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Moby Prince, collisione perché in mare c’era una terza nave

15 settembre 2022 | 17:13
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Moby Prince, collisione perché in mare c’era una terza nave

La relazione della commissione di inchiesta: “La petroliera era in una zona vietata all’ancoraggio”. Fra le vittime anche sette reggiani

REGGIO EMILIA – “La Moby Prince è andata a collidere con la petroliera Agip Abruzzo per colpa della presenza di una terza nave comparsa improvvisamente davanti al traghetto che provocò una virata a sinistra che ha poi determinato l’incidente. Purtroppo questa nave non è ancora stata identificata con certezza”, ha detto Andrea Romano (Pd) presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul disastro Moby Prince, presentando la relazione conclusiva approvata all’unanimità.

La collisione tra il traghetto e la petroliera Agip Abruzzo avvenne nella rada del porto di Livorno il 10 aprile 1991, furono 140 le vittime. Fra questi anche sette vittime reggiane: Alessia Caprari e Maria Rosa Simoncini, due amiche di 19 e 25 anni, Umberto Rizzi, 45 anni, con la figlia Monica, 27, e l’amico Giuliano Salsi. I coniugi Aldo Mori e Maria Giovanna Formica, 53 e 52 anni.

“Non abbiamo potuto dare risposte certe sull’identificazione della terza nave perché non ne abbiamo avuto il tempo a causa della fine anticipata della legislatura, ma abbiamo suggerito nella relazione conclusiva due piste da seguire in futuro sia da parte della magistratura e del prossimo Parlamento”, ha detto il presidente della commissione. “Una riguarda la nave 21 Oktobaar II, che è un ex peschereccio somalo, e l’altra la presenza nel tratto di mare interessato dalla presenza di una o più bettoline impegnate in possibili operazioni di bunkeraggio clandestino”.

“Eni, che è una grandissima società ed è un vanto nazionale, forse sapeva che Agip Abruzzo si trovava dove non doveva essere, forse sapeva anche del black out o del vapore e perfino che forse era coinvolta in attività di bunkeraggio clandestino: noi abbiamo chiesto i materiali delle inchieste interne ma non li abbiamo avuti. Spero che chi lo farà in futuro sia più fortunato di noi”, ha detto Romano. “Quei documenti per i quali rinnovo l’appello a renderli pubblici – ha osservato Romano – possono contribuire a scrivere un altro pezzo importante di verità di quella tragica notte”.

“L’esplosione si produsse subito dopo la collisione ma non abbiamo ancora risposte esaustive sulla presenza di tracce contaminate trovate a bordo per le quali sarebbero serviti ulteriori accertamenti che però non abbiamo potuto fare perché abbiamo terminato le indagini con la fine della legislatura in vista delle prossime elezioni”, ha detto Romano.

“Siamo arrivati alla conclusione che le condizioni di visibilità la sera della collisione fossero buone, se non ottime, con vento di brezza e mare calmo”, ha spiegato Romano. “Inoltre abbiamo accertato senza ombra di dubbio, grazie a studi scientifici eseguiti in modo approfondito – ha aggiunto Romano – che la petrioliera Agip Abruzzo, contro la quale andrò a collidere il traghetto Moby Prince, si trovava ancorata in rada in una zona dove invece c’era il divieto di ancoraggio”.

“La commissione d’inchiesta sulla tragedia del Moby Prince, che, lo ricordo, è stata la più grande catastrofe della marineria civile italiana. La relazione approvata all’unanimità non è un risultato banale, anche se siamo in campagna elettorale, ma dimostra che sulla necessità di fare chiarezza su determinate questioni non ci si può dividere”, ha detto Romano.