Mafie, Grimilde: spuntano piattaforme per generare soldi

7 marzo 2022 | 14:53
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Mafie, Grimilde: spuntano piattaforme per generare soldi

Il pentito Signifredi: “Francesco Grande Aracri mi chiese come usarle”

REGGIO EMILIA – Dai metodi più “classici” come il traffico di cocaina nascosta nei doppi fondi dei camion che portavano in Emilia i cibi tipici di Cutro, a quelli più sosfisticati e innovativi come le speculazioni finanziarie attraverso esclusive “piattaforme per generare soldi”, in cui solo pochissimi sapevano muoversi con successo. Passando per le truffe fatte con le schede carburante prepagate, i fallimenti ad arte delle aziende spolpate dei loro beni e l’acquisto di oro da usare come controvalore di fideiussioni bancarie.

La natura “affaristica” della ‘ndrangheta al nord è stata confermata una volta di più nell’udienza di oggi del processo Grimilde che vede come principale imputato nel rito ordinario celebrato a Reggio Emilia il “dominus” di Brescello Francesco Grande Aracri. A puntare il dito contro colui che “nel contesto emiliano, dopo il fratello (Nicolino, capo indiscusso della consorteria, ndr), comandava, decideva e aveva l’ultima parola” e forniva “la sponda finanziaria” alle più disparate operazioni pur rimanendo sempre nell’ombra, è il collaboratore di giustizia Paolo Signifredi. Il commercialista di Baganzola, 57 anni, è considerato il cassiere del clan Grande Aracri tra Parma e Reggio Emilia ed è stato condannato a sei anni nell’ambito del processo Pesci, la ramificazione lombarda di quello Aemilia. Il suo pentimento risale al 2015.

L’ex patron della squadra di calcio del Brescello tra il 2003 ed il 2004, nel 2018, fu anche vittima di un pestaggio da parte di alcuni affiliati, che avevano scoperto l’ubicazione della località segreta in cui viveva. Signifredi, chiamato a testimoniare dal pubblico ministero Beatrice Ronchi, ha risposto alle domande del magistrato sulle dichiarazioni da lui stesso rese in un recente interrogatorio del 16 febbraio scorso.
In videocollegamento ha spiegato di aver conosciuto Francesco Grande Aracri per il tramite del nipote di quest’ultimo, Salvatore (figlio del fratello di Francesco, Rosario Grande Aracri), ma di aver incontrato il boss direttamente solo “cinque volte nella vita”.

Gli altri affari in cui Francesco Grande Aracri avrebbe avuto le mani in pasta gli sono invece stati riferiti da Alfonso Bonaccio, detto “Fruntz”, ritenuto addetto a reinvestire gli incassi della cosca nella locale lombarda capitanata da Francesco Lamanna. Una circostanza mai emersa fino ad oggi è quella con protagonista lo stesso Signifredi, che nel 2012 fu chiamato dai Grande Aracri per risolvere alcune “questioni” su cui il professionista di fiducia della consorteria, con studio a Reggio Emilia, non sembrava abbastanza competente. Francesco, in particolare, aveva deciso di investire in alcune cosiddette “piattaforme per generare soldi”, pochissime al mondo e due in Europa, in grado di far ottenere profitti stellari.

La “permanenza” massima su tali sistemi – 8 mesi – avrebbe infatti reso un interesse del 20% alla settimana e, alla scadenza del periodo, anche il rientro del capitale investito. Questo però, spiega Signifredi, “a patto di conoscere personalmente i promoter delle piattaforme, altrimenti è una truffa e non si conclude niente”. Per questo “andavo a casa di Francesco e facevamo i conti di quanto avrebbe guadagnato settimana per settimana e mese per mese”, spiega il collaboratore. Alla fine il commercialista avvisò però la cosca che “la bufala” era dietro l’angolo e sconsigliò di intraprendere l’operazione. Che per Signifredi infatti “non si è chiusa”. Anche se oggi ha ammesso che gli fu riferito che forse andò diversamente. E Francesco Grande Aracri avrebbe investito “la prima volta 100.000 euro, la seconda molto di più”.