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Femminicidio a Correggio, Pancaldi: “L’ho soffocata”

16 maggio 2025 | 13:04
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Femminicidio a Correggio, Pancaldi: “L’ho soffocata”
La conferenza stampa e, in alto a destra, Peter Pancaldi con Daniela Coman

Peter Pancaldi, 44 anni, in stato di fermo, è accusato di omicidio premeditato aggravato: la vittima, la 48enne Daniela Coman, è stata attirata a casa sua con l’inganno

REGGIO EMILIAÈ in stato di fermo, con l’accusa di omicidio premeditato aggravato Peter Pancaldi, 44 anni, compagno di Daniela Luminita Coman, la donna di 48 anni trovata senza vita mercoledì sera in un appartamento a Prato di Correggio distesa sul letto e coperta da un piumone. L’uomo ha confessato: “L’ho soffocata”. Il provvedimento gli è stato notificato ieri intorno alle 21,30: l’omicidio è aggravato dalla premeditazione e dal fatto che la vittima fosse già oggetto di atti persecutori all’interno di una relazione affettiva.

Come ha precisato il procuratore Calogero Gaetano Paci, durante la conferenza stampa, si tratta ancora di un provvedimento precautelare e non si è ancora giunti alla convalida, da parte del giudice per le indagini preliminari, che potrebbe avvenire nella giornata di lunedì.

La vicenda
La vicenda è iniziata martedì mattina, quando la sorella della vittima ha denunciato la scomparsa di Daniela Coman, non riuscendo più a mettersi in contatto con lei né tramite chiamate, né con WhatsApp. Anche l’ex compagno della donna, che vive nel modenese, preoccupato per l’assenza di risposte, ha segnalato la situazione ai carabinieri. Da quel momento è scattata l’attività di ricerca, che ha portato gli investigatori nell’abitazione occupata da Pancaldi, a Prato di Correggio. L’appartamento era chiuso e si è reso necessario l’intervento dei Vigili del Fuoco per l’accesso.

Il ritrovamento del corpo
All’interno dell’appartamento è stato rinvenuto il corpo senza vita della signora Coman. A un primo esame del medico legale, non sono stati riscontrati segni evidenti di violenza tali da poter subito ipotizzare un omicidio. Questo ha reso necessarie ulteriori indagini, sia sulla scena del crimine, sia sul principale sospettato, Peter Pancaldi, che in quel momento era irreperibile. Attraverso un’attività congiunta dei carabinieri di Modena e Reggio Emilia, supportata da dati telematici e informazioni telefoniche, Pancaldi è stato localizzato a Modena. Portato al comando provinciale di Reggio Emilia, ha rilasciato dichiarazioni spontanee nelle quali ha ammesso di aver ucciso la donna soffocandola.

Le dichiarazioni di Pancaldi
Secondo quanto ha detto il procuratore Paci, Pancaldi ha attribuito il gesto alla sua condizione di tossicodipendenza e a un’esistenza vissuta ai margini, priva di stabilità affettiva, familiare e lavorativa. Ha inoltre accusato la vittima, che l’aveva lasciato proprio per il suo atteggiamento violento, di essere la causa della fine di una sua precedente relazione, che gli garantiva una maggiore stabilità anche economica.

Ha detto Paci: “Tuttavia, la confessione, pur rilevante, non era sufficiente a giustificare un provvedimento cautelare senza ulteriori riscontri, soprattutto considerando lo stato mentale e la personalità dell’indagato. Un elemento chiave è stato il ritrovamento del cellulare della vittima, indicato dallo stesso Pancaldi e rinvenuto esattamente dove lui aveva detto di averlo gettato (in un prato dall’auto mentre vagava senza sosta mercoledì sera, ndr), rafforzando la credibilità della sua ricostruzione”.

Il passato giudiziario dell’indagato
Pancaldi ha alle spalle un consistente trascorso giudiziario, tutto concentrato nella provincia di Modena dove è vissuto per gran parte della sua vita, come del resto la vittima: guida in stato di ebbrezza (con conseguente ritiro della patente), una condanna per rapina e lesioni personali ai danni di un’altra donna, oltre a una denuncia per estorsione da parte di una ex compagna, archiviata nel 2019.

Anche nel rapporto con la vittima, iniziato nel giugno 2024, emergono elementi di preoccupazione. Nonostante non ci siano denunce formali, alcune amiche e la sorella della vittima riferiscono episodi di violenza fisica e pressioni economiche, che avevano spinto Coman a mantenere un proprio domicilio separato per cercare di proteggersi.

La ricostruzione della giornata del delitto
Secondo la ricostruzione, martedì mattina la donna sarebbe andata a casa di Pancaldi, dopo la separazione, per ritirare alcuni effetti personali, in accordo con lui. L’incontro si sarebbe svolto in modo apparentemente tranquillo. Successivamente, Pancaldi l’avrebbe richiamata con la scusa di consegnarle un computer e una macchina fotografica a lei cari.

Coman, rassicurata dal clima sereno della mattinata, ha accettato l’invito, pur adottando alcune precauzioni, come il contatto costante con la sorella. Secondo quanto ricostruito, tuttavia, il computer e la fotocamera non erano più presenti: Pancaldi era solito vendere gli oggetti personali della vittima per acquistare droga. Al suo ritorno, l’uomo avrebbe mutato completamente atteggiamento, mostrando anche un cappio appeso al soffitto con cui fingeva di aver tentato il suicidio, stratagemma già usato in passato per manipolare e ottenere attenzione o denaro.

Di fronte al rifiuto della donna di tornare insieme, Pancaldi avrebbe reagito soffocandola, tappandole naso e bocca con le mani. Questa modalità, secondo quanto riferito dalla sorella della vittima, era già stata usata in precedenti episodi di aggressione.

Da martedì pomeriggio il cadavere della donna è rimasto in casa. Gli investigatori stanno ancora lavorando per ricostruire quello che è successo dal momento in cui Pancaldi l’ha soffocata al momento in cui mercoledì ha preso l’auto della donna, una Peugeot 205 bianca, mettendosi a girovagare fra il Reggiano e il Modenese fino a quando non è stato fermato, verso le 2,30 di giovedì mattina, dai carabinieri di Modena in stato confusionale.

Le indagini proseguono
L’autopsia non è stata ancora effettuata. La difesa dell’indagato ha richiesto l’incidente probatorio e la procura ha annunciato che presenterà immediata richiesta al giudice per accelerare i tempi. Ha detto Paci: “La contestazione della premeditazione deriva proprio dall’inganno usato da Pancaldi per far tornare la vittima nella sua abitazione: un espediente che, stando agli elementi raccolti, aveva un unico scopo: porre fine alla sua vita”.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica e in particolare dalla pm Valentina Salvi, proseguono per chiarire ogni dettaglio di una vicenda che, ancora una volta, mostra la vulnerabilità di tante donne lasciate sole di fronte alla violenza.