Rajasthan, viaggio nella terra dei maharaja

10 agosto 2023 | 19:29
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Rajasthan, viaggio nella terra dei maharaja

Undici giorni nella terra dei Re fra fortezze, palazzi e templi immersi in un paesaggio che spazia dalla giungla al deserto del Thar

RAJASTHAN (India) – La prima cosa che ti accoglie a Delhi è un’umidità soffocante: sembra di essere appena entrati in una sauna. La capitale dell’India è una città con 33 milioni di abitanti, caotica e sempre in movimento, con piccole oasi di pace. Una di queste è la casa dove il mahatma Gandhi ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita. In questo luogo, Birla House, si può vedere dove viveva il premio Nobel della pace, la sua stanza, molto spartana, dove sono rimasti intatti i pochi oggetti che il fondatore dell’India moderna utilizzava.

Si possono poi seguire letteralmente i suoi passi fino al luogo dove un nazionalista indù gli sparò il 30 gennaio del ’48. C’è anche un piccolo museo dove vengono ripercorsi i momenti che hanno portato all’indipendenza del paese.

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Usciti da lì andiamo nel più grande tempio Sikh di Delhi, il Gurdwara Bangla Sahibper, per fare conoscenza con questa religione originaria del Punjab. Cupole dorate, un grande specchio d’acqua e la musica sacra suonata dal vivo. Un luogo di grande spiritualità dove non ci si dimentica della solidarietà visto che qui vengono serviti ben 30mila pasti al giorno a chi non ha da mangiare, così come tutti quelli che hanno bisogno di medicine possono venire qui a prenderle o farsi curare da un dottore se ne hanno bisogno.

Poi ci dirigiamo verso il Gate of india costruito dagli inglesi e, dopo avere mangiato, visitiamo l’imponente moschea Jama Masjid, una delle più grandi dell’India il cui cortile interno può contenere fino a 25mila fedeli. Fino a qui avevamo visto la parte di Delhi più moderna, quella costruita dagli inglesi, ma quando arriviamo nella città vecchia dove sorge la moschea, l’India entra prepotentemente nel nostro viaggio. Arrivati qui veniamo inglobati da un traffico caotico in cui solo un indigeno può districarsi. Il caldo, l’umidita’, il rumore dei clacson e le urla dei venditori del mercato si impastano in un caleidoscopio di odori, colori e sensazioni che ti stordiscono.

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È a questo punto che il viaggiatore capisce se amerà od odierà per sempre questo paese (l’India non conosce mezze misure). Chi scrive l’ha amata subito e si è tuffato nel labirinto del mercato dove i guidatori dei risciò quasi urtano contro i passanti e schivano miracolosamente altri mezzi imprecando e sudando, mentre venditori di chai rimestano il loro prezioso liquido in pentoloni ribollenti e portantini con dei sacchi sulla testa cercano di farsi strada in una babele di corpi e mezzi. Appena usciti da questo termitaio approdiamo con il nostro risciò in Chandni Chowk, un bellissimo viale circondato da palazzi d’epoca in decadenza nel mezzo del quale un tempo scorreva un canale in cui si rifletteva la luce della luna. Il nostro primo giorno in India è terminato. Attraversiamo in auto il traffico caotico della capitale e arriviamo in albergo.

Delhi-Udaipur
Il secondo giorno a Delhi visitiamo Il Quṭb Minār (Minareto di Quṭb) che è il più alto minareto in mattoni del mondo ed è situato nella città di Delhi, nel Distretto sud. È un luogo senza tempo in cui gli scoiattoli si contendono il cibo con gli uccelli, saltando di qua e di là. Il minareto svetta sulle rovine di una moschea costruita dove un tempo sorgeva la vecchia Delhi. Con un sincretismo religioso affascinante gli arabi hanno costruito la moschea utilizzando le colonne di un vecchio tempio induista. Il senso di pace che promana da questo luogo è straordinario. Con questa meravigliosa sensazione nel cuore ci dirigiamo verso l’aeroporto per prendere il volo verso Udaipur per proseguire il nostro viaggio in Rajasthan.

