‘Ndrangheta, il pm: “Francesco Grande Aracri massimo vertice emiliano”

7 novembre 2022 | 14:39
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‘Ndrangheta, il pm: “Francesco Grande Aracri massimo vertice emiliano”

Il pubblico ministero Ronchi al processo Grimilde in corso a Reggio: “L’Emilia non avrebbe digerito azioni eclatanti,  bisognava parlare lo stesso linguaggio. Quello della ricchezza ottenuta tramite scorciatoie”

REGGIO EMILIA – In un’aula disertata in massa dagli avvocati difensori (presente solo un sostituto a rappresentarli tutti) è iniziata oggi in tribunale a Reggio Emilia la requisitoria del processo Grmilde contro la ‘ndrangheta, pronunciata dal pubblico ministero della Direzione Antimafia Beatrice Ronchi, che la concluderà mercoledì. Il procedimento che ha registrato 55 udienze fino ad oggi è scaturito dalla maxi inchiesta Aemilia focalizzandosi sui presunti affari illeciti della cosca legata alla famiglia Grande Aracri di Cutro a Brescello, Comune sciolto per mafia nel 2016.

Proprio come la strega Grimilde della favola di Biancaneve il paese della Bassa reggiana si sarebbe “autoassolto” rifiutando di vedere la penetrazione criminale e Ronchi, nel suo intervento, lo ricorda definendo il Comune un terreno “fertile e aperto”. E ancora, dice la Pm, “non è oggetto di questo processo cosa sia Brescello oggi, se ha imparato la lezione che non si fa bene al territorio se non si tengono le distanze dalla ‘ndrangheta e se non si difende negando un fenomeno. Ma la speranza è che anche Grimilde abbia aiutato ad aprire qualche occhio in più”.

Ronchi passa poi a delineare il profilo del principale imputato del processo, Francesco Grande Aracri, fratello maggiore del boss cutrese Nicolino. “E’ la ‘ndrangheta in Emilia, la più risalente forma di adattamento della ‘ndrangheta nel nostro territorio”. E ancora: “Non è mai stata fatta una graduatoria fra i sodali se non a livello probatorio per trovare i ruoli di vertici o meno. Francesco Grande Aracri è il vertice massimo della ‘ndrangheta in Emilia e ne detta le strategie. Tutti i sodali si sono uniformati”.

Inoltre, continua Ronchi, “ha modellato la ‘ndrangheta su questo territorio in forme che potessero proliferare, in ogni settore soprattutto economico”. Nello specifico, “ha deciso che le dimostrazioni più brutali dovessero essere messe da parte, trasferite in altri territori che avrebbero purtroppo assorbito meglio le strategie violente. In Emilia no, ha preferito manifestarsi all’esterno come un imprenditore e dare l’immagine dell’immigrato che si rimbocca le maniche”. Perché “l’Emilia non avrebbe digerito azioni eclatanti, bisognava parlare lo stesso linguaggio. Quello della ricchezza ottenuto tramite scorciatoie, un linguaggio che l’emiliano poteva comprendere”.

Richiamando le recenti motivazioni della Cassazione al processo Aemilia, Ronchi aggiunge poi: “Si giocava sulla discriminazione del cutrese immigrato in Emilia. I processi hanno svelato gli inganni”. Vengono infine vagliati i ruoli dei figli del boss, secondo la Dia diventati il suo braccio operativo per permettergli di mantenere un basso profilo. “Il più violento è Salvatore Grande Aracri, il figlio minore Paolo è più intelligente del fratello Salvatore ma non meno pericoloso e la figlia Rosita cavalca la mera appartenenza famigliare, rivestendo un ruolo di rilievo”.

Questo pomeriggio, intanto, il Consiglio comunale di Reggio Emilia ha approvato una mozione di solidarietà verso il giurista Elia Minari, fondatore dell’associazione antimafia Cortocircuito (le cui inchieste fecero partire le indagini per lo scioglimento del Comune di Brescello) per cui è stato disposto dal Prefetto un dispositivo di protezione, in seguito alle dichiarazioni di un detenuto che farebbero temere per la sua incolumità (Fonte Dire).