Italia e mondo

L’inferno di Gaza senza luce e acqua: “Così fino al rilascio degli ostaggi”

12 ottobre 2023 | 18:23
Share0
L’inferno di Gaza senza luce e acqua: “Così fino al rilascio degli ostaggi”

In 340mila intrappolati con i confini chiusi. Nei confronti di Gaza Israele ha disposto un “assedio totale”: ieri è stato chiuso il valico di Rafah

ROMA – Niente acqua, né carburante, né elettricità per la Striscia di Gaza finchè gli ostaggi israeliani non saranno rilasciati: così oggi il ministro dell’Energia Israel Katz, in un messaggio diffuso sui social network. Nella regione palestinese, una delle più densamente popolate al mondo, vivono oltre due milioni di persone. Già più di 340mila, secondo le Nazioni Unite, quelle costrette a lasciare le proprie case in seguito ai bombardamenti dell’aviazione di Tel Aviv, che ha avviato una politica di “assedio totale” verso Gaza dopo l’attacco sferrato sabato 7 ottobre da Hamas.

I VALICHI CHIUSI

I valichi che collegano Gaza con Israele e con l’Egitto sono tutti chiusi e per questo i civili non possono lasciare la zona in cerca di riparo e sicurezza. Bloccata anche la consegna di beni essenziali, di carburante e di elettricità, con un rischio anche per gli ospedali, che potrebbero trovarsi presto nelle condizione di non poter operare e salvare persone ferite.

“Aiuti umanitari a Gaza?” ha scritto Katz nel suo messaggio: “Nessun interruttore elettrico sarà acceso, nessun idrante sarà aperto e nessun camion di carburante entrerà finché i rapiti israeliani non saranno tornati a casa“. Sia civili che militari sono stati catturati durante un’offensiva sferrata sabato dall’organizzazione palestinese Hamas nel sud di Israele. Secondo informazioni rilanciate da fonti di stampa, non confermate a livello ufficiale, le persone in ostaggio a Gaza sarebbero più di 150.

IL PARROCO DI GAZA: “MANCA L’ACQUA, CORRIDOI UMANITARI ORA”

“Negli spazi della Chiesa continuiamo a ricevere e accogliere centinaia di persone; per tutte cerchiamo di reperire acqua e cibo, pregando ogni giorno per la pace o almeno una tregua”: a parlare con l’agenzia Dire è padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra famiglia nella Striscia di Gaza.

Il sacerdote risponde al telefono, al sesto giorno di bombardamenti da parte dell’aviazione e della marina israeliane seguiti all’offensiva armata di Hamas di sabato scorso. Questa settimana il governo di Tel Aviv ha avviato una politica di “assedio totale” verso Gaza, aggravando le restrizioni in vigore già da anni e sottolineando che, almeno finché non saranno rilasciati tutti i cittadini e militari israeliani presi in ostaggio, non sarà permesso l’ingresso nella Striscia né di cibo, né di acqua, né di carburante. E senza gasolio non funzionano neanche i generatori, fondamentali per l’operatività degli ospedali.

Padre Romanelli parla da Betlemme, in Cisgiordania, dove si trovava sabato mattina, quando è scattata l’offensiva di Hamas. “Stavo ritornando da Roma, dove avevo partecipato al Concistoro al quale Papa Francesco ha imposto la berretta cardinalizia al patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa” ricorda il sacerdote. “Sarei dovuto rientrare a Gaza venerdì, ma dovevo prendere per una sorella una medicina che non si trova nella Striscia e allora con il vicario abbiamo deciso che avrei ritardato di un paio di giorni: il sabato, per lo Shabbat, è chiuso il valico di Erez, uno dei pochi a permettere l’arrivo a Gaza da Israele; era poi l’ultimo giorno della festa ebraica delle capanne, Sukkot”.

Da Betlemme, a ogni modo, padre Romanelli è in contatto costante con i suoi assistenti e i suoi parrocchiani. Su Facebook condivide video e immagini scattate in questi giorni. Come quelle del rosario quotidiano, recitato anche ieri alla Sacra famiglia, in piedi, in un campo di basket.

“Preghiamo per la pace, dopo l’appello dell’Angelus del Papa, nella speranza che venga accolto anche quello rivolto dal cardinale Pizzaballa per una giornata di raccoglimento e digiuno martedì prossimo” dice padre Romanelli. Convinto che in realtà pregare si possa e si debba in ogni momento, senza fermarsi: “Ci affidiamo alla Madonna, al Nostro signore Gesù Cristo, a San Giuseppe e alla Sacra famiglia, che è la nostra patrona; a Gaza secondo la tradizione passò per due volte, prima fuggendo da Betlemme in Egitto attraverso la ‘via maris’ e poi tornando dall’Egitto verso Nazareth”.

Il sacerdote parla di pace consapevole delle difficoltà. “Che ci sia almeno uno stop delle ostilità e che si aprano almeno corridoi umanitari” sottolinea: “Penso a coloro che sono stati privati della libertà e all’assistenza per gli almeno 5.763 feriti nella Striscia“.

NELLA STRISCIA 1.200 MORTI, SEI SU DIECI BAMBINO O DONNA

C’è poi chi la vita l’ha persa, in Israele, dove i morti sono almeno 1.110, e a Gaza. “Nelle Striscia le vittime sono già oltre 1.200” riferisce padre Romanelli, citando le ultime stime del locale ministero della Salute. “In sei casi su dieci a restare uccisi sono stati bambini e donne“.

Nella Striscia, che con oltre due milioni di abitanti è una delle regioni più popolose del mondo, vive una piccola comunità cristiana composta da circa mille fedeli.
Al riguardo padre Romanelli ricorda di aver ricevuto una telefonata dal Papa domenica: “Mi ha manifestato la sua vicinanza e la sua preghiera per tutta la comunità ecclesiale di Gaza e per tutti i parrocchiani e gli abitanti”. Secondo le stime del ministero della Salute, le persone costrette ad abbandonare le proprie case, ma impossibilitate a lasciare la regione, sono già più di 340mila.

LA DENUNCIA ONU: “340MILA IN FUGA MA CONFINI CHIUSI”

Sono almeno 340 mila le persone costrette a lasciare le proprie case nella Striscia di Gaza in conseguenza dei bombardamenti avviati da Israele sabato: lo ha riferito oggi l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati in Palestina e Medio Oriente (Unrwa).
L’organizzazione ha sottolineato che in 92 scuole che gestisce nella regione sono stati accolti quasi 220mila civili. Secondo Unrwa, “senza accesso umanitario per garantire cibo e forniture essenziale si creerà una crisi idrica” (fonte Dire).