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Diga di Vetto, Rifondazione: “Siamo contrari”

17 aprile 2024 | 12:21
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Diga di Vetto, Rifondazione: “Siamo contrari”

Il circolo di S. Ilario: “Bisogna invece ridurre il consumo idrico non solo saltuariamente in tempi di crisi, ma come pratica costante per gli usi domestici e agro-industriali con impegni economici limitati”

REGGIO EMILIADi fronte alla crisi idrica che, in modo sempre più grave, colpisce il territorio della Valdenza, come tutto il resto del paese, sono state avanzate diverse proposte. La più controversa, a parere di Rifondazione comunista di S. Ilario D’Enza, riguarda la costruzione di invasi, in particolare la realizzazione di una diga a Vetto d’Enza.
Tutti concordiamo che l’acqua è un bene indispensabile, ma limitato. Il suo utilizzo perciò deve diventare sempre più misurato e efficiente, come la crisi climatica ci sta insegnando. Negli ultimi giorni ci sono stati incontri pubblici, in cui da parte della Regione e degli amministratori è stato ribadito il ruolo strategico della diga di Vetto per affrontare la crisi idrica nella nostra zona.
Si parla sia di una diga dalle dimensioni ridotte, 25 milioni di m3, sia di ritornare al progetto Marcello Marcello degli anni ’80, che prevedeva un invaso di grandi dimensioni, 100 milioni di m3. La realizzazione di una diga, media o grande, a nostro parere non è la risposta adeguata alla crisi idrica per diverse ragioni geo-ambientali e pratiche; ha un elevato impatto ambientale, anche per le caratteristiche del fiume Enza, che porta a valle ghiaia e detriti, che determinerebbero costose e frequenti azioni di manutenzione della diga; richiede tempi lunghi di attuazione, oltre un decennio probabilmente, modificando gli ecosistemi; ha costi elevati di costruzione e manutenzione, ben oltre 200 milioni di euro, e non risolverebbe il problema nell’immediato.
Pensiamo che i 3,5 milioni di euro già stanziati per lo studio di fattibilità siano uno spreco, potrebbero invece essere utilizzati subito per le prime misure da adottare, che, a nostro parere, devono essere indirizzate al risparmio, riducendo il consumo idrico non solo saltuariamente in tempi di crisi, ma come pratica costante per gli usi domestici e agro-industriali con impegni economici limitati.
Immediati devono essere anche gli interventi per la riduzione delle perdite e una distribuzione e un utilizzo razionali. La innovazione tecnologica in agricoltura e nell’industria è uno strumento importante per andare in questa direzione. Solo dopo avere applicato queste misure, si dovrebbe valutare la costruzione di piccoli invasi, con tempi e costi di realizzazione medi, utilizzando siti e aree anche già disponibili, distribuiti sia in collina che in pianura. L’insieme di queste pratiche sarebbe sufficiente a coprire pressoché il fabbisogno attuale.
A chi afferma che si tratti di misure inadeguate e insufficienti facciamo presente che, di fronte alla siccità dei cambiamenti climatici, i grandi bacini di raccolta non possono essere la risposta, neppure per l’agricoltura, oltre che per affrontare la scarsità d’acqua derivata dalla crisi climatica. Significherebbe ipotecare l’ecosistema di un territorio sulla base di dati effimeri e molto incerti. Possono entrare in crisi le specie selvatiche, le biodiversità animali e vegetali, e gli organismi legati alle acque interne. La risposta deve essere complessiva, è necessario riformulare le pratiche agricole, si deve ripensare il modello di consumo. La richiesta di acqua sul lungo periodo, su cui ci sono previsioni molto discordanti è determinata dal tipo di sviluppo economico.
L’agricoltura e le attività ad essa connesse come l’allevamento, utilizzano il 55% dei consumi idrici in Italia. Produrre un kg di carne bovina richiede oltre 15000 Litri di acqua. Produrre un kg di formaggio richiede 3000 litri di acqua. E negli ultimi anni la produzione di Parmigiano Reggiano è aumentata significativamente.
Occorre fare delle scelte e avere la percezione del limite del nostro ecosistema. Aumentare attività e filiere produttive che richiedono grandi quantità di acqua allo stesso tempo significa aggravare in prospettiva la crisi idrica. Non possiamo permetterci crescite di produzione illimitate.
Circolo Rifondazione Comunista di S. Ilario D’Enza