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Mafie, a Reggio Emilia 158 beni pronti per essere assegnati

18 gennaio 2024 | 11:40
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Mafie, a Reggio Emilia 158 beni pronti per essere assegnati

Il quadro è emerso nel corso della riunione di ieri sera della commissione “Legalità” del Comune

REGGIO EMILIA – Sono in tutto 316 le unità immobiliari presenti in provincia di Reggio Emilia che appartenevano ad esponenti della criminalità organizzata. Di questi la metà, dopo la confisca definitiva, è pronta ad essere riassegnata alle comunità per fini sociali mentre l’altro 50%, fermo alla confisca di secondo grado, è in gestione dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati.

Il quadro è emerso nel corso della riunione di ieri sera della commissione “Legalità” del Comune, convocata su richiesta dei gruppi di Movimento 5 stelle (Paola Soragni prima firmataria) e Coalizione civica, a cui si sono aggiunti altri esponenti dell’opposizione. Più nel dettaglio a Brescello, dove la cosca di ‘ndrangheta dei Grande Aracri aveva installato la sua base, a marzo del 2022 alcuni capannoni di proprietà del clan sono diventati la nuova sede della protezione civile.

In attesa del “l’imprimatur” per essere riassegnato è anche un altro bene a Montecchio. Per quanto riguarda il Comune di Reggio Emilia, invece, l’ente ha attualmente in comodato d’uso a tempo indeterminato 5 appartamenti che destina all’emergenza abitativa. Questo in base ad un accordo con l’amministratore giudiziario preposto e il tribunale di Bologna, che dal 2017 gestisce le misure di prevenzione. La confisca degli immobili in questione non è però definitiva e il loro utilizzo potrebbe dunque essere revocato.

Come fa sapere l’assessore comunale Nicola Tria l’ente di piazza Prampolini sta valutando tra gli immobili “pronti” ad essere riassegnati quello confacente ad un progetto a cui sta lavorando con alcune associazioni del territorio, tra cui Libera. Tria conferma inoltre di aver incontrato la presidente del tribunale Cristina Beretti, per valutare eventuali miglioramenti all’operatività del protocollo per la gestione dei beni tolti alle mafie.

Tra le criticità che investono le procedure non ci sono solo i tempi lunghi dei processi, con le confische definitive che possono arrivare anche dopo sei o sette anni (in terzo grado di giudizio), ma anche la presenza di creditori da soddisfare, in primis l’erario. Ci sono poi da valutare lo stato di conservazione dei beni o la loro eventuale occupazione – che necessita di sgomberi a volte molto complessi – che allungano in modo “fisiologico” i tempi di “restituzione” alle comunità locali.