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Saman, la procura va in appello: “Condannateli tutti”

14 giugno 2024 | 17:03
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Saman, la procura va in appello: “Condannateli tutti”

Secondo la Pm, Maria Rita Pantani, “tutti gli imputati dovrebbero rispondere di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi e concorso nella soppressione di cadavere”

REGGIO EMILIA – Il Pm Maria Rita Pantani ha presentato ricorso in appello contro la sentenza di primo grado per l’omicidio di Saman Abbas, contestando l’assoluzione dei due cugini, sostenendo che l’omicidio è stato premeditato e che ricorrevano anche i futili motivi (nella foto gli ultimi istanti di vita di Saman).

Secondo il pm, inoltre, tutti gli imputati dovrebbero rispondere di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi e concorso nella soppressione di cadavere.

“Omicidio premeditato”
Secondo la procura si tratta “senza ombra di dubbio di un omicidio premeditato”. Scrive la Pantani: “E’ stato un omicidio organizzato, concordato tra tutti i familiari, comunicato anche ai parenti che vivevano all’estero sin dai primi giorni del rientro di Saman e rafforzato a seguito della scoperta della relazione, ancora in atto, con Saqib e della sua intenzione di fuggire nuovamente”.

Peraltro il fatto di fare rimanere in Italia il fratello di Saman Haider “inducendolo a frequentare la scuola, come avvenne nei giorni successivi all’omicidio, è stato dunque l’ennesimo tentativo di depistaggio e non certo una decisione maturata improvvisamente”.

Continua la procura a proposito dell’omicidio di Saman ipotizzando che non possa essere stata la madre ad ucciderla, quantomeno da sola: “Se è pur vero che è astrattamente possibile, per una donna, strangolare/strozzare qualcuno, si rileva come già la perizia autoptica abbia rimarcato una proporzione tra la forza necessaria e le caratteristiche della vittima: “quanto più giovane è l’individuo, quanto più esile è la sua corporatura…tanto maggiore è la forza necessaria per fratturare l’osso ioide”.

Il poco tempo trascorso da Nazia Shaheen sul viottolo, fuori dal raggio della telecamera n. 5 (58 secondi), l’assenza di sproporzione, a livello fisico, tra la figlia e la madre, l’abbigliamento composto ed il velo in testa di quest’ultima, ripresi al suo ritorno, rendono del tutto inverosimile che sia riuscita, da sola, a sopraffare Saman che, proprio perché non sedata, avrebbe dovuto tentare di divincolarsi. L’assenza di tracce di difesa induce a ritenere che la ragazza sia stata immobilizzata da più persone”.

Conclude la procura: “L’acquisto dei biglietti di sola andata di Shabbar e Nazia, lo scavo preliminare della fossa avvenuto il 29 aprile da parte di Danish, Ikram e Noumanulhaq, la “messa in scena” della contestazione della relazione sentimentale tra Saman e Saqib, l’agguato tra le serre, lo strangolamento/soffocamento della ragazza, il successivo seppellimento finalizzato a non fare più ritrovare il cadavere e la concordata versione da fornire sulla sparizione della vittima e sulla partenza in Pakistan di due dei cinque correi, sono elementi incontrovertibilmente riconducibili alla premeditazione”.

I motivi futili e abietti
Per quel che riguarda i motivi futili e abietti, di cui la corte ha escluso la sussistenza, la procura argomenta: “Il diritto alla vita è un diritto costituzionale fondamentale inviolabile e la legge del Paese ha del tutto screditato gli omicidi commessi con il pretesto dell’onore. Le consuetudini, per quanto forti e antiche possano essere, non possono prevalere e sostituire la legge o tanto meno i comandamenti coranici ed i delitti d’onore altro non sono che espressione di ignoranza e una grave violazione dei diritti umani”.

danish

La soppressione di cadavere
Inoltre secondo la procura “tutti gli imputati devono essere ritenuti responsabili anche del delitto di soppressione di cadavere. La soppressione è stata organizzata già il 29 aprile con la predisposizione della fossa, realizzata materialmente da Danish, Ikram e Nomanulhaq ma moralmente condivisa, nelle sue modalità, anche da Abbas Shabar e da Shaheen Nazia”.

E continua:”Si ritiene che almeno due persone abbiano partecipato alla sistemazione del corpo della vittima all’interno della fossa”. E quindi: “La sussistenza sia della premeditazione che dei motivi abietti e futili rendono inammissibile la richiesta di giudizio abbreviato avanzata da Hasnain Danish ed illegittima la conseguente diminuzione di pena che gli è stata concessa (14 anni)”.

Conclude la Pantani: “Parimenti indubbio è l’attribuibilità a tutti gli imputati di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi e concorso nella soppressione di cadavere. Ijaz Ikram, Nomanulhaq Nomanhulaq e Hasnain Danish hanno materialmente effettuato il preliminare scavo della fossa il 29 aprile 2021.  Il 30 aprile hanno atteso che Abbas Shabbar e Shaheen Nazia consegnassero loro l’ignara Saman. Una volta strangolata/soffocata, mettendo in pratica il piano concordato con Abbas e Shaheen, l’hanno poi portata al casolare e sepolta all’interno della fossa, dopo avere effettuato i cosiddetti sgrotti (nicchie nella fossa, ndr) per allargarla”.