Angeli e Demoni, il maresciallo: “Così mantenevano i bambini in affido”

17 aprile 2023 | 15:08
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Angeli e Demoni, il maresciallo: “Così mantenevano i bambini in affido”

Nuove rivelazioni di Milano su abusi contro l’archiviazione delle accuse ai genitori

REGGIO EMILIA – Nei numeri “fuori scala” dei casi di bambini collocati in affido familiare in val d’Enza ricorrevano delle coincidenze temporali ritenute non casuali da chi indagò. Quando cioè i procedimenti a carico dei genitori naturali su presunti abusi e maltrattamenti si avviavano verso l’archiviazione, gli assistenti sociali e gli psicologi della “Hansel & Gretel” si attivavano per impedirlo e bloccare così il ritorno a casa dei bambini. Come? Con relazioni tempestive inviate a Procura e tribunale dei minori contenenti nuove dichiarazioni dei piccoli sulle ipotetiche violenze subite tra le mura familiari.

A raccontarlo è oggi il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Milano, nella nuova udienza del processo “Angeli e demoni” in corso a Reggio Emilia contro 17 imputati. Il testimone della Procura si è in particolare soffermato su una relazione scritta ad aprile del 2018, tesa secondo l’accusa a “contrastare” una richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Reggio il mese precedente. Nel documento, riferito ad un minore di 8 anni, si asseriva ad esempio che, da quando aveva ripreso gli incontri protetti con la madre – in precedenza sospesi e poi di nuovo interrotti dal tribunale minorile – il bambino avrebbe manifestato malessere e aggressività con i compagni di scuola.

Stati d’animo, questi, rappresentati anche nel disegno di un “groviglio nero”, emerso durante una seduta con Nadia Bolognini, psicoterapeuta a capo della Hansel & Gretel con il marito Claudio Foti, condannato a quattro anni in rito abbreviato. Nella relazione, il disegno era associato a sentimenti come “rabbia, dolore, caos, vergogna e schifo”. Nella deposizione del maresciallo Milano sono quindi state sviscerate alcune delle sedute effettuate da Bolognini nel centro “La cura” di Bibbiano, svolte secondo la Procura con modalità “suggestive” e indirizzate a far riaffiorare nei bambini il ricordo di abusi inesistenti.

Anche problemi banali del comportamento dei minori segnalati dai genitori affidatari, come il rifiuto a fare i compiti o una bestemmia durante una partita a pallone, sarebbero diventati per gli psicologi il sintomo di traumi a sfondo sessuale da rievocare. Per farlo Bolognini utilizzava la cosiddetta “macchinetta dei ricordi” (attaccata ai piedi dei bambini) ma anche dei “giochi” di ruolo. Per l’accusa si sarebbe infatti travestita “da lupo” e con dei teli sulla testa, per indurre un minore a “rivivere” le botte e gli atti sessuali costretto a subire da parte del compagno della madre (Fonte Dire).