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L’impressione che ci ha lasciato Delhi è quella di una metropoli caotica, con grandi disuguaglianze sociali, che sta faticosamente tentando di entrare nella modernità, un simbolo, di questo Paese da un miliardo e mezzo di abitanti povero, ma orgoglioso, con un grande passato e un futuro impervio, tutto da costruire, davanti.

Udaipur
Udaipur è una tranquilla città del Rajasthan incastonata fra le colline e lambita da due laghi, meta di un turismo piuttosto massiccio, soprattutto dal resto dell’India. Viene considerata la Venezia d’oriente, anche se dobbiamo dire che l’appellativo ci sembra un tantino esagerato. In centro c’è il bel tempio dedicato a Vishnu. Un luogo molto raccolto dove è possibile pregare e fare offerte al Dio. Poco lontano da lì sorge il City palace, la dimora del maharaja, un edificio gigantesco e labirintico con cortili interni deliziosi.

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Rispetto a Delhi qui siamo in un altro mondo. Udaipur è decisamente più curata e meno sporca della capitale e inoltre l’umidita è inferiore. La nostra guida è un giovane abitante della città che ha studiato e lavorato per dieci anni in Italia e che ora è qui per vacanza ed è stato chiamato a farci da guida. Nel pomeriggio visitiamo i giardini costruiti nel 17esimo secolo per le donne della corte che sono davvero magnifici. Chiude la giornata un giro in barca sul lago Pichola da cui si possono avere delle belle vedute del City Palace e dell’albergo di extralusso al centro del lago.

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Udaipur-Ranakpur-Jodhpur
Partiamo da Udaipur verso Jodhpur, un viaggio in auto di 290 chilometri che richiede 7 ore, viste le pessime condizioni delle strade. Lungo la via incrociamo camioncini stracolmi di persone, alcune delle quali sono aggrappate fuori dal mezzo, mucche piantate in mezzo alla strada che ti costringono a deviazioni (ma d’altronde questi placidi animali li ritroveremo anche più avanti che ci attraverseranno l’autostrada), donne che trasportano sacchi di fieno sulla testa. Strade dissestate, piene di buche, fangose, che passano attraverso villaggi in cui il tempo sembra essersi fermato a un secolo fa, non fosse per i fili della luce e del telefono e per gli immancabili cellulari in mano ai loro abitanti. Una vita dura, ma quello che colpisce è la totale serenità con cui queste persone la affrontano e i sorrisi che dispensano agli stranieri di passaggio.

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Sara’ la spiritualità che pervade la vita degli indiani a fargli accettare serenamente la loro situazione? O forse, non avendo mai visto altro si accontentano di ciò che hanno? A proposito di religione, arriviamo a Ranakpur che ospita il più grande complesso di templi jainisti di tutta l’India. Questa struttura religiosa, che risale al quindicesimo secolo, è decorata con eleganti sculture che sono incise sulle sue 1444 colonne di marmo al suo interno. Una selva di simboli e di decorazioni in cui il visitatore si perde incantato da tanta bellezza. Il tempio principale è dedicato ad Adinath, il primo Tirthankar (guru spirituale) che, nella religione jainista, è un essere umano che raggiunge l’illuminazione attraverso l’ascetismo. Usciamo dal tempio, ci infiliamo in auto e proseguiamo fino a Jodhpur, la città blu che si trova ai confini con il deserto del Thar

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Jodhpur-Jaisalmer
Ci svegliamo e andiamo a visitare la città blu di Jodhpur con l’imponente forte di Mehrangarh che la domina. Ci accompagna un giovane uomo di Jodhpur orgoglioso della sua bella città che, in effetti, è una delle più pulite e organizzate che abbiamo visto finora qui in India. Ci spiega che il sindaco ha messo l’obbligo del casco per strada, sta cercando di sensibilizzare la gente ad usare i cestini dei rifiuti e sta cercando di allontanare le mucche dalle strade del centro sanzionando i proprietari che le lasciano libere.

