Violenza in carcere, la Cgil: “Episodio intollerabile”

12 febbraio 2024 | 17:32
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Violenza in carcere, la Cgil: “Episodio intollerabile”

Il sindacato: “Auspichiamo che la giustizia si esprima in fretta e che si apra una discussione sullo stato delle carceri italiane”

REGGIO EMILIA – “Bene il rinvio a giudizio dei dieci agenti accusati dei reati di tortura, lesioni personali e falso in atto pubblico”. Così la La Cgil di Reggio Emilia in merito ai terribili episodi di violenza avvenuti al carcere di via Settembrini. La Cgil provinciale aveva già denunciato l’accaduto lo scorso luglio mettendo in luce sia la necessità di intervenire sulle condizioni delle carceri nel loro complesso, con un non più tollerabile sovraffolamento strutturale fucina di tensioni e di malessere, sia con un focus sulle condizioni di lavoro di chi da anni svolge il proprio ruolo sottorganico e in condizioni di forte stress: due aspetti che determinano una condizione al limite per le Carceri reggiane.

“Condividiamo il dolore e lo sdegno espressi da Ilaria Cucchi che ha conosciuto da vicino gli esiti nefasti di prassi coercitive e punitive che sfociano nella violenza più indegna – scrivono in una nota Cgil e Funzione Pubblica – Si tratta di episodi che non possono essere giustificati né con l’esasperazione del lavoro né richiamando il numero di procedimenti disciplinari già ricevuti dalla vittima: chi rappresenta lo Stato non può commettere crimini per punire chi commette crimini. E’ un controsenso in termini e totalmente fuori da ogni principio democratico”.

“Auspichiamo che la giustizia faccia rapidamente il suo corso, le immagini diffuse offendono la dignità umana e il senso dello Stato, ma anche l’immagine del sistema carcerario italiano e di tutte le persone che con correttezza svolgono un lavoro complicatissimo troppo spesso mal pagato e poco valorizzato – concludono Cgil e Funzione Pubblica – E’ più che mai urgente destinare fondi pubblici per la ricerca di adeguate soluzioni in termini di adeguamento delle strutture e degli organici e investendo nella formazione del personale. Occorre aprire a tutti i livelli una vera discussione su cosa significa, nel 2024, essere detenuto in Italia e sul motivo che spinge circa 1.700 detenuti ogni anno a tentare il suicidio nelle strutture gestite dallo Stato”.