Cutro e Reggio Emilia, inchieste e ‘ndrangheta: una ferita che non si rimargina

9 maggio 2023 | 16:46
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Cutro e Reggio Emilia, inchieste e ‘ndrangheta: una ferita che non si rimargina

Il giornalista reggiano Stefano Morselli è stato in Calabria per la festa del Crocifisso. Il sindaco Ceraso: “Neanche una telefonata da Reggio dopo il naufragio di Steccato”

CROTONE (Cutro) – Sono tornato a Cutro a distanza di sette anni dalla mia prima visita. Adesso, come allora, l’occasione è stata la festa del Crocifisso, la più grande e sentita dalla popolazione locale, alla quale partecipano anche i tantissimi che sono emigrati nel settentrione d’Italia e in altri Paesi del mondo. Le ragioni della mia seconda volta a questa festa settennale sono più o meno le stesse della prima: verificare di persona l’impatto delle inchieste sulla ‘ndrangheta cutrese al Nord, osservare lo stato dei rapporti tra Cutro e Reggio Emilia, ove da molti anni vivono e lavorano migliaia di cutresi, anche di seconda e di terza generazione.

Sette anni fa eravamo nel pieno della inchiesta Aemilia, che accese i fari sul radicamento in terra reggiana, ma anche in altri territori dell’Emilia, della Lombardia del Veneto, di una potente cosca di ‘ndrangheta legata al boss cutrese Nicolino Grande Aracri, da tempo in carcere e condannato in via definitiva all’ergastolo. Proprio in seguito a quella inchiesta – la più grande mai condotta nell’Italia settentrionale, per la quale sono andati a processo centinaia di imputati – si produsse allora uno strappo nei rapporti tra le due città e le due comunità, fino ad allora più che amichevoli sul piano istituzionale: risale al 1995 un apposito protocollo di amicizia, esistono tuttora una “via Città di Cutro” a Reggio Emilia e una “Piazza Reggio Emilia” a Cutro.

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Ma nel 2016 gli amministratori reggiani, contrariamente a quanto avevano fatto in precedenti edizioni, non accolsero l’invito a partecipare alla tradizionale festa del Crocifisso, Io invece andai e in quei giorni toccai con mano il disappunto che quella decisione aveva suscitato nei cutresi “per bene”, che si sentivano in qualche modo accomunati a quelli coinvolti nelle vicende di ‘ndrangheta.

Da allora, lo strappo non si è mai ricucito. Altre vicende hanno anzi contribuito ad accrescere imbarazzi e diffidenze: le ulteriori inchieste e i processi, tuttora in corso, scaturiti da Aemilia; lo scioglimento per infiltrazioni mafiose (nel 2020) della amministrazione cutrese guidata dal sindaco Salvatore Di Vuono; il precedente scioglimento (nel 2017) della amministrazione di Brescello, in provincia di Reggio Emilia, guidata dal sindaco Marcello Coffrini e sospettata di permeabilità agli interessi del clan Grande Aracri. Ancora in tempi recenti, altro sale sulla ferita hanno sparso le perplessità manifestate – proprio a Reggio Emilia, durante un incontro con gli emigrati cutresi – dall’attuale sindaco di Cutro, Antonio Ceraso a proposito delle numerose interdittive antimafia firmate dalla Prefettura nei confronti di imprenditori cutresi.

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Ho messo il dito sulla piaga – sottolineando la necessità di curarla – alla presentazione pubblica di un libro di Salvatore Migale, che è stato sindaco comunista (poi Pds e Ds) di Cutro per ben cinque volte, tra il 1990 e il 2015. Mi ha replicato il sindaco in carica Ceraso: “A Reggio hanno interpretato male le cose che ho detto. Non sono un politico, magari ho usato una parola inappropriata, che è stata fraintesa e strumentalizzata. Ma io sono un ex comandante della polizia municipale, sto dalla parte della legge e delle forze dell’ordine. Fosse per me, gli ‘ndranghetisti li impiccherei in piazza”.

Intanto, però, nei rapporti tra le due comunità, non si vedono schiarite. “Quando in febbraio c’è stato il naufragio della imbarcazione di migranti sulla nostra spiaggia di Steccato, con 95 morti – si dispiacciono anche alcuni cutresi schierati a sinistra, quindi affini al contesto politico reggiano – da tante parti d’Italia e anche dall’estero abbiamo ricevuto richieste di notizie, attestazioni di solidarietà, apprezzamenti per come abbiamo affrontato la tragedia, aiutato i sopravvissuti. Da Reggio Emilia non è arrivata neanche una telefonata”. Sarebbe invece il momento buono per cercare di invertire la rotta: “Le inchieste giudiziarie hanno avuto anche l’effetto di ripulire Cutro da certi personaggi, che sono finiti in carcere. Se non riapriamo adesso canali di comunicazione e di collaborazione, quando potremo farlo?”.

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Di ritorno a Reggio, chiedo al sindaco Luca Vecchi che cosa pensa di questa ferita ancora aperta e se non ritenga opportuno provare a ricostruire un dialogo costruttivo, anche per contrastare una certa narrazione distorta, secondo la quale nel mirino delle indagini non ci sarebbero mafiosi, bensì cutresi in quanto tali. “E’ vero – riconosce Vecchi – le vicende di questi anni hanno creato incomprensioni, sospetti, chiusure dei canali di comunicazione. C’è anche chi ci specula politicamente, pronto ad accusare di chissà cosa gli amministratori che in passato sono stati ospiti di Cutro, o magari fossero intenzionati ad andarci adesso. Per quanto mi riguarda, mi rendo disponibile a riflettere su come risolvere la questione, anche e soprattutto perché in terra reggiana continueranno a vivere diecimila cittadini di origine cutrese, che hanno diritti e doveri pari a tutti gli altri”.