Gli chiediamo se è sposato. Lui ci dice di sì e aggiunge che il suo è stato un matrimonio combinato. Ci spiega che sono ancora frequenti in India. Restiamo stupiti perché è un uomo giovane, che ha studiato a Delhi, parla perfettamente le lingue e vive in una città da un milione di abitanti che è la seconda del Rajasthan. Lui ci risponde che è felice così e che i matrimoni si costruiscono con il tempo. Studia Yoga e sta diventando un maestro di questa disciplina.

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Prima di visitare il forte, andiamo al mausoleo in marmo bianco del maharaja Jaswant Singh II: un insieme eterogeneo di cupole dall’aspetto bizzarro, che offre una piacevole oasi di pace e una superba vista sul forte e la città. Costruito nel 1899, il cenotafio ha bellissime jali (grate in marmo traforato) ed è ornato dai ritratti dei sovrani Rathore a partire dal XIII secolo.

La particolarità è che, al contrario del Tai Mahal, qui è stata la moglie del maharaja a costruirlo per lui.Passiamo poi a visitare il forte di Mehrangarh, la cui costruzione iniziò nel 1458 per mano di Rao Jodh. Dalla collina su cui si erge si gode di un panorama mozzafiato di tutta Jodhpur con le sue case blu. 

Già sorprendente dall’esterno, il suo interno è altrettanto affascinante, con il Moti Mahal, il Phool Mahal, il Sukh Mahal, e il Sheesh Mahal, tutti palazzi magnificamente decorati. Degno di nota anche il museo che custodisce una collezione di palanchini, armi, altalene e tanti altri oggetti delle famiglie reali. La cosa più stupefacente sono i dettagli della lavorazione delle facciate in pietra che sono talmente precisi e raffinati da pensare che siano stati fatti sul legno e non sulla pietra.

Ai suoi piedi si estende la città vecchia, un caotico insieme di case blu dei brahmini a forma cuboidale circondato da poderose mura cinquecentesche lunghe 10 chilometri. Percorso da un labirinto di tortuose stradine medievali, che sembrano infinite, il luogo odora d’incenso, di rose e di fogna e ospita negozi e bazar che vendono di tutto, dalle trombe alle decorazioni dei templi e dal tabacco da fiuto ai sari.

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Per ultimo visitiamo la secolare torre dell’orologio, uno dei principali punti di riferimento della città vecchia: è circondata dai suoni, dai colori e dagli aromi del Sardar Market, a sua volta delimitato da tre porte sui lati nord e sud. I vicoli stretti e tortuosi del centro storico si diramano in ogni direzione e, procedendo verso ovest, si addentrano nel cuore commerciale della città vecchia, con le sue viuzze affollate e i bazar che vendono verdure, spezie, dolci, oggetti in argento e artigianato locale. Giusto il tempo di mangiare qualcosa e partiamo per un viaggio di 5 ore verso Jaisalmer nel cuore del deserto del Thar.

Jaisalmer
Jaisalmer sorge nel cuore del deserto del Thar, su un costone di arenaria giallastra, sovrastato da una fortezza che ospita il palazzo e numerosi templi jainisti. Il contesto in cui si trova la città è caratterizzato da interminabili colline di sabbia, alcune alte fino a 46 metri. Caratterizzata da antichi vicoli, splendidi templi e “haveli”, Jaisalmer fu fondata nel 1156 dal Rajput Rawal Jaisal. Fu  chiamata “l’isola del deserto” perché luogo di sosta e passaggio di carovane che percorrevano la Via della Seta. Sono proprio di quel tempo i bellissimi palazzi scolpiti nell’arenaria gialla costruiti da principi e mercanti e che attribuirono alla città il nome di “città d’oro”.

