Migranti, i dati dell’Onu: “Il Mediterraneo è una rotta letale, 28mila morti in dieci anni”

2 ottobre 2023 | 19:22
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Migranti, i dati dell’Onu: “Il Mediterraneo è una rotta letale, 28mila morti in dieci anni”

Per l’organizzazione mondiale serve una missione europea coordinata

ROMA – Alla vigilia della decima Giornata della memoria e dell’accoglienza, istituita dopo il naufragio del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa in cui persero la vita 368 migranti, il Mediterraneo centrale si conferma la rotta più letale al mondo: dal 2013 a oggi oltre 28mila migranti e rifugiati hanno perso la vita nel Mediterraneo, di cui oltre 22.300 nel tratto centrale.

A rilanciare questi dati sono le agenzie delle Nazioni Unite impegnate sul tema: l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (Oim), l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), e l’Uunicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia. Gli organismi in una nota stimano che solo nel 2023 sono più di 2.300 le persone morte o disperse nel Mediterraneo. Di queste, già oltre 2mila – l’88% – sulla rotta del Mediterraneo centrale. Inoltre si ricorda che pochi giorni dopo l’incidente del 3 ottobre, l’11 ottobre, un altro tragico episodio provocò quasi 300 vittime, tra cui molti bambini.

All’epoca, l’appello della comunità internazionale fu quello di impegnarsi a fondo per evitare il ripetersi delle tragedie di questo tipo. Eppure, secondo le organizzazioni dell’Onu, nel corso degli ultimi dieci anni il Mediterraneo centrale è stato teatro di continui naufragi e incidenti che hanno causato in totale almeno 22.300 morti. Solo nel 2023, sono già oltre 2.000 i morti e dispersi lungo la rotta, sebbene la maggior parte di essi non sia stata identificata, secondo le recenti stime diffuse dall’Unicef sarebbero almeno 289 i minori, 11 ogni settimana. In questi giorni le tre organizzazioni sono presenti a Lampedusa per partecipare alle cerimonie di commemorazione organizzate dal “Comitato 3 ottobre”, a cui partecipano le organizzazioni della società civile, rappresentanti delle istituzioni governative locali, nazionali ed europee, nonché giovani studenti provenienti da tutta Europa.

Oim, Unhcr e Unicef proseguono avvertendo che a distanza di dieci anni, i migranti e rifugiati che attraversano il Mediterraneo non hanno ancora altra scelta se non quella di affidarsi a trafficanti senza scrupoli che li mettono in mare su barche sovraffollate e inadatte alla navigazione, talvolta in condizioni metereologiche proibitive. Tentano la traversata persone in fuga da povertà, cambiamenti climatici o per scappare da guerre, persecuzioni e contesti pericolosi, siano essi nei loro paesi di origine, in quelli di transito o di prima destinazione, quali Libia e Tunisia.

Si tratta di persone che cercano sicurezza, protezione e migliori opportunità per sé e per le loro famiglie. A seguito della tragedia del 3 ottobre 2013, si ricorda ancora, furono avviate operazioni di salvataggio coordinate fra le autorità italiane ed europee per prevenire ulteriori tragedie in mare. Tuttavia, negli ultimi anni, anche in seguito alla fine di tali operazioni congiunte, e nonostante gli sforzi della Guardia costiera e delle altre autorità competenti, il meccanismo di soccorso in mare nel Mediterraneo centrale è diventato insufficiente.

Oim, Unhcr e Unicef fanno appello ai governi affinché il salvataggio di vite umane sia una priorità assoluta e pertanto sollecitano maggiori risorse europee a supporto di un’operazione di ricerca e salvataggio dedicata, proattiva e coordinata. In questo contesto- evidenziano gli organismi Onu – appare essenziale il sostegno fornito dalle organizzazioni non governative al fine di prevenire naufragi e morti. Al contempo, chiedono di affrontare le cause profonde che spingono le persone a rischiare la loro vita e quella dei loro figli.

In questo specifico momento occorre considerare che il flusso migratorio attuale, pur non rappresentando una crisi numerica a livello nazionale ed europeo, quest’anno coinvolge in modo importante l’isola di Lampedusa, dove si sono concentrati circa il 70 per cento degli sbarchi del 2023 e dove si sono quindi create enormi difficoltà operative e logistiche. Risulta necessario quindi garantire trasferimenti tempestivi verso strutture adeguate, soprattutto per i minori, ragazze, donne e altre categorie con vulnerabilità specifiche (fonte Dire).