Saman, il padre: “Non l’ho uccisa io”

19 dicembre 2023 | 13:03
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Saman, il padre: “Non l’ho uccisa io”

Le parole del padre in aula prima del verdetto: “Ho sentito parlare di un matrimonio combinato, anche questo non è vero. Lei era contenta”

REGGIO EMILIA – “Non ho mai pensato di uccidere mia figlia, neanche gli animali lo fanno. Ma questa è l’etichetta che mi hanno dato i giornalisti anche se per me Saman era il mio cuore e il mio sangue e io non sono un animale”.

Così, tra lacrime di commozione, Shabbar Abbas, il padre di Saman uccisa nel 2021 a Novellara, che ha preso oggi la parola in Corte d’Assise a Reggio Emilia, per raccontare la sua verità prima che i giudici si ritirino in Camera di consiglio per emettere la sentenza di primo grado nei confronti del 46enne e di altri quattro parenti.

“Voglio dire tutta la verità è liberarmi di un peso che mi porto dentro da mesi”, ha aggiunto Shabbar, che in un italiano stentato ha parlato per oltre due ore. “Mia figlia è morta, la mia famiglia è finita per me”, ha aggiunto l’imputato, sottolineando: “Anche in carcere la mia vita non è bella, sono senza figlia, senza figlio, senza moglie e dicono che sono il cane che ha ucciso la figlia. Ma questo non è nemmeno da pensare”.

Shabbar ha più volte ribadito di aver ascoltato “molte parole false” nel processo, negando di essere ricco, o “mafioso” (“altrimenti non sarei andato a lavorare nelle serre”) come pure di aver minacciato in Pakistan la famiglia di Saqib, il ragazzo con cui Saman voleva stare.

Falso anche, ha precisato Shabbar, che in Pakistan abbia ucciso un uomo e sia stato in carcere. Fin dal 2016 quando lui e la sua famiglia sono arrivati in Italia per lavorare nell’azienda agricola di Novellara, ha spiegato l’uomo, “ho sempre lavorato per dare da mangiare ai miei figli, per me non mettevo da parte neanche un centesimo”.

E ancora: “I miei figli sono sempre andati a scuola”, ma quando Saman – che doveva iscriversi alle superiori – chiese una macchina per spostarsi e lui le disse di no, la ragazza avrebbe deciso di lasciare gli studi. “A casa mia c’era un computer e lei diceva di usarlo per studiare, e di questo e’ vero che io ero contento”. Ma, ha detto infine l’imputato, “non è vero che picchiavo e minacciavo con il coltello i miei familiari (come riferito dal fratello di Saman, ndr) non l’ho mai fatto in vita mia”. E Saman “non era affatto rinchiusa in casa” (fonte Dire).