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Visitiamo subito il Gadi Sagar Lake, un lago artificiale fatto costruire nel 1400 per conservare la preziosa acqua piovana. Fino al 1980 era questa l’unica fonte d’acqua della città. Le cose cambiarono quando Indira Gandhi, allora primo ministro, venne qui dove fecero esplodere, sotto terra, la prima bomba atomica in India. Il primo ministro rimase incantato dalla città. Fece ristrutturare le sue antiche case, gli haveli e fece costruire una conduttura che porta l’acqua qui fin dalle montagne dell’Himalaya. 

La visita della Gandhi fece diventare famosa la città che fu riscoperta, anche grazie a un famoso film e ora è un centro turistico importante in cui il 50 per cento degli abitanti vive di questa risorsa.

Poi andiamo a visitare il Sonar Qila l’unico forte al mondo dove ancora oggi abitano circa 4000 persone, il secondo più antico dal Rajasthan dopo quello di Chittor. Le mura di cinta, alte 9 metri, si estendono lungo un perimetro di 5 chilometri. Visitiamo anche i due bei templi jainisti risalenti al 1100 e facciamo una passeggiata nel bazaar per vedere gli Haveli più belli di Jaisalmer.  

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A pranzo facciamo due chiacchiere con la nostra guida, un 36enne che appartiene alla casta dei bramini (anche se ci tiene a specificare che, prima di tutto, fa parte di quella degli esseri umani). Ha studiato italiano a Perugia e sogna di aprire un bed and breakfast a Jaisalmer. E sposato, con un matrimonio combinato dalla sua famiglia pure lui e ha una figlia. Ci dice che i matrimoni combinati in India sono il 70 per cento e che, tuttavia, non si è obbligati a sposarsi con la donna scelta dai propri genitori e che si può fare anche un matrimonio d’amore.

In serata andiamo a fare una escursione sul dorso dei dromedari per vedere il tramonto sulle dune del deserto. Il silenzio è assoluto, sotto i nostri piedi la sabbia è calda mentre, piano piano, il caldo feroce del giorno si stempera per fare posto a una frescura deliziosa. Aspettiamo che l’ultimo raggio di sole ci trafigga e poi ceniamo nel deserto.

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Jaisalmer-Bikaner
Partiamo in auto da Jaisalmer per un viaggio di 5 ore alla volta di Bikaner. La strada è buona, spesso anche a due corsie di marcia per lato, ma la velocità massima consentita è di 80 chilometri orari. Questo è dovuto soprattutto al fatto che ci sono attraversamenti continui di mucche e una velocità maggiore non permetterebbe di evitare questi animali. Ai lati della strada scorre il deserto del Thar che, visto che è piovuto molto quest’anno, è ricco di vegetazione. Di conseguenza anche l’umidità è molto alta per essere nel deserto.

Arriviamo a Bikaner, una vivace e polverosa città del deserto, fondata nel 1488 da Rao Bikaji, primo figlio del maharaja di Jodhpur. A quell’epoca la città era un importante centro di transito lungo le grandi vie commerciali percorse dalle carovane. Bikaner mostra ancora la sua regale opulenza attraverso i suoi forti e i suoi palazzi, costruiti in arenaria rossa, fedeli testimoni del lento passaggio del tempo. La città ospita una delle più belle fiere di dromedari e, per questo, è soprannominata il paese dei dromedari.

Il caldo è soffocante. Giusto uno spuntino e poi visitiamo il forte Junagarh di Bikaner con il suo museo. Ci fa da guida, per la prima volta in questo viaggio, un musulmano (le altre guide erano tutte induiste).

