La scomparsa degli artigiani: Reggio ha perso 5.300 imprese

26 agosto 2023 | 15:32
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La scomparsa degli artigiani: Reggio ha perso 5.300 imprese

La nostra provincia contava nel 2012 ben 28.480 imprenditori artigiani che, dieci anni dopo, nel 2022, erano scesi a 23.090

REGGIO EMILIA – Continua a diminuire il numero degli artigiani presenti nel nostro territorio e in Italia secondo l’analisi della Cgia di Mestre. La provincia di Reggio Emilia contava nel 2012 ben 28.480 imprenditori artigiani che, dieci anni dopo, nel 2022, erano scesi a 23.090 (variazione assoluta – 5.390: in percentuale -18.9%). Reggio si colloca così nella graduatoria nazionale al 43° posto, preceduta in questa classifica da Parma, Piacenza, Ferrara, Modena e Ravenna.

Passando al dato nazionale, dal 2012 gli artigiani sono scesi di quasi 325mila unità (-17,4 %) e, in questi ultimi 10 anni, solo nel 2021 la platea complessiva è aumentata, seppur di poco, rispetto all’anno precedente. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dall’Inps, nel 2022 c’erano nel nostro Paese oltre un milione e mezzo di artigiani.

Si può quindi dire che non solo i giovani sono sempre meno interessati a lavorare in questo settore, ma anche che chi ha esercitato la professione per tanti anni e non ha ancora raggiunto l’età anagrafica e/o maturato gli anni di contribuzione per beneficiare della pensione, spesso preferisce chiudere la partita Iva e continuare a rimanere nel mercato del lavoro come dipendente.

Senza botteghe si estinguono le imprese familiari
Girando per le nostre città e i paesi di provincia sono ormai in via di estinzione tantissime attività artigianali. Insomma, non diminuisce il numero degli artigiani, ma anche il paesaggio urbano sta cambiando volto. Sono ormai ridotte al lumicino le botteghe artigiane che ospitano calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e Tv, sarti, tappezzieri, etc.

Attività, nella stragrande maggioranza dei casi a conduzione familiare, che hanno contraddistinto la storia di molti quartieri, piazze e vie delle nostre città, diventando dei punti di riferimento che davano una identità ai luoghi in cui operavano. Per contro, invece, i settori artigiani che stanno vivendo una fase di espansione sono quelli del benessere e dell’informatica. Nel primo, ad esempio, si continua a registrare un costante aumento degli acconciatori, degli estetisti e dei tatuatori. Nel secondo, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media. Purtroppo, l’aumento di queste attività è insufficiente a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico, con il risultato, come dicevamo più sopra, che la platea degli artigiani è in costante diminuzione.

artigiani

Saracinesche abbassate, le città diventano più insicure
Basta osservare con attenzione i quartieri di periferia e i centri storici per accorgersi che sono tantissime le insegne che sono state rimosse e altrettante sono le vetrine non più allestite, perennemente sporche e con le saracinesche abbassate. Sono un segnale inequivocabile del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane. Le città, infatti, non sono costituite solo da piazze, monumenti, palazzi e nastri d’asfalto, ma, anche, da luoghi dove le persone si incontrano anche per fare solo due chiacchiere.

Queste micro attività conservano l’identità di una comunità e sono uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio. Insomma, con meno botteghe e negozi di vicinato, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani. Una platea sempre più numerosa della popolazione italiana che conta più di 10 milioni di over 70. Non disponendo spesso dell’auto e senza botteghe sottocasa, per molti di loro fare la spesa è diventato un grosso problema.

Le cause del crollo
Il forte aumento dell’età media, provocato in particolar modo da un insufficiente ricambio generazionale, la feroce concorrenza esercitata dalla grande distribuzione e in questi ultimi anni anche dal commercio elettronico, il boom del costo degli affitti e delle tasse nazionali/locali hanno spinto molti artigiani a gettare la spugna. I consumatori, inoltre, hanno cambiato il modo di fare gli acquisti. Da qualche decennio hanno sposato la cultura dell’usa e getta, preferiscono il prodotto fatto in serie e consegnato a domicilio. La calzatura, il vestito o il mobile fatte su misura sono ormai un vecchio ricordo; il prodotto realizzato a mano è stato scalzato dall’acquisto scelto sul catalogo on line o preso dallo scaffale di un grande magazzino.