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Affidi, i giudici: “abuso ufficio”, ma Foti non partecipò’

7 settembre 2023 | 15:19
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Affidi, i giudici: “abuso ufficio”, ma Foti non partecipò’

Le motivazioni dei giudici della Corte di Appello di Bologna che lo scorso 6 giugno hanno assolto lo psicoterapeuta

REGGIO EMILIA – L’affidamento dell’attività di psicoterapia da parte dell’Unione dei Comuni val d’Enza alla onlus ‘Hansel & Gretel’ fondata da Claudio Foti è stata fatta attraverso una procedura illegittima, in violazione delle norme. Una condotta che rientra “senz’altro” nell’ambito dell’abuso di ufficio.

Ma non ci sono elementi che consentono di dire che Foti, oltre a beneficiare “degli illeciti affidamenti del servizio” abbia materialmente compartecipato all’attività amministrativa, “essendosi lo stesso ‘limitato’ ad eseguire le prestazioni illecitamente affidate”. Lo scrivono i giudici che lo hanno assolto in appello.

Non si ravvisano neppure “sufficienti elementi che consentano di attribuirvi intese, pressioni o sollecitazioni”, proseguono i giudici che per l’abuso di ufficio ritengono Foti non abbia commesso il fatto.

Lo psicoterapeuta il 6 giugno è stato assolto in appello, dopo che era stato condannato a quattro anni nel processo in abbreviato sul presunto sistema di affidi illeciti nella Val d’Enza Reggiana.

Secondo le motivazioni dei giudici della Corte di Appello di Bologna la procedura seguita, che coinvolge anche altri imputati attualmente a processo in rito ordinario a Reggio Emilia, fu dunque illegittima e pienamente integrata è la violazione di legge richiesta dall’abuso di ufficio. E risulta anche conseguito “l’ingiusto vantaggio” legato “all’utilizzo ‘sine titulo’ dei locali de ‘La cura’” di Bibbiano: “Come emerso dall’attività di indagine – si legge in sentenza – gli psicoterapeuti avevano infatti libero e incondizionato accesso a tale struttura pubblica, in cui venivano tenute sedute terapeutiche anche nei confronti di pazienti privati”.

Ma “tutti gli elementi indicati al fine di ritenere provato un attivo coinvolgimento di Foti – scrivono i giudici di appello – si limitano a evidenziarne un coinvolgimento in qualità di mero beneficiario, ma non anche intese, pressioni o sollecitazioni dirette ad influenzare l’azione amministrativa”.