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Il Junagarh Fort fu costruito dal Raja Raj Singh, sesto sovrano di Bikaner, che regnò dal 1571 al 1611 e fu uno dei comandanti dell’esercito dell’Imperatore Moghul Akbar. Il forte, in arenaria rossa e color oro, ha sette porte e contiene numerosi palazzi, padiglioni e molti templi indù (tra cui il “Har Mahal”, dove la famiglia reale celebrava le nascite e i matrimoni dei propri membri) e jianisti, il primo datato al 16° secolo.

Restiamo colpiti dall’eleganza e dalla raffinatezza delle decorazioni degli interni. Rispetto agli altri forti che abbiamo visitato si riescono a vedere molto meglio gli ambienti dove i regnanti di queste terre vivevano.

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Terminata la visita al forte andiamo al Karni Mata Temple a Deshnok, 30 chilometri a sud di Bikaner, meglio noto come tempio dei topi. Karni Mata era una guerriera indù che visse nel XIV secolo e fece numerosi miracoli, ma quando suo figlio minore Lakhan morì affogato, chiese al dio della morte Yama di riportarlo in vita. Yama le rispose che non poteva farlo e che Karni Mata, in quanto reincarnazione di Durga, ne aveva invece il potere. La dea riportò subito in vita il giovane e decretò che i membri della sua famiglia non sarebbero più morti, ma si sarebbero reincarnati come kaba (ratti). Oggi oltre 600 famiglie di Deshnok affermano di discendere da Karni Mata e che si reincarneranno sotto forma di kaba. Per questo gli abitanti adorano i topi e gli portano nel tempio ogni ben di dio per nutrirli.

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All’interno del tempio il fetore, provocato dagli escrementi dei topi e dal cibo che viene dato loro in decomposizione, è disgustoso. I topi sono veramente ovunque ed è difficile non calpestarli (non osiamo pensare a cosa accadrebbe se, involontariamente, ammazzassimo un antenato). Nel tempio ci sono molti curiosi, stranieri e non, ma ci sono anche persone che pregano e vengono a portare cibo e offerte per i topi.

Bikaner-Jaipur
Partiamo verso Jaipur, la capitale del Rajasthan. Prima facciamo qualche foto allo splendido hotel dove abbiamo dormito: la reggia di un maharaja dove tutto sembra essersi fermato ad oltre un secolo fa, con un enorme giardino in cui zampettano tre pavoni, uccelli nazionali dell’India. Dopo sei ore arriviamo a Jaipur e veniamo accolti da un traffico pazzesco. Si chiamerà pure la città rosa, ma fuori è grigia e inquinata.

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Mangiamo qualcosa e poi, prima di andare in albergo, andiamo al tempio delle scimmie che sorge a Galta, a pochi chilometri da Jaipur. Risale al 18° secolo ed è dedicato al dio Sole e ad Hanuman (dio dall’aspetto di scimmia). L’acqua del tempio viene considerata sacra al pari di quella del fiume Gange. In effetti è pieno di gente che fa il bagno qui. Il posto è davvero incantevole: protagoniste incontrastate le scimmie, dei simpatici macachi che scorrazzano dappertutto e fanno pure loro il bagno tuffandosi nelle vasche.

I turisti sono pochi e l’atmosfera è rilassante e autentica. Ci si può avventurare nei templi che sorgono nella zona o perdersi per minuti a guardare le scimmie che giocano e si azzuffano fra di loro, mangiano, spulciano i loro piccoli o fanno il bagno.

Jaipur
Ci svegliamo e andiamo subito al forte Amber. Per farlo attraversiamo la città di Jaipur che, alle 8 di mattina, è irriconoscibile. La selva di Tuc tuc, moto e auto che strombazzavano e sgasavano ovunque è sparita e la città sembra un sonnacchioso e ordinato capoluogo di provincia italiano. Ci fermiamo per fare un paio di foto di fronte al Palazzo dei Venti costruito nel 1799 e composto da cinque piani splendidamente decorati, strutturati in modo da consentire alle signore della corte di osservare, senza essere viste a loro volta, la vita quotidiana nelle strade e assistere alle processioni. 

