Editoriali

Pd, il partito dei pensionati

28 settembre 2022 | 12:53
Share0
Pd, il partito dei pensionati

Il tema dell’identità dei Dem, che risale alla fondazione del partito 15 anni fa, non è più rinviabile: devono decidere se essere un partito socialdemocratico o liberaldemocratico

REGGIO EMILIA – C’è un dato, impietoso, che fotografa le difficoltà vissute dal Pd in queste ultime elezioni: si tratta di un’analisi di Ipsos pubblicata oggi dal Corriere della Sera su cui i dirigenti nazionali e locali del Pd dovrebbero riflettere parecchio. Dai dati emerge che quasi un operaio su due, di quelli che si sono recati alle urne, ha votato, alle ultime elezioni, o Fdi (34,6%) o la Lega (13,4%).

Solo l’11,4% ha votato i Dem che vengono sorpassati perfino dal M5S (16,4%). Il 24,7% di impiegati e insegnanti ha votato la Meloni, sorpassando il partito di Letta che, in queste categorie, ha raccolto il 21%. Dove il Pd raccoglie più voti, il 27,1%, è nella fascia di età dei pensionati. Il Pd, prima ancora di discutere chi sarà il nuovo segretario, dovrebbe attrezzarsi per risolvere questo problema.

Andrea Orlando lo ha detto bene in un suo intervento molto duro sui social: “Il problema non è se stai al governo o all’opposizione, ma l’identità”. Per il ministro del lavoro il problema non è, per citare due nomi a caso, se scegliere Bonaccini o la Schlein (entrambi ottimi candidati, anche se la Schlein non è iscritta al Pd, ndr), ma capire chi e cosa vuole essere il Pd oggi. Continua Orlando: “C’è chi concepisce il Pd come il garante di un sistema che si sforza di essere più civile, insomma una sorta di Authority del politicamente corretto che ‘aggiusta’ l’esistente e chi, come il sottoscritto, pensa che debba essere interprete di un progetto di cambiamento radicale, che abbia al centro la questione della redistribuzione della ricchezza e del potere e la centralità del lavoro”.

ipsos

Sono due visioni molto diverse di partito. Una che punta a fare del Pd un partito laburista (o socialdemocratico), attento alle istanze dei lavoratori e l’altra un partito di sinistra liberale (o liberaldemocratico). Non per fissarsi sui nomi, ma solo a titolo di esempio: se vogliamo tornare ai candidati nominati in precedenza, è chiaro che se il Pd optasse per la prima opzione, sarebbe perfetta la Schlein, ma se optasse per la seconda sarebbe preferibile Bonaccini.

In ogni caso Orlando ha ragione. Il tema dell’identità politica del Pd non è più rinviabile. E’ in ballo da 15 anni: ovvero quando Ds e Margherita lo fondarono nell’oramai lontano, politicamente, 2007. Fu una fusione a freddo fra due soggetti diversi che, in tutti questi anni, si sono amalgamati e rimescolati, ma non hanno mai deciso cosa vogliono essere uniti: se diventare un partito socialdemocratico o liberaldemocratico. Essere tutte e due è impossibile, porta al risultato elettorale dei giorni scorsi e ad accontentarsi di essere il partito dei pensionati.

Paolo Pergolizzi