Scarpino, un marziano al processo Aemilia

15 luglio 2017 | 11:10
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Scarpino, un marziano al processo Aemilia

Un uomo che vive qui da decine di anni, radicatissimo nella comunità calabrese reggiana, non aveva mai avuto sentore che nella nostra città fossero in atto fenomeni ‘ndranghetisti

REGGIO EMILIA – La deposizione di venerdì scorso in aula al processo Aemilia del consigliere comunale del Mdp (prima Ds, poi Pd, attualmente alla terza consigliatura), Salvatore Scarpino, ha dell’incredibile. Quando il presidente Caruso ha domandato a uno degli esponenti di punta della comunità calabrese a Reggio se avesse avuto sentore di fenomeni criminali negli anni successivi alla relazione del procuratore generale sull’anno giudiziario 2011 nella quale si parlava di ‘ndrangheta, Scarpino ha detto: “No”. Il presidente, a quel punto, lo ha incalzato: “Nessun atto, neanche quelli che avvenivano sui giornali, li ha attribuiti ad ignoti, come se li e’ spiegati, c’era un clima di allarme nell’ambiente politico?”. Risponde il consigliere: “Non lo avvertivo, no”.

In sostanza un uomo che vive qui da decine di anni, radicatissimo nella comunità calabrese reggiana, non aveva mai avuto sentore che nella nostra città fossero in atto fenomeni ‘ndranghetisti. Questo quando i giornali riportavano ripetutamente episodi di strani incendi di auto, cantieri e intimidazioni ed estorsioni nei confronti di imprenditori edili. Ma che la ‘ndrangheta fosse presente nella nostra città era stato ampiamente documentato, sempre sui giornali, anche dal processo Edilpiovra che ha testimoniato ampiamente delle infiltrazioni dei clan ‘ndranghetisti cutresi nella nostra provincia.

Eppure Scarpino non era a conoscenza di fenomeni criminali nella nostra città. Evidentemente non leggeva i giornali, oltre a non conoscere la comunità calabrese di cui fa parte a Reggio. Oppure li leggeva solo per poi lamentarsi di come i giornalisti rappresentavano i cutresi dato che scrivevano che c’era la ‘ndrangheta a Reggio Emilia.

Scarpino ha detto, nella sua deposizione di venerdì scorso in aula, che era preoccupato perche’ il nome dei cutresi era venuto fuori non piu’ come singole famiglie, ma come ‘cutresi’ in quella relazione del procuratore del 2011. Ha detto: “Non mi e’ mai piaciuto dire comunita’ di Cutro, credo tanto nell’integrazione, io li reputo cittadini reggiani di origine cutrese, era una preoccupazione forte”. Scarpino ha quindi parlato della preoccupazione “che la parte sana dei cutresi venisse coinvolta”.

Per questo motivo all’inizio del 2011 il consigliere comunale andò dal prefetto De Miro, insieme ad Antonio Olivo del Partito democratico e Rocco Gualtieri (Forza Italia), con l’ex sindaco Delrio, per rappresentare al prefetto una serie di timori per la condizione della comunita’ di Cutro residente da anni a Reggio Emilia. Temeva per il buon nome della sua comunità Scarpino e per la raffica di interdittive antimafia che cadevano come una gragnuola sugli imprenditori edili calabresi.

Altrettanta preoccupazione, però, non si è mai notata da parte di Scarpino per denunciare i fenomeni malavitosi presenti nella sua comunità o per chiedere chiarezza di fronte ad episodi poco chiari che accadevano nella sua comunità. Come dite? Ah, è vero. Lui non si era accorto di nulla. E poi, ovviamente, come dicevano nel suo partito, c’erano gli anticorpi. Bene, oggi (ma anche ieri, ndr) sappiamo che quegli anticorpi non bastavano e che la ‘ndrangheta c’era e c’è eccome nella nostra provincia. Con buona pace del consigliere Scarpino.