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“Noi contro le mafie”, studenti in silenzio per vittime e coraggio

23 maggio 2022 | 16:26
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“Noi contro le mafie”, studenti in silenzio per vittime e coraggio

Commemorazione delle stragi di Palermo con Piera Aiello, testimone di giustizia

REGGIO EMILIA – Il silenzio, un profondo silenzio rispettoso e partecipe ha dominato l’evento conclusivo di “Noi contro le mafie”. E’ il silenzio dei tanti studenti giunti o collegati con la sala convegni di Confcooperative per ricordare fatti, persone, ascoltare la testimonianza di Piera Aiello, una storia di coraggio e di lotta alla mafia come giovane candidata all’ingresso in Polizia, poi costretta sposa del figlio di un boss, vedova di mafia, testimone di giustizia (dieci anni prima della legge che riconobbe questa figura) che si affidò a Paolo Borsellino (“lo zio Paolo”, come lo chiamavano lei e la figlioletta di tre anni) per continuare la sua lotta e, infine, parlamentare.

L’evento si è aperto con le immagini delle stragi di Capaci (23 maggio 1992) e via D’Amelio (19 luglio dello stesso anno) e la memoria delle vittime, citate una ad una dagli studenti in sala: a Capaci persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Mortinaro. Meno di due mesi dopo, in via D’Amelio, caddero il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Con loro decine di feriti. Donne e uomini già simbolo di lotta alla mafia cui il progetto “Noi contro le mafie” ha reso omaggio ricordando, insieme a loro, quanti ogni giorno contrastano in ogni luogo la criminalità organizzata, perché – e sono parole di Piera Aiello – “dobbiamo stare vicino ai magistrati che lottano contro la mafia e a chi lotta per la giustizia e la libertà”.

Non basta, dunque, la commemorazione, ma ogni giorno è necessario – ha detto Ilenia Malavasi, vicepresidente della Provincia – costruire una comunità più e consapevole non solo del fenomeno e del rischio di infiltrazioni, ma alimentata da una cultura della legalità che si rinnova.

“Siamo qui – ha sottolineato Valerio Maramotti, membro del Consiglio di Confcooperative e presidente del Consorzio Oscar Romero e della coop sociale L’Ovile – per ribadire il nostro impegno di cooperatori e cooperative, perché siamo consapevoli che per essere protagonisti di buona economia e buona occupazione non possiamo abbassare la guardia nei confronti di chi questa economia la inquina con il malaffare, con quantità ingenti di denaro da riciclare, con cooperative spurie, caporalato e lavoro nero”.

Un impegno che ha dominato la vita di Piera Aiello e che prende consistenza in un gesto: il rifiuto di indossare il foulard che la suocera le porse dopo la morte del marito (seguita a quella del suocero, che il figlio intendeva vendicare). “Non ho indossato quel fazzoletto nero da vedova – ricorda la Aiello – perché segno di sottomissione”, e la sua testimonianza, come la sua vita, è impregnata di questo rifiuto di ciò che era considerato giusto o ineluttabile nell’ambiente mafioso che ha visto e denunciato: la vendetta, la violenza, il silenzio, la complicità.

Una storia ascoltata in silenzio, con quell’ammirazione che si fa partecipazione e affetto, perché – e lo ha più volte ripetuto proprio Piera Aiello, promotrice di leggi e disegni di legge a contrasto della mafia – dobbiamo ricordare i vivi che lottano in sperduti paesini e in sperdute procure, e non solo commemorare gli eroi.

A concludere i lavori dell’ultimo confronto di “Noi contro le mafie”, il dodicesimo rivolto agli studenti, l’intervento di Antonio Nicaso, il più grande storico italiano delle mafie. L’incontro tenutosi in Confcooperative è stato coordinato dalla giornalista Alessandra Codeluppi, che con i suoi stimoli ha consentito tanti approfondimenti sull’attualità, sui testimoni e sui collaboratori giustizia, sul processo Aemilia, sulle proposte di legge ancora giacenti in Parlamento.

Riflessioni accompagnate dal silenzio, ma anche dall’indignazione rispetto, ad esempio, ad una situazione che ha visto il passaggio dal carcere agli arresti domiciliari di 500 boss mafiosi a seguito della pandemia; persone in isolamento, ben lontane da rischi di contagio, molte delle quali – ha detto Piera Aiello – non rientreranno.