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Saman, la difesa di Ijaz: “Lui, un ingenuo innocente: va assolto”

30 novembre 2023 | 20:21
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Saman, la difesa di Ijaz: “Lui, un ingenuo innocente: va assolto”

L’avvocato Mariagrazia Petrelli: “Non c’è nessuna certezza che i cugini abbiano scavato la fossa”

REGGIO EMILIA – La presunta debolezza delle prove dell’accusa, la non credibilità del testimone chiave della Procura, le bugie dette da Saman e infine il profilo del suo assistito. Sono gli elementi che, nel processo di Reggio Emilia sulla morte di Saman Abbas, l’avvocato Mariagrazia Petrelli ha mescolato nella sua arringa finale, chiedendo l’assoluzione piena (per non aver commesso il fatto) del cugino di Saman, Ikram Ijaz.

Secondo Petrelli, dopo 30 udienze dell’istruttoria dibattimentale, “non sono emersi elementi certi che dimostrino la colpevolezza” di Ijaz e dell’altro cugino, Nomanullaq Nomanullaq, accusati di aver partecipato al presunto delitto d’onore della ragazza che rifiutava un matrimonio combinato, scavando in particolare la fossa dove il suo corpo sarebbe stato occultato, rimanendo nascosto per più di un anno. “Noi non sappiamo – evidenzia l’avvocatessa – quando e come i cugini sono arrivati sul luogo dell’omicidio, l’unico che li colloca lì è il fratello di Saman, Ali Haider”.

Il testimone principale della Procura che ha puntato il dito contro i familiari, non sarebbe però credibile perché, sottolinea ancora Petrelli, “il 15 maggio del 2021 aveva detto che non c’entravano nulla, poi il 18 giugno, durante l’incidente probatorio, li ha coinvolti ma solo limitatamente alla preparazione della fossa”.

Infine, ascoltato in aula, ha rilasciato una deposizione “con oltre 100 non ricordo, silenzi, distorsioni ed enfatizzazioni di fatti”. Continua Petrelli: “Ha detto di aver mentito per paura del padre, ma negli atti non c’è traccia delle minacce. Forse lo ha fatto invece per salvare se stesso a qualsiasi costo”. La legale invita infatti a considerare, che “non dobbiamo pensare al ragazzo che oggi ci dice di sentirsi italiano, ma a quello che, senza scrupoli, ha registrato e custodito le chat della sorella, le ha fatte vedere ai parenti e, dopo che era morta, si arrabiava per le foto di Saman senza velo apparse sui giornali”.

Ali Haider, insomma, “è una vittima, ma di se stesso”. L’avvocato Petrelli, come già fatto dalla difesa dello zio Danish Hasnain, ha parlato delle circostanze vissute in famiglia, che non hanno trovato riscontro, che Saman raccontava al findanzato Saqib Ayub per “tenerne a bada” il carattere impositivo.

“Forse era anche un modo per attirare l’attenzione – ha detto ancora Petrelli – ma con questo non voglio certo sminuire Saman. Io per prima sono costernata per la morte di questa giovane ragazza che, anche se ha mentito, era una brava persona”. Per quanto riguarda Ijaz, il suo difensore lo dipinge come “positivo e ingenuo”, una persona “che rischia 30 anni di carcere, ma si è sempre professato innocente come ha detto più volte anche alla madre dal carcere (“sono innocente, Dio lo sa”, la frase intercettata), dove ha anche maturato propositi suicidiari”.

Il cugino Ijaz, “era un ragazzo analfabeta, arrivato in Italia due anni prima e messo in disparte dalla stessa famiglia con cui aveva pochi rapporti”. Inoltre “nelle 150 pagine di narrato che ha reso agli investigatori non ha mai accusato nessuno ma si è sempre dichiarato innocente”. Insomma “la sfortuna di questi due (Ijaz e Nomanullaq) è stata quella di vivere nella casa di Novellara vicino agli Abbas, venendo automaticamente assimilati a questa famiglia”, conclude Petrelli.