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Fine vita, Tarquini: “Il nostro ordinamento non prevede un diritto al suicidio”

20 aprile 2024 | 12:00
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Fine vita, Tarquini: “Il nostro ordinamento non prevede un diritto al suicidio”

Il candidato del centrodestra interviene dopo il ricorso al Tar del governo contro la delibera regionale: “La materia compete al Parlamento”

REGGIO EMILIASi deve esprimere piena condivisione all’iniziativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute in merito all’impugnazione davanti alla giustizia amministrativa delle delibere della Giunta della Regione Emilia-Romagna con le quali si è voluto istituire un percorso sanitario di aiuto al suicidio medicalmente assistito.

Si tratta per di più di un ricorso che segue quello già presentato dal consigliere regionale di Forza Italia, Valentina Castaldini, e che, allo stesso modo e con lucidità giuridica, evidenzia i motivi di illegittimità delle delibere adottate dalla Regione Emilia-Romagna.

A differenza di quanto sostiene l’apparato politico della sinistra, le ragioni di contrasto non muovono da un piano ideologico, ma costituiscono un fermo richiamo al rispetto prima di tutto delle norme costituzionali e dei principi del nostro ordinamento che, allo stato attuale, non prevedono un diritto al suicidio, dunque non consentono di istituire alcun percorso sanitario che porti a tale risultato.

Il tema è assai complesso e delicato, ma va rimarcato che il governatore Bonaccini sbaglia nel sostenere che le Regioni siano competenti in materia e che pertanto possono intervenire autonomamente.

Competente è il Parlamento, lo dice chiaramente l’art. 117 della Costituzione, ed è lì che occorre intervenire, con un dibattito serio e costruttivo. Del resto, è la stessa e nota sentenza della Corte Costituzionale del 2019, menzionata da Bonaccini, che ha invitato da tempo il legislatore nazionale, e non quello regionale, ad intervenire sul tema, delineando nel frattempo un’area di esclusione della illiceità penale della condotta di chi agevola il suicidio di un paziente che si trovi in drammatiche e ben determinate condizioni.

Ma, attenzione, in tal modo la Corte non ha istituto un diritto al suicidio, come impropriamente ritenuto dalla Giunta regionale; basta infatti leggerla con attenzione per prendere atto, oltre che di quanto già detto sulla possibile area scriminante del delitto di aiuto al suicidio, dell’importante monito all’incentivazione di percorsi di cure palliative e di assistenza concreta alle famiglie dei malati terminali, in piena adesione al principio di tutela della vita umana e del diritto alla salute, questi sì, costituzionalmente previsti, protetti e da mettere in pratica.

In definitiva, è chiaro che esiste oggi un vuoto normativo per la gestione delle situazioni più gravi e umanamente devastanti, per i pazienti e per le loro famiglie; ciò considerando anche i progressi della medicina moderna nel mantenimento in vita di pazienti affetti da gravissime patologie. Questo vuoto però non può essere colmato dalle Regioni ma deve essere affrontato dal Parlamento. Farne una questione ideologica, come vorrebbe la sinistra, non porta a nulla. È argomento per il quale ogni nuova soluzione dovrà passare da una corretta e piena conoscenza dei principi normativi e delle note sentenze e ordinanze della Corte Costituzionale. Solo così gli si potrà dare un assetto serio, moderno e uniforme, su tutto il territorio nazionale.

Giovanni Tarquini