Processo appalti comunali, la Finanza: “Cuciti sui vincitori”

22 marzo 2023 | 15:06
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Processo appalti comunali, la Finanza: “Cuciti sui vincitori”

Sono iniziate le deposizioni delle fiamme gialle chiamate dalla procura

REGGIO EMILIA – Appalti “vestiti su misura” e “sartorialmente cuciti sulle imprese individuate a priori” per vincerli. Il tutto attraverso “una procedura consolidata e distorta di gestione della cosa pubblica”. Sono le parole con cui Lello Pisani, colonnello della Guardia di finanza all’epoca comandante del nucleo investigativo di Reggio Emilia, ha riferito oggi in Tribunale sulle indagini svolte nell’ambito di “Recleaning”, l’inchiesta sui presunti appalti truccati del Comune, sfociata in un processo con 20 indagati.

I reati contestati a funzionari e dirigenti (o ex tali) dell’amministrazione sono di turbata libertà degli incanti, falsità in atto pubblico, rivelazione di segreto d’ufficio e corruzione. Oggi, in particolare, sono iniziate le deposizioni dei testimoni della Procura a cominciare dagli uomini delle Fiamme Gialle che, dopo alcune dichiarazioni fatte da privati nel 2016, si sono messi sulle tracce di eventuali illeciti rendicontando le loro attività in alcune informative depositate tra il 2017 e il 2019.

A dare inizio all’inchiesta che ha scosso l’ente di piazza furono – come racconta però il luogotenente Bruno Pera (oggi distaccato a Guastalla) – gli approfondimenti disposti dalla magistratura su Santo Gnoni, considerato tra i principali autori delle presunte irregolarità. Secondo l’accusa Gnoni, capo del servizio legale del Comune di Reggio e giudice della Commissione tributaria di Reggio Emilia avrebbe, chiesto al legale di un contribuente 15.000 euro per accogliere il ricorso da questi presentato, dopo essere finito nella “rete” di un accertamento dell’Agenzia delle Entrate (fatti che sareebbero avvenuti tra il dicembre 2013 e il gennaio 2014).

Nel 2015, con l’accusa di istigazione alla corruzione e ancora come giudice tributario Gnoni si sarebbe recato nel 2015 a far riparare la sua auto e detto ai due titolari dell’autofficina non solo di essere il giudice che aveva in mano la loro pratica (il ricorso legato sempre ad un accertamento dell’Agenzia delle Entrate), ma affermando come prova che aveva casualmente il fascicolo con sé. Per la Procura un preambolo per non pagare le riparazioni all’auto, prospettando di favorirli nella causa. Infine per gli inquirenti nel 2016 Gnoni avrebbe affidato ad un legale estraneo alla Commissione tributaria dei fascicoli processuali per la predisposizione delle minute delle sentenze, rivelando notizie dell’ufficio che dovevano rimanere segrete.

La Guardia di finanza, installando poi cimici nell’auto e nell’ufficio in Comune dell’imputato e utilizzando un captatore informatico (cosiddetto trojan) piazzato nel telefono di Gnoni, contesta oggi sei gare truccate per un valore di circa 27 milioni. Una riguardava gli incarichi esterni del Comune per 60.000 euro affidati nel 2016 a due avvocati su cui il colonnello Pisani afferma: “Quando una sua collaboratrice chiese a Gnoni se bisognasse informare l’Ordine degli avvocati che ci sarebbe stato un bando, lui rispose con forza di no, per evitare che altri candidati potessero interferire”. Sotto la lente della Procura anche i servizi di brokeraggio assicurativo del municipio e la selezione del dirigente dell’Azienda di servizi alla persona.

C’è poi l’appalto per la gestione dal 2016 al 2019 dell’asilo nido “Maramotti” del valore di 850.000 euro. Ad aggiudicarselo era stata la società “Baby e Job, srl” (oggi parte civile), anche se era previsto che fosse affidato, nuovamente, alla cooperativa Panta Rei. “Quindi – spiega Pisani – si cercò di capire come colpire chi aveva vinto, valutando ricorsi al tar o facendo leva sullo screditamento dell’offerta economica dell’operatore”.

Alla fine la società si vide revocare l’affidamento e una segretaria della commissione che si oppose, fu redarguita da Gnoni. Il bando più rilevante è però quello da 25 milioni con cui – tramite una gara europea – sono stati affidati per otto anni (dal 2016 al 2024) i servizi di gestione della sosta sulle “strisce blu”, del trasporto scolastico (gli scuolabus), dei servizi di controllo Ztl, e di bike-sharing. A vincere è stato l’unico partecipante alla gara, il consorzio Tea, che registrava tra i suoi associati la società Til srl, già concessionaria del Comune per i medesimi servizi.

Il bando, secondo l’accusa sarebbe stato configurato ad hoc per scongiurare la partecipazione di potenziali concorrenti. Infine un’altra presunta procedura illecita avrebbe riguardato l’affidamento del servizio di ripristino e sicurezza stradale, con rimozione dei mezzi coinvolti in incidenti. L’affidamento per 6 anni del valore di 950.000 andò ai titolari alla Autofficina Corradini srl i cui soci (i fratelli Lorenzo e Vincenzo Corradini) sono anche loro imputati. Avrebbero infatti vinto il bando e “lasciato perdere” un credito di 2,7 milioni che vantavano verso il Comune. Il processo, che partiva con una quarantina di imputati ha visto l’archiviazione di 23 posizioni, tra cui quella del sindaco Luca Vecchi (fonte Dire).