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Mafie, in Emilia boom di ricorsi contro le interdittive

1 marzo 2023 | 14:28
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Mafie, in Emilia boom di ricorsi contro le interdittive

Le istanze sono infatti incrementate nel 2022 del 125% rispetto all’anno precedente. I sindacati: “Dati che preoccupano”

REGGIO EMILIA – Boom di ricorsi al Tar, nelle province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia, contro le interdittive antimafia. Come emerso nell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale amministrativo regionale, le istanze sono infatti incrementate nel 2022 del 125% rispetto all’anno precedente. Dati che per Cgil, Cisl e Uil di Reggio Emilia, provincia culla del maxi processo contro la ‘ndrangheta “Aemilia”, “vanno attentamente analizzati e non sottovalutati, in quanto fanno emergere un quadro che desta indubbia preoccupazione”.

I ricorsi, proseguono i sindacati, “ci consegnano una immagine dei nostri territori dalla quale appare emergere una sorta di ‘insofferenza’ da parte di alcune imprese relativamente a strumenti che non solo non vanno abbandonati, ma anzi vanno incrementati”. Inoltre “che la nostra regione sia l’unica a livello nazionale in controtendenza su questo dato deve farci riflettere ed è un segnale chiaro che non si può abbassare la guardia considerato che sino ad oggi i ricorsi presentati sulle interdittive antimafia sono stati tutti rigettati dal Tar che ne ha riconosciuto la fondatezza e che si sono rivelati efficaci anche verso ditte apparentemente regolari”.

Secondo le tre organizzazioni provinciali, comunque, “è evidente che il problema, portato alla ribalta da processi come Aemilia e Grimilde, non solo non è risolto, ma persiste con ogni probabilità anche in settori oggi non ‘coperti’ da protocolli che possano limitare o quanto meno tentare di arginare gli affari delle mafie nei nostri territori”. Dunque, sostengono Cgil, Cisl e Uil, “è necessario accrescere la cultura della legalità che deve però andare di pari passo con la dotazione di strumenti di controllo soprattutto nella fase preliminare all’assegnazione dei lavori e/o delle commesse”.

Ben venga quindi, concludono i sindacati, “la possibile estensione anche ad altri settori ‘caldi’ di tali sistemi di controllo, che non penalizzano le imprese virtuose e creano i presupposti per evitare fenomeni di concorrenza sleale ai danni di queste ultime da parte di soggetti poco trasparenti”.