
La dichiarazione al processo ad Alessandria: “Non dimenticherò mai Mara Cagol che urlava di non sparare”. Al figlio di D’Alfonso: “Mi dispiace”
REGGIO EMILIA – A cinquant’anni dai tragici eventi della Cascina Spiotta, l’ex brigatista rosso reggiano Lauro Azzolini, oggi 82enne, ha reso una dichiarazione spontanea in Corte d’Assise ad Alessandria. “Io c’ero quel giorno di 50 anni fa”, ha esordito Azzolini, imputato per l’omicidio del carabiniere Giovanni D’Alfonso avvenuto nel 1975. Nella sparatoria perse la vita anche la brigatista Mara Cagol.
Durante l’udienza, Azzolini ha espresso rammarico per quanto accaduto: “Morirono due persone che non avrebbero dovuto morire”. Rivolgendosi a Bruno D’Alfonso, figlio del carabiniere ucciso e parte civile nel processo, ha aggiunto: “Mi dispiace”. Poi ha ricordato Mara Cagol definendola “una cara persona”.
“Quel giorno maledetto non lo dimenticherò mai. È successo ciò che non doveva mai accadere. Il dolore è incancellabile”, ha dichiarato l’ex brigatista, citando un memoriale che scrisse in forma anonima all’epoca dei fatti. “Lo leggerete voi, io non ci riesco. Il dolore mi trafigge come una lama”.
Nel documento, consegnato alla Procura di Torino, Azzolini descrive gli ultimi momenti di Mara Cagol: “Era ancora viva, con entrambe le braccia alzate in segno di resa, disarmata, e urlava di non sparare”. Ha inoltre raccontato il tentativo di fuga: “Io e Mara cercammo di scappare con le nostre auto, ma fu inutile. Da qui la nostra resa”.
L’ex brigatista ha respinto l’ipotesi che lui e i suoi compagni fossero preparati a situazioni simili: “Non sapevamo assolutamente cosa fare, perché non era mai successo”. Secondo il collegio difensivo, il documento escluderebbe un coinvolgimento diretto di Renato Curcio e Mario Moretti, storici leader delle Brigate Rosse, anch’essi imputati nel processo ma assenti in aula.
“Bruno D’Alfonso è sconcertato. Cinquant’anni di silenzio lasciano un segno fortissimo”, ha dichiarato l’avvocato di parte civile Sergio Favretto. Il figlio del carabiniere ucciso ha preferito non rilasciare dichiarazioni. “Questa ammissione è una novità assoluta, ma arriva dopo 50 anni e tre anni di indagini della Procura di Torino, che ha raccolto prove inconfutabili, tra cui impronte digitali e intercettazioni”, ha aggiunto Favretto.
L’avvocato Guido Salvini, anch’egli parte civile, ha sottolineato la necessità di ulteriori approfondimenti: “Abbiamo colto la sofferenza nelle parole di Azzolini, ma il documento contiene dettagli sulla morte di Mara Cagol, mentre sorvola su chi abbia sparato a Giovanni D’Alfonso. Per questo il processo deve continuare”.