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Strage di Bologna, legale Bellini: “A processo perché serviva imputato vivo”

24 marzo 2022 | 09:45
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Strage di Bologna, legale Bellini: “A processo perché serviva imputato vivo”

La difesa: “Da accusa toni da crociata, ma l’esito non è scontato. Zero prove del suo legame con i Nar e parole ex moglie su alibi un po’ costruite. Finanziamento attentato non è provato”

REGGIO EMILIA – “Noi pensiamo che Paolo Bellini sia qui in parte per il video, ma anche perchè questo processo necessitava di un imputato vivo per tenere in piedi l’azione penale, altrimenti ci sarebbe stata un’archiviazione”. A dirlo, nel corso della sua arringa in Corte d’Assise a Bologna, Antonio Capitella, uno dei legali dell’ex esponente di Avanguardia nazionale, imputato per concorso nella strage del 2 agosto 1980 e per il quale la Procura generale bolognese ha chiesto la condanna all’ergastolo con tre anni di isolamento diurno.

Capitella fa riferimento al fatto che l’indagine da cui è scaturito il processo era stata avviata per scoprire i mandanti e i finanziatori dell’attentato alla stazione ferroviaria del capoluogo emiliano, ma i presunti responsabili individuati dagli inquirenti – vale a dire Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi – sono tutti morti da anni e quindi non più processabili.

Nel suo intervento, il legale afferma che “Bellini è stato un delinquente comune, un ladro e un assassino”, e rivolgendosi ai giudici chiede loro di “usare tutte le vostre legittime potestà, ricordandovi però che non avete la potestà di essere ingiusti. E si è ingiusti – chiosa – sia condannando un innocente, sia assolvendo un colpevole”. Non manca, poi, una stoccata alla Procura generale e ai legali di parte civile, che secondo Capitella hanno usato “toni da crociata”. In ogni caso il legale, che invita la Corte ad “ancorare il vostro giudizio alle valutazioni sull’ampia materia documentale, composta anche da altro materiale processuale, per poter fondare l’eventuale giudizio di colpevolezza”, si dice “fiducioso” e convinto che “la partita non sia già scontata”.

La difesa: “Zero prove del suo legame con i Nar”
“Cosa c’è nel processo che fa incrociare la strada di Bellini con quelle di Fioravanti, Cavallini, Mambro e Ciavardini? Niente”. Ne è convinto Antonio Capitella, legale di Paolo Bellini, che nella sua arringa in Corte d’Assise a Bologna afferma che nel processo in corso sulla strage del 2 agosto 1980 non è emersa una relazione tra il suo assistito, imputato per concorso nell’attentato, e i Nar già condannati (Cavallini in primo grado, gli altri tre in via definitiva) come esecutori della strage. A sostegno della sua tesi, il legale ricorda che “i posti frequentati da Bellini in Italia nei mesi prima della strage sarebbero stati tracciati, come è successo per i suoi spostamenti all’estero”, aggiungendo che “se compariamo gli spostamenti dei quattro Nar con quelli di Bellini non si incrociano mai”.

Questo, chiosa Capitella, “è uno degli elementi che fanno pensare che non c’è nel processo una relazione che può essere ricondotta al concorso, perché per concorrere serve almeno un momento di partecipazione nell’attentato, oppure le condotte devono essere convergenti verso un unico obiettivo”.

“Parole ex moglie su alibi un po’ costruite”
Il legale mette poi nuovamente in dubbio la bontà delle dichiarazioni di Maurizia Bonini, ex moglie di Bellini, che dopo 40 anni ha fatto ‘crollare’ l’alibi dell’ex marito. Secondo Capitella, infatti, “le dichiarazioni di Bonini e di Marina (moglie del fratello di Paolo, Guido Bellini, ndr) sono un po’ costruite. Qualcuno – afferma – ha convinto la signora Maurizia che Paolo aveva predisposto l’alibi, ma questo presuppone che sapesse che l’attentato era il 2 agosto. Eppure non lo sapeva Cavallini, non lo sapeva Ciavardini, come poteva saperlo Bellini?”. Nel processo, commenta Capitella, “non c’è niente su questo”.

“Finanziamento attentato non è provato”
“Noi non possiamo affermare, non ci sono elementi per dire che la strage è stata finanziata e che i soldi del Banco Ambrosiano Andino siano andati agli esecutori, perché mancano i passaggi intermedi”. A dirlo, nel corso della sua arringa in Corte d’Assise a Bologna, è Antonio Capitella, legale di Paolo Bellini, imputato per concorso nella strage del 2 agosto 1980. Secondo il legale, dunque, “non possiamo parlare della prova dei mandanti, vi sono strade alternative per interpretare le carte di Licio Gelli e dal punto di vista della condotta dei singoli non si può dire che c’è stato un luogo dove sono state prese queste decisioni. Ma allora, se non c’è mandato, e quindi non c’è la causale dell’esecutore, che c’entra Bellini?”, domanda Capitella ai giudici.

Nel pomeriggio prende la parola anche l’altro difensore di Bellini, Manfredo Fiormonti, che tenta di smontare la tesi dell’accusa sulle coperture da parte dei Servizi di cui l’ex ‘Primula nera’ di Avanguardia nazionale avrebbe goduto nel corso degli anni. Per il legale, infatti, queste coperture sarebbero “immaginifiche” e smentite da quanto emerso in diversi processi. Come se non bastasse, aggiunge Fiormonti, “in 50 anni non si è trovata alcuna prova di un collegamento tra Bellini e i Servizi. La sua appartenenza ai Servizi e le coperture di cui avrebbe goduto- insiste- sono una mera congettura”. L’arringa degli avvocati di Bellini si concluderà nell’udienza in programma venerdì.