Teatro

Orwell al tempo dei social, 1984: la profezia di una schiavitù digitale

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Dal 19 novembre al 20 novembre
Dalle 20.30
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Il pluripremiato regista britannico dirige un cast tutto italiano per uno dei più celebri romanzi, oggi più che mai di attualità: 19 e 20 novembre, ore 20.30

Orwell al tempo dei social, 1984: la profezia di una schiavitù digitale

REGGIO EMILIA – Il pluripremiato regista britannico Matthew Lenton, direttore artistico e fondatore della compagnia Vanishing Point dirige un cast di attori italiani e si confronta con il celebre romanzo di George Orwell, 1984, che andrà in scena martedì 19 e mercoledì 20 novembre, alle 20.30, al Teatro Ariosto per la Stagione di Prosa.

A partire da un’indagine sulla verità e sulle diverse forme di controllo del pensiero attraverso i mezzi di comunicazione di massa, nel suo 1984 Lenton mette in luce quanto Orwell sia attuale oggi più che mai: in un mondo costantemente sorvegliato, quanto è improbabile che le autorità arrivino a controllarci del tutto? Non andare su Facebook, non andare su Twitter, non usare gli smartphone. Essere presente, camminare nelle strade e parlare con le persone che si incontrano. Uscire da tutto questo sistema virtuale e vivere.

I social-media costringono a un pensiero binario: bianco o nero. Un pensiero che ha mandato in crisi tutta la società liberale e le sue abitudini di “correttezza politica”. Un pensiero che influenza i nostri sentimenti, per indirizzare così le nostre opinioni sulla realtà. La grande forza dei social-media sta negli algoritmi. Sono un fac-simile di un sistema neurale, ma capace di processare un’enorme quantità di dati con lo scopo di incrociarli e carpire ciò che, in modo apparentemente naturale, ogni persona preferisce.

Quest’abilità rende i social-media il più sofisticato ed efficace mezzo di persuasione e manipolazione del pensiero che oggi esista. A vantaggio di chi? Questi i dubbi da cui è partito Matthew Lenton: allora diventa cruciale saper guardare ai fatti e saper costruire un dibattito intorno a essi. Ecco perché 1984 contiene – sempre secondo Lenton – ancora degli elementi di contatto con il nostro presente, con questi “tempi interessanti”, come li chiama Slavoj Žižek, tempi in cui Donald Trump non è più uno scherzo ma una realtà, capace di polarizzare le persone dividendole radicalmente tra suoi sostenitori e “nemici”, senza lasciare spazio ad altre e più complesse articolazioni di pensiero. Tempi in cui ogni critica più profonda è stata spazzata via da forme brutali e semplificate di opposizioni binarie, ancora una volta bianco contro nero. Tutto questo non modifica solo il modo di dibattere, ma quello di ragionare. E – si chiede Lenton – se il nostro modo di ragionare sta cambiando, chi o cosa guida questo cambiamento?

Scritto quasi di getto nel 1948, al centro di 1984 di George Orwell vi è la vicenda di un comune funzionario di partito, Winston Smith, impiegato al Ministero della Verità dello stato-continente Oceania; il pianeta dopo un lungo conflitto è infatti diviso in tre grandi stati totalitari, Oceania, Eurasia ed Estasia. Winston per lavoro ogni giorno rettifica libri e quotidiani già pubblicati, modificando la storia e inverando così l’infallibilità del “leader” del paese, il Grande Fratello. In Oceania infatti qualsiasi opinione, gesto, sentimento o desiderio è strettamente controllato e indirizzato, grazie a teleschermi-spia, delazioni, riti di “sfogo” collettivo e una sistematica riduzione del linguaggio e del pensiero. Winston però tradisce e, in segreto, tiene un proprio, “veritiero”, diario, attività severamente vietata dal regime: ogni mattina, in un angolo forse non osservato della sua stanza, appunta con la sua mano sulla carta il ricordo di ciò che nel mondo accade…