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Di fronte al palazzo ci sono due incantatori di serpenti con i loro cobra che sono innocui dopo che gli hanno tolto i denti.

Arriviamo alla fortezza Amber che sorge su una collina a 11 chilometri dalla città, la cui costruzione iniziò nel 1592 per mano di Raja Man Singh I e che fu l’antica capitale dello stato nonché la sede di tutte le dinastie Rajput fino alla fondazione di Jaipur. L’esterno, austero, nasconde palazzi meravigliosamente scolpiti e decorati con specchi e pietre preziose. 

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Facciamo la salita a dorso di elefante. Quelli indiani sono più piccoli dei loro colleghi africani. Il conducente ci spiega che sono tutte femmine perché sono più mansuete. Quando arriviamo al forte veniamo accolti da numerosi venditori, anche piuttosto insistenti, che non avevamo mai incontrato nelle tappe precedenti. Qui, in effetti, c’è molto più turismo, mentre nelle tappe precedenti eravamo quasi sempre attorniati solo da turisti indiani.

Il forte è veramente splendido e ben tenuto. Usciamo e ci dirigiamo a City Palace, il cuore della vecchia città, residenza dei maharaja di Jaipur da quando venne costruita e divenne capitale dello Stato in luogo di Amber. Fu voluta dal maharaja Sawai Jai Singh II che la fece costruire nel XVIII° secolo e, ancora oggi, presenta cortili, giardini e palazzi.

La famiglia reale vive ancora in un’ala del palazzo che non è visitabile, a meno di non spendere 30 euro che in un Paese come l’India, in cui si mangia al ristorante con 5 euro a testa, sono veramente tanti.Un veloce passaggio (fa oramai un caldo insopportabile) al Jantar Mantar, l’Osservatorio astronomico costruito dal Maharaja Jai Singh II tra il 1727 e il 1734 che oggi è Patrimonio Unesco, poi andiamo a mangiare.

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Nel pomeriggio scorrazziamo liberamente lungo la via principale di Jaipur che è delimitata da edifici rosa affascinanti, ma un po’ decadenti che avrebbero bisogno di una buona ristrutturazione. La via è divisa in settori: c’è quello delle spezie, degli abiti da matrimonio, delle pentole, delle stoffe, eccetera. Al centro della via il traffico scorre caotico e inesorabile: attraversarla (le strisce pedonali non esistono in India e, dove ci sono, non vengono rispettate da nessuno) è un po’ come mettere un colpo dentro alla pistola nella roulette russa, fare girare il tamburo e premere il grilletto. Ci vuole fortuna e coraggio. Torniamo in albergo con un tuk tuk, l’unico mezzo che consente di attraversare velocemente, data la sua agilità, i centri delle città indiane insieme alle moto.

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Jaipur-Agra
Facciamo colazione e partiamo per Agra. Lungo la strada, visto che è domenica, incrociamo cortei di persone, con bandiere e musica diffusa da dei camioncini, che vanno a piedi verso i loro templi. Camminano a lato dell’autostrada che in India attraversa le città, con le auto locali che vi si immettono entrando dai numerosi varchi laterali.  Completano il quadro, in una situazione che si può verificare solo qui, tori, bufali e mucche che brucano l’erba e che improvvisamente decidono di attraversare la corsia di marcia costringendo le auto in transito a brusche frenate.

Lungo il percorso facciamo una sosta per visitare ad Abhaneri il Chand Baori, un antico pozzo palazzo che è anche il più grande dell’India. Il pozzo è costruito a gradini, secondo uno schema inventato dagli indigeni, per raccogliere l’acqua piovana che veniva anche usata per le abluzioni di purificazione. Il colpo d’occhio è stupefacente: le geometrie dei gradini del pozzo ricordano i disegni di Escher. Poi entriamo al Mata Temple Harshat che sta proprio di fronte al pozzo. 

