Credem e Reggio Children alleati contro la povertà educativa

21 novembre 2022 | 14:55
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Credem e Reggio Children alleati contro la povertà educativa

Nuovo progetto in sette città con partner Fondazione e Credem

REGGIO EMILIA – La lotta alla povertà educativa in Italia parla anche emiliano. Due realtà di Reggio Emilia – il gruppo bancario Credem e la Fondazione Reggio Children – aiutano infatti Save The Children a dare vita ad un nuovo progetto rivolto ai bambini da 0 a 6 anni svantaggiati. Si chiama”Crescere insieme” e si inserisce nel più ampio programma “Spazio mamme” della onlus, che dal 2014, si occupa di supportare le famiglie in situazioni di vulnerabilità socio-economica sul territorio nazionale.

Ora in sette città italiane (Genova, Roma, Napoli, Palermo, San Luca, Brindisi e Sassari) gli spazi mamme di Save the Children saranno potenziati attraverso un percorso educativo “di qualità” basato su laboratori, dove genitori e bambini lavoreranno fianco a fianco. In ogni spazio saranno organizzati una decina di incontri incentrati su tematiche specifiche per ogni territorio come sostenibilità, natura e digitale, gioco e apprendimento, cibo e alimentazione.

Le differenti tematiche verranno affrontate anche attraverso l’uso di materiali naturali o di recupero e strumentazioni digitali, in ambienti che verranno non solo riallestiti nell’ottica di contesti di apprendimento più favorevoli ma, come nel caso di Sassari e Palermo, completamente ristrutturati.

“Il Gruppo Credem è al fianco di Save the Children da 19 anni, per garantire ai bambini vulnerabili un futuro migliore”, ricorda Maurizio Giglioli, direttore marketing di Credem Banca. “Abbiamo sostenuto diversi progetti educativi, prima all’estero e poi in Italia, raggiungendo importanti risultati come la costruzione di scuole in Congo e in Etiopia e siamo stati i primi a sostenere lo sviluppo dei ‘Punti Luce’, i centri educativi dell’organizzazione per contrastare la povertà educativa e rivolti ai bambini tra i 6 e 17 anni”. Ora, aggiunge Giglioli, “vogliamo continuare a sostenere i bambini più fragili, soprattutto in uno scenario economico molto complicato, e le loro famiglie allargando il nostro intervento anche alla fascia d’età 0- 6 anni”. Per Credem, conclude il manager, “anche questo significa ‘wellbanking’: lavorare per il benessere delle comunità in cui operiamo”.

Da “molti anni il contrasto alla povertà educativa è uno dei nostri principali obiettivi”, spiega Giancarla Pancione, direttrice marketing e fundraising di Save the Children Italia.

“I nostri progetti sulle realtà locali, intendono contrastare ogni forma di disuguaglianza che impedisce ad ogni bambino di esplorare ed attuare le proprie potenzialità, fornendo le opportunità e gli strumenti per avere un futuro migliore”. La povertà educativa, infatti, “non è una condizione irreversibile, ma senza interventi mirati alla cura e all’educazione nella prima infanzia e politiche di welfare e di sostegno alla genitorialità, può diventare un circolo vizioso in cui le disuguaglianze si trasmettono di generazione in generazione”. Dunque, conclude Pancione, “bisogna interrompere questa spirale”. Secondo Carla Rinaldi, presidente della Fondazione Reggio Children, “la povertà educativa non riguarda solo le famiglie, ma le comunità e si sconfigge insieme”. E “la rigenerazione di una comunità può nascere attorno al protagonismo dell’infanzia”.

Dare centralità ai più piccoli, sostiene infatti Rinaldi, “significa dare opportunità all’età d’oro della persona di esprimersi in contesti di qualità e di rendere bambine e bambini, mamme e famiglie, protagonisti della relazione dialogante con una comunità accogliente”. Il progetto di Save the Children ha preso le mosse soprattutto dalle conseguenze della pandemia sul mondo dell’infanzia.

In Italia, a causa del Covid, 876.000 bambini della scuola dell’infanzia (3-6 anni) hanno dovuto fare i conti con discontinuità e frammentazione della didattica proprio all’inizio del loro percorso educativo. Inoltre, nelle province italiane più svantaggiate, solo il 5% dei bambini accede ad un asilo nido pubblico. Un dato che nelle regioni “virtuose” si ferma al 24,5%.