La Cgil: “Pace, pensioni e giustizia sociale: è ora di scuotersi”

7 giugno 2022 | 15:22
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La Cgil: “Pace, pensioni e giustizia sociale: è ora di scuotersi”

Il segretario Sesena: “Parlare di patrimoniale non può più essere considerato come bestemmiare in chiesa”

REGGIO EMILIA – Dalle vertenze nelle fabbriche al centro del dibattito pubblico, per costruire con la società civile un’alleanza per il lavoro, la pace e la giustizia sociale. E’ la rotta tracciata a Reggio Emilia dalla Cgil che si mobilita per disinnescare la situazione esplosiva generata dagli effetti collaterali di pandemia e guerra in Ucraina.

Un percorso che – in vista della manifestazione nazionale di Roma del prossimo 18 giugno – registra il suo primo momento stamattina nella riunione dell’attivo dei delegati provinciale di tutte le categorie, allargato a diverse associazioni del territorio che hanno aderito (Arci, Anpi, Auser, Libera, e associazioni degli studenti, tra le altre). Al centro dell’evento “Diritti al quadrato”, andato in scena ai Chiostri della Ghiara, c’è quindi in primo piano il conflitto in corso da oltre 100 giorni, ricordato in apertura di intervento dal segretario della Camera del Lavoro Cristian Sesena.

“Siamo stati i primi a Reggio Emilia a scendere in piazza il 24 febbraio per chiedere immediatamente il cessate il fuoco e testimoniare la nostra vicinanza al popolo ucraino. Siamo tornati in piazza il 23 maggio per ribadire la nostra posizione e dire no al fatto che anche la guerra diventi un fatto ordinario con cui convivere e a cui ci si abitua come se fosse normale”, dice Sesena. “Il sindacato e i lavoratori- prosegue- contribuiscono ogni giorno a costruire la pace e l’unico conflitto ammesso è per noi quello sociale che vuole pacificamente ma fermamente cambiare la società. Di altri non conosciamo e pratichiamo”.

Per questo, “dobbiamo chiedere al Governo di rendere conto non solo dell’invio delle armi, ma anche soprattutto della scelta di devolvere il 2% del Pil alle spese militari, privando scuola e istruzione di risorse”.

Continua il segretario della Cgil reggiana: “Se la pace è l’unica dimensione in cui poter calare un progetto di trasformazione sociale e poter ambire a una condizione di sviluppo e benessere, è chiaro che un’economia di guera è quanto di più drammatico per un Paese che non ha ancora finito di fare i conti con il prezzo della pandemia”.

Infatti “la guerra sta già provocando effetti pesanti sulla nostra economia: avremo uno stabile aumento dell’inflazione oltre il 6% che brucia quasi una mensilità di salario e di pensione. I prezzi aumentati di alcuni beni al consumo non rapppresentano solo una frustata inflattiva sulle tasche di lavoratori e pensionati. Entro l’autunno intere filiere produttive rischiano di fermarsi con correlato rischio occupazionale. Fermare la guerra significa quindi fermare anche la slavina economica che ci sta travolgendo”.

Secondo Sesena “di fronte a questi scenari sicuramente cupi il Governo si dimostra totalmente inadeguato, senza mettere in campo nulla di straordinario. La risposta partorita per far fronte alla perdita di potere di acquisto delle famiglie (200 euro una tantum per chi ha redditi fino a 35.000 euro) è emblematica. Un atto caritatevole che non è una soluzione. L’emergenza salariale non sembra essere una priorità”.

Sul salario minimo per legge, dove la posizione della Cisl è divergente, il segretario spiega: “La Cgil non deve vedere un pericolo per la contrattazione. Lasciamo questa paura a chi intende la contrattazione come esercizio di accompagnamento all’affermarsi delle logiche imprenditoriali”. Nel contesto delle transizioni ecologica e digitale occorre poi “ridurre l’orario lavoro per redistribuirlo a parità di salario, a garanzia che queste transizioni non si tramutino in posti di lavoro stabile che si perdono e precari che si moltiplicano”.

Per quanto riguarda le pensioni, la Cgil propone di alzare quelle erogate e introdurre una “pensione di garanzia” per i giovani che sempre meno lavorano stabilmente. Infine, dice Sesena, “dobbiamo avere il coraggio di una riforma del fisco in direzione di quello che dice la Costituzione, cioè che chi più ha più deve dare. Parlare di ‘patrimoniale’ non può più essere considerato come bestemmiare in chiesa”.

Insomma, conclude Sesena, “abbiamo un perimetro su cui trasformare la nostra società. Dentro questo perimetro possiamo agire assieme. Siamo in una sorta di emergenza da circa tre anni e ci stiamo assuefacendo a questo clima di perenne provvisorietà”. Ma “non possiamo farlo perché di tutto in questo momento c’è bisogno, tranne che di rassegnazione e passività” (Fonte Dire).