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Sicurezza, Vecchi: “Presto un progetto Stazione Off”

12 febbraio 2024 | 16:55
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Sicurezza, Vecchi: “Presto un progetto Stazione Off”

Il primo cittadino critica “un governo che scarica i problemi sulle spalle delle città” e non ci sta a passare da “capro espiatorio dei fallimenti della destra”

REGGIO EMILIA – “Per piazzale Marconi stiamo pensando a un progetto simile a quello di Reggiane Off che chiameremo Stazione Off”. Lo ha detto il sindaco, Luca Vecchi, nella lunga intervista che ci ha concesso in cui ha ripercorso dieci anni del suo mandato e ha parlato anche di sicurezza.

Il primo cittadino critica “l’ipocrisia di un Paese che dice ‘chiudiamo le frontiere e ognuno a casa sua’ e poi gestisce in modo disastroso gli sbarchi, cioè la fuga dalla disperazione, scaricando queste persone sulle spalle delle città” e non ci sta a passare da “capro espiatorio dei fallimenti di un governo di destra”.

Nella zona della stazione, in nove mesi, ci sono stati tre omicidi e un tentato omicidio. E’ una situazione molto grave. C’è chi ha chiesto l’intervento dell’esercito. Il quartiere sembra fuori controllo e i pattugliamenti delle forze di polizia sembrano non essere sufficienti. Come mai si è arrivati a questo?
Non per cercare scusanti, ma, storicamente, il quartiere della stazione è sempre stato il punto più complesso della città. Non è che noi non abbiamo fatto nulla, o abbiamo ignorato la situazione. Tutti ricorderanno che, nel mio primo mandato, abbiamo avuto molte più problematiche su via Turri e via Paradisi. Poi le criticità si sono spostate sul piazzale della stazione di piazzale Marconi e su via Eritrea e viale IV Novembre. In via Turri, al di là di un nuovo progetto di rigenerazione che è in campo e che si svilupperà nei prossimi anni, abbiamo fatto la bonifica degli appartamenti e abbiamo aiutato la partenza del Binario 49. Abbiamo riqualificato piazza Secchi e il parco delle Paulonie e metteremo la sede della Polizia Municipale in viale IV Novembre.

Ok, ma torniamo all’oggi in zona stazione
In zona stazione oggi si concentrano dinamiche di degrado che vanno approcciate a mio avviso con due modalità. La prima è una forte intensificazione dell’attività di presidio di controllo e, quando necessario, di carattere repressivo. Qui registro un grande salto di qualità e ringrazio, per questo, la prefettura e le forze dell’ordine. Da qualche settimana il livello di intensità del presidio è cresciuto e crescerà ulteriormente, ma serve anche un lavoro di carattere sociale. Che cerchi, nei limiti del possibile, anche di mettere in campo quel sistema di competenze che, per esempio, ci ha visti protagonisti nel progetto Reggiane Off. E questa è la ragione per cui abbiamo coinvolto una molteplicità di attori sociali, del terzo settore e l’Ausl per cercare di sviluppare anche un progetto Stazione Off. Ovvero un progetto di presa in carico di persone che sono in quel contesto e che fanno uso di sostanze stupefacenti per avviare percorsi di recupero e di inclusione.

Cosa pensa dell’idea di mandare l’esercito nella zona? Voi siete contrari, eppure, in una città governata dal centrosinistra come Parma, è stato messo in campo
Non è una questione di centrosinistra o di centrodestra. Io non ho una preclusione ideologica sul tema dell’esercito. Peraltro, questa, è una valutazione autonoma del prefetto e il prefetto, per ora, non vi ricorrerà e ha già spiegato il motivo. Però, per dovere di verità nei confronti dei reggiani, bisogna chiedersi se, rispetto ai problemi che ci sono in quella zona, la competenza dell’esercito è quello che ci serve. Perché i reggiani devono sapere che i militari su una camionetta dell’esercito, davanti all’ingresso della stazione, non sono in condizione di arrestare gli spacciatori e nemmeno di intervenire. Se succede qualcosa, quello che possono fare è segnalarlo alle forze dell’ordine. Quindi la presenza dell’esercito diventa solo un elemento di percezione visiva di persone, fisicamente presenti, che sono armate. Io penso che sia molto più utile auspicare un incremento della dotazione delle forze dell’ordine sul nostro territorio e lavorare al massimo per presidiare e controllare la zona e, nello stesso tempo, affiancare a questo un lavoro di presidio.

