Minori, la Commissione parlamentare affidi: “Serve riforma generale del sistema”

6 ottobre 2022 | 10:57
Share0
Minori, la Commissione parlamentare affidi: “Serve riforma generale del sistema”

La relazione finale: “A Bibbiano zone d’ombra nate da criticità”

REGGIO EMILIA – Controlli difficoltosi o del tutto assenti, mancanza di dati certi, strapotere dei servizi sociali, giudizi senza contraddittorio, impossibilità delle famiglie di difendersi e conflitti di interesse. Sono alcune delle criticità del sistema degli allontanamenti dei minori che “generano le zone d’ombra in cui si sono potuti verificare i casi di Bibbiano e i tanti altri che avvengono in Italia”. Lo dice Laura Cavandoli, deputata della Lega a capo della commissione parlamentare sugli affidi di minori che, dopo un anno di lavoro, ha pesentato ieri la relazione finale sull’attività svolta.

La conclusione? “E’ necessaria una riforma complessiva del sistema, già in parte iniziata con la riforma del processo civile e l’istituzione del Tribunale distrettuale della Famiglia, ma ancora lunga”. Ad esempio, sottolinea Cavandoli, “oggi in Italia non esiste un registro aggiornato dei minori allontanati, né è possibile avere traccia dei motivi dell’allontanamento e della durata del collocamento extrafamiliare”. Inoltre, “manca un registro nazionale delle strutture di collocamento e accoglienza residenziale, il sistema dei controlli sulle strutture rimane ancora in larga parte inattuato e inesistente è la verifica dell’esistenza e dell’attuazione di un progetto per il minore”.

Secondo la commissione è poi “gravissima è la pressoché generale inattuazione del principio per cui l’allontanamento residenziale del minore deve essere considerato come l’extrema ratio e non come l’unico intervento possibile, dovendo coinvolgere anche altri famigliari oltre i genitori”. E non da ultimo “il collocamento dei minori in strutture va spesso ben oltre i due anni previsti dalla legge e non sono previsti meccanismi di controllo sulla spesa pubblica che i collocamenti comportano e che attualmente gravano sui Comuni, né di verifica sulle ragioni del loro protrarsi”.

Su questo fronte, “considerato l’alto numero dei minori collocati in strutture anziché in famiglie affidatarie e l’elevato costo delle rette, in molti casi non si può escludere a priori un interesse anche economico ad accrescere il numero dei minori accolti e a dilatare la loro permanenza nelle strutture”, conclude Cavandoli.