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Mafie, le nuove frontiere: Tik Tok, il dark web e gli hacker

12 aprile 2024 | 14:15
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Mafie, le nuove frontiere: Tik Tok, il dark web e gli hacker

Nell’ultima giornata del festival della legalità il procuratore Gratteri ha parlato di laboratori di bitcoin e criptovalute sparsi per la Calabria e di “contratti” fatti a pirati informatici professionisti tedeschi o rumeni

REGGIO EMILIA – Dai video su Tik Tok, per fare proseliti tra i giovani,alle piattaforme di trading nascoste nelle “caverne” digitali del dark web. Passando per i laboratori di bitcoin e criptovalute sparsi per la Calabria e i “contratti” fatti a pirati informatici professionisti tedeschi o rumeni. Sono le nuove frontiere (e ‘armi’) tecnologiche delle mafie come emerso dalla mattinata dei lavori dell’ultima giornata del festival della legalità di Reggio Emilia, promosso dalla Provincia e giunto quest’anno alla tredicesima edizione.

Al centro internazionale per l’infanzia “Malaguzzi”, ad ascoltare il procuratore di Napoli Nicola Gratteri e il generale Teo Luzi (comandante nazionale dell’Arma dei Carabinieri), c’erano gli studenti di diverse scuole superiori reggiane. In prima fila, tra gli altri, il senatore Graziano Delrio, il candidato a sindaco del centrosinista alle prossime amministrative Marco Massari, l’assessore comunale Lanfranco De Franco e la presidente degli industriali Roberta Anceschi.

Inoltre il presidente di Cna Giorgio Lugli e quello dell’Ordine dei commercialisti reggiani Massimo Giaroli. “Le mafie – spiega l’esperto di organizzazioni criminali e direttore scientifico del festival Antonio Nicaso – hanno sempre saputo unire innovazione e tradizione. Sono una patologia del potere ma frutto della modernità, non dell’arretratezza”. Prosegue quindi Nicaso: “Il territorio digitale sta diventando sempre più un’estensione di quello fisico e le mafie hanno saputo cogliere l’innovazione tecnologica: basta pensare all’uso dei social con cui si è combattuta la faida di Ponticelli (a Napoli, ndr) o alle criptovalute usate per convertire i crediti della pubblica amministrazione venduti a terzi”.

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Tutto questo, continua Nicaso, “ci pone davanti ad una sfida epocale e dobbiamo attrezzarci o rischiamo di perderla”. In particolare, “vanno eliminati i paradisi normativi, le zone franche e i santuari e messa a punto una strategia di contrasto globale che definisca, ad esempio, se le chat dei social sono documenti da poter usare nei processi o corrispondenza inviolabile per la privacy”, conclude l’esperto.

Il procuratore Gratteri porta esempi concreti, da indagini di cui si è occupato: “Abbiamo visto che la ‘ndrangheta ha fatto venire in Calabria degli ‘hacker’ tedeschi e rumeni e in venti minuti abbiamo assistito a tre transazioni, in banche di tre continenti diversi, per un totale di cinque milioni e poi abbiamo scoperto delle basi per il trading in Romania e Bulgaria”.

Secondo il procuratore di Napoli, “la camorra è molto più avanti della ‘ndrangheta nell’economia, ma la vera sorpresa è stato il dark web e l’uso dei bitcoin”. Infine i social. Qui spiega Gratteri, “ora si sono spostati tutti da Facebook a Tik Tok dove i figli dei camorristi pubblicano video con auto di lusso e soldi. E’ una forma di pubblicità e il messaggio che si vuole dare ai giovani è: siamo vincenti, se vieni con noi lo sarai anche tu”. In realtà, conclude Gratteri, “è una pia illusione. I gregari restano sempre tali”.

Il generale Luzi parla di Brescello, (Comune reggiano sciolto per infiltrazioni nel 2016) e spiega: “La criminalità organizzata è un fenomeno di paese, ma anche globale”. Il militare segnala poi le “comunicazioni criptate” ma anche l’esistenza di una mafia ucraina che finito il conflitto “ci lascerà il traffico d’armi”. E tuttavia, assicura Luzi, “non siamo in balia delle onde, siamo preparati”.

Reggio Emilia, dove “spopolano” le fatture false “conosce forme di penetrazione particolarmente insidiose e raffinate che si manifestano soprattutto sul mercato”, dice il capo della della Procura reggiana Calogero Paci. Per questo la città emiliana, “può diventare un punto di riferimento nazionale e internazionale di una strategia di contrasto”. Sulla stessa linea il prefetto di Reggio Maria Rita Cocciufa: “Assistiamo a tentativi sempre più organizzati e sofisticati anche rispetto a quelli emersi dal processo Aemilia di inquinare l’economia sana. La parola d’ordine deve essere non abbassare la guardia e non voltarsi dall’altra parte perchè le due cose si sovrappongono”.

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Giammaria Manghi, per la Regione, ricorda i 42 accordi di legalità scaturiti dal testo unico approvato nel 2016, i sei osservatori di legalità creati e le risorse per rimettere in sesto i beni confiscati: “Quattro milioni che sono ancora troppo pochi”, dice il capo della segreteria della presidenza regionale. Dopo il processo Aemilia, afferma il presidente della Provincia Giorgio Zanni, “questa terra si è scoperta con anticorpi insufficienti”, mentre secondo Nicaso “sono venuti meno quelli economici e degli imprenditori che hanno preferito il profitto. Ma il territorio ha saputo reagire” (fonte Dire).