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Maxi frode sui carburanti, sequestrati tre distributori nel Reggiano

23 marzo 2023 | 16:41
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Maxi frode sui carburanti, sequestrati tre distributori nel Reggiano

La Finanza ha messo i sigilli a tre pompe bianche a Poviglio, Brescello e Montecchio in un’indagine per una complessa frode internazionale “carosello” per evadere l’Iva sull’acquisto di benzina e gasolio, rivenduti poi a prezzi stracciati

REGGIO EMILIA – La Finanza ha messo i sigilli a tre distributori di benzina a Poviglio, Brescello e Montecchio nell’ambito di indagini relative a una complessa frode internazionale “carosello” per evadere l’Iva sull’acquisto di benzina e gasolio, rivenduti poi a prezzi stracciati. Gli uomini della Guardia di finanza di Parma hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo per 149,1 milioni emesso dal gip del tribunale ducale su richiesta della Procura europea, che si è riunita ieri nel comando regionale delle Fiamme Gialle dell’Emilia-Romagna.

Al centro dell’inchiesta ci sono due società operanti nel commercio di carburanti con sede a Parma, la Boschi Petroli, e a Potenza e sette persone fisiche tra cui tre italiani – operanti uno da Dubai, uno da Miami e il terzo da Napoli – considerati i promotori dell’associazione a delinquere. Le indagini sono scaturite dalle “rilevanti anomalie” riscontrate dalla Gdf emiliana nei prezzi di vendita del carburante praticati sin dal 2019 dalla Boschi Petroli attraverso i propri punti vendita in città e provincia, che risultavano sensibilmente inferiori a quelli praticati negli altri distributori.

Il fascicolo, passato poi nelle mani della Procura europea (competente per i reati in danno del bilancio dell’Ue commessi in almeno due Stati dell’Unione) ha svelato un meccanismo di distribuzione sul territorio nazionale di prodotti petroliferi provenienti da raffinerie site in Slovenia e Croazia, che sarebbero stati ceduti fittiziamente dapprima a imprese del Regno Unito e della Romania e poi a società cartiere italiane, tutte gestite dai componenti del sodalizio criminale, per essere successivamente ceduti al reale destinatario italiano, ossia l’impresa di Parma.

L’azienda ducale, attraverso il vorticoso giro di intermediazioni effettuato da imprese cosiddette “cartiere” (cioè deputata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti), avrebbe così potuto vendere i prodotti petroliferi a prezzi spesso pari o addirittura al di sotto del “platts”, l’indice che definisce il prezzo della materia prima presso la raffineria in un determinato giorno. Nello specifico sono state individuate 31 imprese cartiere, tutte accomunate dal fatto di non essere in regola con le dichiarazioni dei redditi e di essere prive di depositi per lo stoccaggio dei prodotti petroliferi, di personale dipendente e di automezzi idonei, oltre a risultare formalmente gestite da persone nullatenenti o pregiudicate e a registrare aumenti di fatturato “esponenziali e incongrui” rispetto a un’ordinaria operatività.

Secondo l’ipotesi d’accusa, per l’intermediazione cartolare la società “filtro” potentina avrebbe percepito profitti per 2,1 miliardi nel periodo 2016-2018. Nel 2019 durante una perquisizione nell’azienda di Parma erano invece stati trovati e sequestrati 1,5 miliardi in contanti, comprensivi di 190.000 dollari americani. La frode, in termini di Iva non versata, avrebbe causato un danno complessivo all’erario italiano pari a 92,3 milioni dal 2016.

Sono quindi in corso oggi le operazioni di sequestro del deposito commerciale di Parma, di 17 impianti di distribuzione stradale di proprietà dell’impresa parmigiana, nelle province di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Brescia, Lodi e Verona e svariati immobili riconducibili agli indagati nelle province di Parma, Roma, Potenza e Matera. In atto perquisizioni anche a Parma, Padova, Potenza, Napoli, Salerno, L’Aquila e Lucca, con cash-dog, unità cinofile addestrate a fiutare l’odore dei soldi.