Lavoro, la Fiom: “Metalmeccaniche discriminate”

31 marzo 2023 | 17:44
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Lavoro, la Fiom: “Metalmeccaniche discriminate”

Il sindacato: “Differenze, rispetto agli uomini, dalle retribuzioni, all’inquadramento fino alla formazione professionale”

REGGIO EMILIA – Dalle retribuzioni, all’inquadramento fino alla formazione professionale. Sono tutti i fronti in cui, nelle imprese metalmeccaniche della provincia di Reggio Emilia, le donne (che in più si sobbarcano i carichi di cura familiare) sono discriminate rispetto ai loro colleghi uomimi. Lo denuncia una ricerca della Fiom reggiana, forse una delle prime e più estese svolte su questo tema in Italia, che si basa su dati diretti forniti da 97 imprese del comparto sopra i 50 dipendenti, fotografando la situazione di oltre 26.000 lavoratori coinvolti (due tute blu su tre).

In dettaglio il primo dato che salta agli occhi è quello di un processo di “maschilizzazione” di un settore in cui gli uomini sono già larga maggioranza, ma la tendenza è rafforzata dai nuovi assunti. La media degli impiegati uomini guadagna poi annualmente il 34% in più delle colleghe donne, mentre tra gli operai la differenza è del 13%.

“Dove sono più pesanti i cosiddetti ‘aumenti di merito’, dove cioè è maggiore l’incidenza della contrattazione individuale, lì sono più ampie le differenze tra uomini e donne”, spiega la Fiom di Reggio. Al contrario, “dove è forte la contrattazione collettiva si hanno differenze inferiori”, evidenzia ancora il sindacato. Agli impiegati uomini, inoltre, vengono riconosciuti superminimi individuali pari al 264% di quelli delle colleghe donne. Queste poi, sia operaie sia impiegate, fanno meno ore di formazione e i “quadri” uomini (l’85%) hanno premi di produttività superiori del 63% rispetto alle colleghe. Ancora, tra gli operai, gli uomini fanno oltre il doppio delle ore di straordinario delle colleghe, pari a circa una settimana all’anno.

E a proposito di orari di lavoro, lo studio mostra che le madri utilizzano il congedo parentale due volte e mezzo i padri, l’utilizzo del part time tra le donne è dieci volte quello degli uomini, lo smart working tra gli impiegati vede le donne superare i colleghi di oltre il 30%. Per questo “nelle famiglie, se si deve ridurre l’orario di lavoro per favorire la cura dei figli, la scelta cade quasi sempre su chi ha salari inferiori (le madri)”, sottolinea ancora la Fiom. A fronte di tutto questo l’organizzazione sindacale sta quindi proponendo, a partire dalle aziende con più di cento addetti in cui si rinnoveranno i contratti aziendali, di aprire confronti sindacali per analizzare le differenze di genere e ridurre i gap esistenti.

“Non vi è dubbio che avere risposte positive sulle rivendicazioni salariali che stiamo facendo in decine di aziende del territorio potrebbe essere un primo passo – dice Luana Mazza della segreteria provinciale Fiom – perché riconoscere importanti aumenti uguali per tutti, senza distinzioni di livello o di genere, è un modo efficace per ridurre il gender gap retributivo”. Nelle piattaforme per i contratti aziendali, si sta inoltre chiedendo il congedo parentale al 100% per i padri, per favorire una maggior eguaglianza all’interno delle famiglie.

“Con la contrattazione collettiva le aziende hanno la possibilità di dare risposte alle questioni sollevate da questa analisi: occorre andare oltre alla retorica ‘pink’, servono azioni concrete e verifiche della loro efficacia definite insieme al sindacato” ribadisce Valentina Orazzini della Fiom nazionale. Il segretario provinciale della Fiom Simone Vecchi torna quindi ad insistere sull’importanza della contrattazione collettiva: “Quando si regolano la formazione, gli aumenti salariali sono fissi e si stabilizzano i precari, le disuguaglianze possono diminuire perché le regole collettive non contengono filtri e pregiudizi culturali e sono uguali per tutti”.