Imprese, Unindustria: “La metalmeccanica tiene, ma siamo preoccupati”

2 marzo 2023 | 18:01
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Imprese, Unindustria: “La metalmeccanica tiene, ma siamo preoccupati”

Alberto Rocchi: “La guerra complica le forniture, i prezzi sono volatili e il credito costa di più”

REGGIO EMILIA – I risultati dell’ultima indagine congiunturale evidenziano “una situazione di sostanziale tenuta dell’industria metalmeccanica reggiana, allontanando quindi i dubbi di una possibile fase recessiva nella prima parte del 2023”. Restano, tuttavia, “forti preoccupazioni a causa del prolungamento del conflitto russo-ucraino, delle persistenti difficoltà nelle catene di approvvigionamento globali e della volatilità dei prezzi delle materie prime, nonché dei maggiori costi del credito”.

Così Alberto Rocchi, presidente del gruppo meccatronico di Unindustria Reggio Emilia, che rappresenta 400 aziende per un totale di 29.000 addetti, commenta l’ultima ricerca di settore a livello territoriale. Il rallentamento rispetto alla prima parte del 2022 di tutti i principali indicatori appare “evidente, sintomo che l’incremento dei costi energetici, il perdurare delle difficoltà di approvvigionamento di materie prime e prodotti intermedi e il loro rincaro hanno ostacolato anche in provincia di Reggio Emilia l’attività industriale”, si legge nella ricerca.

Il risultato segnato dalla produzione industriale (+4,3%) è stato accompagnato da un incremento degli ordinativi, provenienti sia dal mercato interno sia da quello estero, e il fatturato totale ha segnato un +7,9% (la componente estera ha mostrato un aumento della stessa entità). L’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche, in questo quadro, continua a “ripercuotersi sui prezzi alla produzione e nel settore metalmeccanico”, che risulta il maggior utilizzatore di metalli, nel 2022 i prezzi alla produzione sono aumentati in termini tendenziali del 12,3%. Con riferimento alla produzione complessiva, il 29% del campione prospetta incrementi a fronte di un 8% che, al contrario, prevede contrazioni. Le imprese che prevedono un aumento degli ordini dall’estero sono il 27%, inoltre, contro un 10% che pensa di ridurli.