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Si riparte poi per visitare Fathepur Sikri, a 40 chilometri da Agra. La città fu voluta dal grande imperatore moghul Akbar. Si racconta infatti che, pur avendo molte mogli, non potesse avere figli. Andò quindi in visita ad un santo, Sheikh Salim Chishti, che gli predisse la nascita di tre figli maschi: la sua profezia si avverò in breve tempo e Akbar eresse a Sikri, in onore del religioso, questa bella cittadina, la cui costruzione iniziò nel 1569 e che divenne, dopo Agra, la nuova capitale dell’impero Mughal. 

La scarsità di acqua costrinse i Moghul ad abbandonarla 15 anni dopo. La cittadella presenta magnifici padiglioni in arenaria rossa che sono perfettamente integri ed è Patrimonio Unesco. La visitiamo nel primo pomeriggio sotto un caldo feroce: la pietra riflette il calore dei raggi del sole e, mischiata all’umidita’, non lascia scampo. Entriamo anche dentro alla tomba del santo che si dice possa aiutare ad esprimere dei desideri se si legano delle cordicelle alle belle finestre intarsiate che la circondano. Lo facciamo, riceviamo la benedizione e ce ne andiamo verso Agra dove ci aspetta il Taj Mahal.

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Agra-Delhi
Ci svegliamo alle 5 di mattina e andiamo a visitare il Taj Mahal, una delle sette meraviglie del mondo, principale attrazione di Agra. È un imponente mausoleo in arte moghul, di marmo bianco finemente intarsiato e decorato con pietre preziose e semipreziose che richiama persone da tutto il mondo. 

Shah Jahan lo volle realizzare, a partire dal 1631, per Mumtaz Mahal, la più amata delle sue mogli, che morì di parto donandogli il suo quattordicesimo figlio. Qui si trovano ancora oggi i cenotafi della coppia nascosti dietro una preziosa giada in pietra. Ci vollero 20.000 artigiani e 22 anni per completarlo. 

Appena entrati il colpo d’occhio è straordinario. Sembra quasi che l’edificio galleggi nell’aria nella sua leggiadria e nella perfetta simmetria della struttura. Lasciamo che siano le parole del grande poeta indiano Rabindranath Tagore a descriverlo: “Lascia solo che questa lacrima, questo Tajmahal, luccichi perfettamente luminoso sulla guancia del tempo, nei secoli dei secoli”.

Ci accompagna, nella visita, la nostra guida Jitendra che, oltre ad essere un profondo conoscitore delle bellezze architettoniche della struttura, è anche un bravo fotografo dato che conosce alla perfezione i punti migliori dove scattare immagini del Tai Mahal.

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Torniamo in albergo, facciamo colazione e visitiamo il Forte Rosso. Il complesso è davvero una città all’interno della città che abbraccia il Moti Masjid, il Diwan-i-Am, il Diwan-i-Khas, la Torre Ottagonale, il palazzo di Jehangir e molti altri monumenti. Il forte è stato dichiarato Patrimonio Mondiale Unesco. La sua costruzione fu voluta dallo stesso imperatore Akbar nel 1565. Successivamente vennero aggiunti altri palazzi da suo figlio Jahanghir e da suo nipote Shah Jahan, colui che volle costruire il Taj Mahal che, in seguito a un colpo di stato ordito dal figlio, passò gli ultimi anni della sua vita incarcerato nel forte in una posizione in cui poteva vedere, da lontano, il sepolcro dell’amata. Finita la visita, saliamo in auto e ci dirigiamo verso Delhi dove prendiamo l’aereo per il ritorno in Italia.

Il nostro viaggio è stato organizzato dal tour operator indiano Passoindia tour che si è occupato di prenotarci gli alberghi e fornirci un driver per gli spostamenti e le guide in lingua italiana per ogni località che abbiamo visitato.