‘Ndrangheta, le accuse mosse a Vezzani e Coffrini

30 giugno 2023 | 15:23
Share0
‘Ndrangheta, le accuse mosse a Vezzani e Coffrini

I due ex sindaci di Brescello sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa. Il vantaggio: “Garantirsi l’appoggio di elettori controllati dal sodalizio ‘ndranghetistico emiliano”

REGGIO EMILIA – “Entrambi ben informati che sul territorio di Brescello e nel resto dell’Emilia era operante una struttura autonoma di ‘ndrangheta storicamente derivante dalla cosca Grande Aracri di Cutro, contribuivano concretamente, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento, alla conservazione e alla realizzazione degli scopi del sodalizio ‘ndranghetistico autonomamente operante da anni nel territorio emiliano e, in particolare, nelle province di Reggio, Parma, Modena e Piacenza”.

Questa e’ l’accusa formulata dal pm Beatrice Ronchi nell’avviso della conclusione delle indagini preliminari inviata, nella veste di indagati per concorso esterno in associazione mafiosa, agli ex sindaci di Brescello, Giuseppe Vezzani e Marcello Coffrini.

I vertici della consorteria, secondo gli inquirenti, sono Francesco Grande Aracri, 69 anni, arrestato nel febbraio 2003 e condannato con sentenza passata in giudicato nell’ottobre del 2008 per associazione di tipo mafioso nell’ambito dell’operazione Edilpiovra. Alfonso Diletto, arrestato nel 2004 per usura nell’ambito dell’operazione Dirty Money e poi arrestato nel 2015 e condannato con sentenza passata in giudicato nel 2018 per associazione di tipo mafioso nell’ambito dell’operazione Aemilia.

Poi c’è Salvatore Grande Aracri, 44 anni, arrestato nel giugno 2019 e condannato con sentenza di primo e secondo grado per associazione di tipo mafioso nell’ambito dell’operazione Grimilde.

Secondo gli inquirenti il contributo che i due sindaci fornivano “consisteva nello svolgimento degli incarichi e del mandato ricevuti tutelando gli interessi del sodalizio mafioso o di alcuni esponenti, anche di vertice, così rafforzando la consorteria mafiosa e consentendone l’affermazione ed espansione sul territorio di Brescello”.

Secondo il magistrato, tra l’altro, gli ex sindaci “non prendevano deliberatamente alcuna iniziativa nel contrasto dell’abusivismo edilizio a fronte di accertati abusi edilizi ed occupazioni demaniali abusive attuati da soggetti contigui al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, non richiedendo specifici interventi del corpo di polizia municipale e dell’ ufficio tecnico, né fornendo a quest’utimo gli indirizzi, più volte richiesti, sul tema degli abusi edilizi”.

Inoltre “consentiva l’affidamento di lavori pubblici a ditte del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano o di soggetti contigui alla conserteria in palese contrasto con il codice degli appalti pubblici e della procedura di selezione ad evidenza pubblica e comunque in presenza di evidenti anomalie”.

Avrebbero anche “appoggiato pratiche amministrative e interventi di natura urbanistica, volti a favorire soggetti contigui al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano” e “consentivano favoritismi per l’assegnazione di immobili e di incarichi lavoratori a favore di soggetti contigui al sodalizio ‘ndranghetistico”.

Agivano inoltre, secondo gli inquirenti, “per contribuire a creare all’esterno, nell’opinione pubblica, un’immagine di Francesco Grande Aracri, di Alfonso Diletto e dei loro parenti contingui al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano quali soggetti puliti e per bene da integrare nel contesto della vita civile, imprenditoriale e amministrativa del Comune di Brescello, negando esplicitamente e pubblicamente il problema dell’esistenza della ‘ndrangheta su tale territorio o comunque minimizzando consapevolmente il problema, pur a fronte di provvedimenti definitivi di condanna, di provvedimenti di prevenzione e di sequestro antimafia e delle interdittive antimafia del prefetto di Reggio”.

Questo anche “consentendo ad esponenti della cosca di ‘ndrangheta emiliana di avere una ribalta pubblica e di sfruttarla nell’interesse della consorteria”. Il vantaggio, secondo il pm, sarebbe stato quello di “garantirsi nel tempo, con radici già nel mandato precedente a quello del 2004, l’appoggio del bacino di elettori, non solo calabresi, controllati dal sodalizio ‘ndraghetistico emiliano”.