Il fatto è che anche in altre zone del centro, la situazione non è migliore. Penso alla zona di porta San Pietro. A quella di via Roma e anche alla zona fra i due teatri dove regna lo spaccio ed è facile trovare, di fianco al teatro, a tutte le ore gente che beve, in spregio alle ordinanze comunali, seduta sui gradini. Per non parlare dei vandalismi di Capodanno. Perché non si riesce a risolvere questo problema?
Una cosa è riconoscere l’esistenza di un problema e, un’altra, alimentare una narrazione distruttiva. Stiamo parlando di una città di 170.000 persone e stiamo parlando di alcune decine di persone non di più, perché questo è quanto constatato dal lavoro quotidiano delle forze dell’ordine. Le abbiamo, come dire, censite tutte queste persone. Piuttosto bisogna dire che questo è l’esito del fallimento del governo nella gestione degli sbarchi e del fatto che, in Italia, l’immigrazione non viene vissuta come una risorsa da avviare sul mercato del lavoro, ma come un problema da scaricare sulle città. Noi sindaci siamo il capro espiatorio di tutti i problemi. A Reggio abbiamo più di 200 minori stranieri, non accompagnati, in carico che non possiamo avviare a percorsi educativi e scolastici, perché la legge non ce lo consente. Abbiamo 1.500 persone accolte sul territorio provinciale che sono frutto degli sbarchi a Lampedusa e che, sostanzialmente, non possiamo inserire nel mercato del lavoro. Allora parliamo dell’ipocrisia di un governo che dice “chiudiamo le frontiere e ognuno a casa sua” e poi dopo gestisce in modo disastroso gli sbarchi, cioè la fuga dalla disperazione, scaricando queste persone sulle spalle delle città. Questa è la causa principale della generazione di insicurezza, nel nostro momento storico, in tutte le città.

Va bene, ma questa situazione come la risolviamo?
Non come la risolviamo, ma come ce ne prendiamo carico. Nei limiti del possibile una comunità come la nostra se ne fa carico e prova a dare risposte che, peraltro, in tanti casi ha dato. Prendi le ex Reggiane. Abbiamo liberato e bonificato un’intera area che poteva diventare una bomba sociale, perché, a un certo punto, in quel contesto urbano abbandonato vivevano quasi 200 persone che lì avevano trovato la loro abitazione. Se lo Stato ci mettesse a disposizione più risorse economiche e più strumenti, anche dal punto di vista legislativo, probabilmente saremmo anche più efficaci. Ma qui abbiamo degli spacciatori che vengono presi e il giorno dopo sono di nuovo in giro. Di chi è la colpa? Secondo me queste cose dobbiamo cominciare a dirle, perché non possiamo alimentare ed assecondare la teoria del sindaco come capro espiatorio dei fallimenti di un governo di destra. Io ho iniziato a settembre, a dire: “Guardate che finirà così”. Basta ripercorrere le interviste che ho fatto. Perché ci venivano scaricate 15/20 persone al giorno in condizioni allucinanti. Siamo arrivati al punto che, io e altri sindaci, cercavamo per loro le lenzuola per dormire e i luoghi in cui accogliere persone che lo Stato ci scaricava sulle spalle da un giorno all’altro. Perché non è il sindaco di Reggio che va a Lampedusa con un pullman, perché vuole accoglierli, carica 50 disperati, li porta a Reggio e li scarica qui.