Riforme, la retromarcia del premier

10 agosto 2016 | 13:00
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Riforme, la retromarcia del premier

Il premier ieri, fra Bosco Albergati e Casalgrande, ha ammesso: “Ho fatto un errore a personalizzare troppo, bisogna dire agli italiani che non è la riforma di una persona, ma la riforma che serve all’Italia”

REGGIO EMILIA – “Ho fatto un errore a personalizzare troppo, bisogna dire agli italiani che non è la riforma di una persona, ma la riforma che serve all’Italia”. Fra Bosco Albergati (Castelfranco Emilia) e Villalunga di Casalgrande è iniziata ieri la retromarcia del premier Matteo Renzi che, fino a poco tempo fa, diceva che si sarebbe dimesso in caso di vittoria del no al referendum costituzionale.

Gli ultimi sondaggi di Ipr Marketing e dell’Istituto Piepoli, che danno il “no” in testa con il 52%, devono avere consigliato maggiore prudenza al presidente del Consiglio. Vero che la partita è apertissima e che i no, dopo una costante ascesa, si sono indeboliti nelle ultime settimane, tuttavia questi dati (e non solo si spera) devono avere portato Renzi a più miti consigli.

Del resto occorre dire che legare la permanenza o meno al governo a una riforma costituzionale, seppur importante, non è stato un atteggiamento assennato fin dall’inizio. Questo perché ha costretto un partito, il Pd, inevitabilmente, a schierarsi per il sì, per evitare le dimissioni di Renzi che, fra l’altro, è pure segretario del partito e perché, in qualche modo, costringe anche gli elettori a fare i conti con un possibile vuoto di governo.

La stessa Serracchiani, alla festa di Casalgrande, evocava lo spettro di cosa accadrebbe dopo Renzi. “Volete votare no e assumervi la responsabilità, magari, di mandare al governo il Movimento 5 Stelle”, diceva la vicepresidente del Pd. Vero che parlava di fronte a una platea di iscritti e simpatizzanti, ma è anche vero che le valutazioni se votare sì o no a una riforma come questa dovrebbero prescindere dalla permanenza o meno di un leader di partito al governo.

C’è da augurarsi che Renzi lo abbia compreso e che abbandoni definitivamente l’idea di lasciare la presidenza del Consiglio se vincerà il no, anche perché le emergenze dell’Italia sono molteplici e le riforme sono solo uno dei tanti aspetti di cui questo governo si deve occupare. Questo stresserebbe meno il partito e la campagna referendaria e farebbe sicuramente meglio al confronto di idee che deve essere improntato alla massima libertà senza alcun condizionamento.