Processo affidi Bibbiano, Anghinolfi intercettata sdoganò regali

29 marzo 2023 | 15:28
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Processo affidi Bibbiano, Anghinolfi intercettata sdoganò regali

Secondo il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Milano l’ex capo dei servizi della val d’Enza ordinò; “Ridate ai bambini i doni di Natale”

REGGIO EMILIA – Quando nel 2018 si scoprì intercettata, Federica Anghinolfi cambiò di colpo atteggiamento nei confronti dei bambini collocati in affidamento per direttiva del suo ufficio. L’ex capo dei servizi sociali della val d’Enza, a processo con altri 16 imputati per i cosiddetti “fatti di Bibbiano”, ordinò ad esempio che venissero recapitati, e di corsa, i regali di natale e le lettere che i genitori naturali avevano inviato ai figli allontanati, che fino a quel momento erano rimasti inconsegnati.

A sostenerlo è il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Milano, che ha continuato stamattina in tribunale a Reggio Emilia la sua deposizione come teste della Procura. Anghinolfi, spiega il militare, viene descritta in quel periodo come “molto stressata e sotto pressione” e una conferma del suo “ravvedimento” arriva anche da un audio ascoltato oggi in aula.

E’ tratto da una chat di WhatsApp di assistenti sociali creata per scambiarsi informazioni sul concorso che di lì a poco avrebbero sostenuto per vedere stabilizzati i loro contratti. Nel messaggio vocale, con riferimento all’orientamento di Anghinolfi, si dice: “La parola dell’anno è genitorialità. Basta con i 403 (gli allontanamenti coatti dei minori dalla famiglia nel codice civile, ndr): sono vietati, banditi, non si possono più fare”.

Nella stessa chat si rilevano poi secondo Milano altri elementi che avvalorano la tesi della Procura secondo cui Anghinolfi potesse condizionare i suoi sottoposti. Infatti “visto il suo coinvolgimento nelle commissioni d’esame, veniva vista come una sorta di speranza per ottenere qualche informazione in anticipo, sull’argomento delle domande o su cosa si sarebbe concentrato l’esame”, dice Milano.

Si parla ad esempio del consiglio di esternare “una linea interventista”, che sempre Anghinolfi avrebbe apprezzato, o di dichiararsi favorevoli all’affidamento dei minori a coppie omosessuali. Tra il serio e il faceto una delle assistenti affermò, facendo leva sulle convinzioni “mistiche” del capo dei servizi sociali: “Ho ricordato a Federica che oggi è la ‘giornata della luce’, con questa cosa prendo almeno 10 punti al concorso”.

Altro argomento affrontato nella deposizione di Milano è poi quello degli intrecci tra il centro Hansel & Gretel (onlus) e la Sie (srl) a cui l’Unione Comuni Val d’Enza aveva affidato il servizio di psicoterapia dei bambini che secondo le relazioni dei servizi sociali avevano subito abusi e l’associazione “Rompere il silenzio”.

La onlus e la Sie – che fatturava le sedute di terapia pagate con i contributi pubblici assegnati ai genitori affidatari dei minori, ma raddoppiati (1.240 euro al mese) – sono riconducibili allo psicoterapeuta Claudio Foti, condannato a quattro anni in primo grado, e alla moglie Nadia Bolognini attuale imputata. I coniugi compaiono anche nell’associazione “Rompere il silenzio” di cui facevano parte anche Anghinolfi (in modo occulto) e il suo vice Francesco Monopoli. Scopo dell’associazione, che secondo i documenti raccolti dagli investigatori si preparava alla “fase operativa” era il cosiddetto “Piano comunità”: la creazione di un centro studi nazionale e due comunità per bambini vittime di abusi, di cui una a Bibbiano.

Un sogno che per la Procura sarebbe stato condiviso anche dal sindaco Andrea Carletti, oggi imputato per abuso d’ufficio, per aver fornito a Foti e alla moglie i locali del centro “La cura”, in paese, dove svolgere le sedute con i minori. In cantiere c’era anche la costituzione di una srl per gestire gli aspetti finanziari dell’operazione. Il terreno veniva già preparato con una serie di convegni in cui compariva anche il logo di “Rompere il silenzio”. Anghinolfi propose a Foti di candidarsi alla presidenza della srl, e le fu risposto: “Sarebbe un sogno. Con un nome come il tuo raccoglieremmo 200.000 euro di capitale sociale”. Ma, obiettò Foti, “sei in possesso delle tue facoltà mentali?” .