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Rec: “La privatizzazione della sanità fa male alla salute di tutti”

14 novembre 2022 | 15:18
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Rec: “La privatizzazione della sanità fa male alla salute di tutti”

Reggio Emilia in Comune: “Da troppi anni ormai siamo stati abituati a ragionare solo in termini di prestazioni, di tempistiche, di profitto e di bilancio: così non si va da nessuna parte”

REGGIO EMILIAÈ di questi giorni la notizia dell’appalto del servizio telefonico di prenotazione Cuptel delle attività in libera professione: i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno espresso la loro contrarietà e preoccupazione, ponendosi finalmente qualche domanda. Ben venga, ma riteniamo opportuno ricordare che attualmente i processi di esternalizzazione/privatizzazione del servizio sanitario nazionale a Reggio Emilia riguardano anche il servizio cucina, il servizio pulizie, il guardaroba, la lavanderia, i barellieri, i punti prelievo per esami di laboratorio, il personale di pronto soccorso. E forse ne abbiamo dimenticato qualcuno.

Ma cosa succede sul nostro territorio? Dal nostro osservatorio parziale e incompleto, giungono segnali preoccupanti. Se si deve prenotare una prestazione con servizio sanitario nazionale spesso la risposta è che “le liste sono chiuse”, costringendo a riprovare ad oltranza. Ma perché vengono chiuse le liste? È corretto chiudere le agende? In realtà chiuderle sarebbe vietato per legge.

Tra l’altro, paradossalmente, i direttori delle aziende sanitarie della nostra regione, compreso quello di Reggio Emilia, hanno ricevuto un lauto premio per la loro capacità ed impegno proprio nel garantire il rispetto dei tempi di attesa. Chiudere le agende, fornire appuntamenti oltre la tempistica prevista dalla richiesta del medico, è un chiaro invito a rivolgersi al privato. Infatti, magicamente in questo caso il problema si risolve: basta avere il portafoglio a portata di mano. Riteniamo inaccettabile che i direttori della sanità pubblica siano pure premiati.

Le lamentele di coloro che si recano al pronto soccorso del Santa Maria Nuova sono ormai all’ordine del giorno: tempi d’attesa estenuanti e personale al ‘collasso’. Sappiamo benissimo che i tempi d’attesa in altri territori sono ben più lunghi e le prestazioni erogate ben diverse ma anche questo dato va considerato per capire in quale direzione va la sanità reggiana. Gli esami di laboratorio ne sono un esempio palese, la nostra azienda dispone ormai di 2 soli centri prelievi, interno all’ospedale e presso la Casa del dono, questo perché nel 2018 l’azienda ha deciso di chiudere gli altri presenti sul territorio esternalizzando e privatizzando il servizio al privato accreditato convenzionato (immaginiamo con regolare accordo).

Si è giustificata questa scelta con la razionalizzazione delle risorse e del recupero di operatori dei centri prelievi per dedicarli ad attività più urgenti. Ed ora cosa succede? Succede che l’utente si ritrova in un luogo dove la commistione tra attività pubblica e attività privata rischia di creare confusione, non è sempre chiaro chi è il vero erogatore della prestazione. Così l’utente potrebbe ritrovarsi a credere di aver ricevuto una prestazione col Snn e invece gli è stata erogata una prestazione completamente a pagamento, da un ente (laboratorio, in questo caso) privato, anche presentandosi con ricetta del medico di base.

Si creano percorsi poco trasparenti, poco controllabili da parte del Pubblico e dagli utenti. Ci tocca ancora una volta ricordare che ci sono prestazioni che non vengono neppure fornite dal Ssn, nonostante siano previste dalla legge e dai Lea (Livelli essenziali di assistenza). Se una donna decide di interrompere la gravidanza e si trova in un presidio sanitario dove ginecologi o anestesisti sono tutti obiettori che succede? Deve peregrinare altrove. Ricordiamo che l’interruzione volontaria di gravidanza è una prestazione prevista dal Ssn che dovrebbe essere garantita senza se e senza ma.Fino a non molti anni fa questa prestazione veniva fornita da tutti gli ospedali della provincia senza grossi problemi, mentre dati dell’Ausl del 2021 indicavano che all’ospedale di Guastalla tutti i ginecologi erano obiettori.

Inoltre abbiamo appreso dall’intervista al direttore del reparto di Ostetricia/ginecologia del Santa Maria Nuoa, il dottor Lorenzo Aguzzoli, che si farà in modo che anche i medici obiettori effettuino i colloqui di interruzione volontaria della gravidanza perché, dice “possono fornire un punto di vista differente alla donna che decide di sottoporsi al percorso”. Invitiamo il direttore a riflettere su questo: il personale sanitario obiettore dovrebbe essere utilizzato altrove (non c’è carenza di medici?), mentre le donne che scelgono l’Ivg non richiedono certo un altro punto di vista e non hanno certo bisogno di questa “prestazione” extra, non prevista dalla legge, inoltre non hanno bisogno di subire un ulteriore violenza psicologica da parte di chi farà di tutto per ostacolare la loro scelta.

Questi sono solo alcuni esempi ma sufficienti per capire in quale direzione sta andando la sanità reggiana, in perfetto allineamento con le indicazioni regionali. Non sono accadimenti accidentali, transitori, ma il frutto di scelte politiche pianificate da anni, che neppure la pandemia coi suoi effetti è riuscita a dissuadere. Sappiamo che il processo di svilimento del Pubblico non si fermerà, perché anche chi, come il presidente della nostra regione Bonaccini, si riempie la bocca di buoni propositi, si erge a difensore della sanità pubblica e lancia la proposta degli Stati Generali della Salute, dall’altra parte scalpita per la realizzazione dell’Autonomia differenziata, che di fatto sancisce il trionfo dei principi privatistici in ambito sanitario, e non solo.

Crediamo che la privatizzazione della sanità faccia male alla salute di tutti, neghi il diritto alla salute come diritto fondamentale, ostacoli e renda selettivo l’accesso alla cura, neghi e impedisca quei cambiamenti necessari che determinano la salute individuale e collettiva. Per creare salute dobbiamo infatti intervenire sui determinanti sociali, economici, ambientali culturali, sanitari. Occorre pensare alla cura come relazione, cura di cui tutti abbiamo bisogno. Da troppi anni ormai siamo stati abituati a ragionare solo in termini di prestazioni, di tempistiche, di profitto e di bilancio: così non si va da nessuna parte. Occorre piuttosto costruire un progetto, una visione ad ampio respiro che ci porti a ragionare collettivamente su quale salute vogliamo, non può esserci salute in una società ingiusta, impoverita, inquinata.

Reggio Emilia in Comune