Il procuratore di Reggio Emilia: “Controlli rigorosi o le risorse rischiano di essere depredate”
REGGIO EMILIA – L’imprenditrice di Reggio Emilia a cui la Guardia di finanza ha sequestrato beni per 36,5 milioni gestiva, insieme ai due figli, una rete di società intestate a prestanome e usate per ottenere prestiti bancari. Si parla di finanziamenti “anche garantiti dallo Stato”, sottolinea il procuratore capo di Reggio Emilia, Calogero Gaetano Paci.
Un elemento, questo, che per Paci è molto significativo perchè consente di “evidenziare il rischio che corre il sistema italiano, in un momento di particolare affluenza di spesa pubblica derivante dai fondi Pnrr, se non si svolgono controlli in modo rigoroso e approfondito nei confronti di coloro che richiedono di essere ammessi a finanziamenti”.
Il pericolo “è che le risorse, anzichè essere destinate al raggiungimento di risultati di interesse pubblico, a cui la sana imprenditoria certamente contribuisce a concorrere – continua Paci in conferenza stampa – vengano in realtà depredati per fini privati, illeciti e anche di riciclaggio”.

