoriciclaggio del denaro provento della illecita vendita di mascherine all’ente pubblico reggiano, poi reimpiegato con operazioni bancarie per ulteriori acquisti ed importazioni di altri dispositivi medicali.

Sono state anche chiuse le indagini su 6 persone per corruzione e false fatture, nonché per l’autoriciclaggio del profitto illecito delle mascherine importate.

E’ stato quindi accolto in pieno l’appello cautelare della Procura di Reggio Emilia che ha condotto le indagini sulla nota vicenda e che ha visto i militari delle Fiamme Gialle eseguire perquisizioni e sequestri – tuttora in essere – di oltre 2 milioni di mascherine e di oltre 300mila euro, profitto delle false fatturazioni degli imprenditori.

Le condotte illecite di importazione delle mascherine, oltre che commesse in concorso con intermediari esteri (l’imprenditore francese e quello spagnolo), sarebbero state agevolate, secondo gli inquirenti, da Giovanni Morini (ingegnere responsabile del servizio prevenzione e protezione della stessa Ausl) che è accusato di aver volontariamente omesso i controlli tecnici di specifica competenza sulla genuinità dei prodotti e dei documenti accompagnatori, dando così copertura tecnica al materiale non idoneo acquisito dall’Ausl grazie ad un presunto rapporto corruttivo che i due imprenditori avrebbero instaurato a monte con un dirigente medico dell’Ausl, Pietro Ragni (ex risk manager dell’Ausl locale, ora in pensione), con il quale sarebbero stati d’accordo per iniziare un business societario in tema di vaccini e consulenze anticovid.

Ausl

I due soci, inseritisi senza esperienza pregressa nel profittevole settore dei prodotti sanitari nel pieno dell’emergenza pandemica, pur di aggiudicarsi un corrispettivo “milionario” di 6 milioni di euro, pagato in anticipo dall’ente rispetto alla consegna dei beni, sono accusati di aver corrotto il dirigente medico per favorire l’aggiudicazione del contratto di fornitura di oltre 4 milioni di mascherine, di aver sfruttato la complicità dell’ingegnere dell’Ausl deputato ai controlli anche dinanzi a documentazione priva di validità, arrivando poi a falsificarne i contenuti e ad autoprodurre etichette CE da applicare sulle scatole dei prodotti importanti dalla Cina.

La non genuinità dei prodotti fu acclarata, all’epoca dei fatti, dagli accertamenti tecnici di laboratorio, che dimostrarono l’assoluta inidoneità delle mascherine – in termini di capacità filtranti – ad essere impiegate in ambito sanitario e per contrastare la diffusione del virus.

Secondo il Tribunale della Libertà di Bologna, inoltre, i due imprenditori hanno dimostrato “spregiudicatezza nell’approfittare di una drammatica emergenza sanitaria per lucrare in un delicato settore di affari relativo alla salute pubblica, trovando sponde interne all’ente pubblico, e senza timori per la salute di quanti avrebbero potuto indossare detti dispositivi all’interno delle corsie ospedaliere, in un momento di emergenza pandemica (dispositivi a tutt’oggi sotto sequestro)”.