‘Ndrangheta, la Cgil: “Guai alla teoria delle poche mele marce”

18 novembre 2022 | 15:49
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‘Ndrangheta, la Cgil: “Guai alla teoria delle poche mele marce”

Il sindacato replica a Ceraso: “No a pericolose rimozioni sulle infiltrazioni”

REGGIO EMILIA – “Novantasette interdittive antimafia da inizio anno denunciano un sistema che negli anni ha subito colpi importanti ma che è ben lontano dall’essere debellato”. Così Cristian Sesena, segretario della Camera del lavoro di Reggio Emilia che si è costituita parte civile nei processi Aemilia e Grimilde, esprime seria preoccupazione per le infiltrazioni malavitose tuttora presenti nel territorio reggiano e in tutta l’Emilia Romagna. E per le “operazioni opache di riduzionismo finalizzate a minimizzare responsabilità oggettive. Il riferimento è alle esternazioni del candidato sindaco di Cutro, Antonio Ceraso”.

Il candidato unico a sindaco di Cutro (Comune commissariato per due anni per mafia), durante un evento di campagna elettorale nei giorni scorsi a Reggio Emilia, ha promesso di vigilare che in campo economico non ci siano discriminazioni nei confronti dei suoi concittadini, evocando una retorica- quella degli immigrati ingiustamente penalizzati- ampiamente smontata nei recenti processi contro la ‘ndrangheta Aemilia e Grimilde.

E la cosa ha suscitato un vespaio. Prima la Provincia di Reggio e ieri il Pd (“Non esistono liste di prescrizioni ad personam o black list, ma semplicemente strumenti preventivi, come le interdittive antimafia disciplinate dal Libro Il Codice antimafia, che hanno l’obiettivo di tutelare la libera concorrenza e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici”, ha detto la senatrice eletta col Pd Enza Rando, ex vicepresidente nazionale di Libera) hanno subito alzato un muro. E oggi si aggiunge la Cgil.

“La teoria delle poche mele marce che infettano con la loro presenza il raccolto si scontra con le verità processuali e con il report dell’attività della Prefettura a cui va il nostro appoggio e il nostro ringraziamento per il lavoro certosino compiuto in questi mesi” manda a dire il sindacato. La Camera del Lavoro continua “ad auspicare un maggior impegno da parte di tutti per far funzionare strumenti importanti quali la Consulta della Legalità che ancora oggi non è stata messa nelle condizioni di esprimere tutto il suo potenziale”.

La Cgil, si assicura, “ha denunciato e continua a denunciare, per tutelare quelle che sempre sono le prime vittime dell’illegalità: i lavoratori. Non ultima l’operazione “Radici” ha fatto emergere come in regione l’infiltrazione mafiosa, lo sfruttamento dei lavoratori, il radicarsi nel tessuto produttivo, attraverso la rilevazione di aziende in crisi che poi diventano centrali di riciclaggio di denaro illecito, “sia ora mai un dato strutturale” e Sesena collega questo fatto alle parole del procuratore reggente, Lucia Musti, che all’inizio dell’anno giudiziario definì l’Emilia-Romagna “Terra di Mafia”.

Dunque anche per la Cgil il problema c’è ancora tutto: “Seppure il processo Aemilia abbia confermato in Cassazione tutte le condanne, i vari e numerosi processi alle cosche ‘ndranghetiste dimostrano che nel nostro territorio si continuano a fare affari sporchi con l’aiuto di professionisti”. E se “si è fatto tanto”, tanto ancora si deve “fare, soprattutto sul piano culturale, per evitare pericolosi processi di rimozione collettiva che appaiono sempre dietro l’angolo – scrive in una nota la Cgil provinciale – non è il momento di abbassare la guardia e non sono accettabili operazioni opache di riduzionismo finalizzate a minimizzare responsabilità oggettive”, si mette in chiaro col pensiero a Ceraso.