Sicurezza sulle spiagge, Giuseppe Marino: “La prevenzione è fondamentale”

22 marzo 2022 | 10:47
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Sicurezza sulle spiagge, Giuseppe Marino: “La prevenzione è fondamentale”

Il presidente della Società nazionale di salvamento: “Spiagge libere: ci devono essere segnali volti ad evidenziare il pericolo”

GENOVA – “La prevenzione è fondamentale. Fondamentale è la presenza del bagnino che deve intervenire sulla persona che sta annegando entro 5 minuti, ed è importante individuare e segnalare il rischio. Se un Comune non ha gli strumenti adatti o le giuste competenze, si faccia aiutare da chi ha esperienza. Abbiamo nell’annegamento un muro di 400 morti l’anno, e sono pochi (tra piscine, fiumi, laghi, mare) ma quello che mi rattrista è che molte disgrazie sono evitabili. Pensiamo alle spiagge libere. Non significa che devono essere abbandonate solo perché non c’è il bagnino. Ci devono essere segnali volti ad evidenziare il pericolo. Noi possiamo supportare le autorità, ma non sostituirci ad esse. Abbiamo possibilità di condurre la battaglia basta mettere in campo le forze giuste per ottenere il risultato”.

Non tutti si rendono conto che salvare una persona in difficoltà non è mai cosa semplice, figuriamoci quando si deve operare in un mondo alieno come il mare. Ne sono ben consapevoli i bagnini che, spesso e volentieri, mettono a repentaglio la loro stessa vita. Un prezzo troppo alto da pagare considerando anche la mancanza di rispetto delle regole balneari da parte dei bagnanti. Una tematica pesante che abbiamo però il piacere di affrontare con Giuseppe Marino, presidente nazionale della SNS (Società Nazionale di Salvamento).

Marino, anzitutto, ci illustri la Società Nazionale di Salvamento
Questa società nasce nel 1871 quando diversi medici, dopo essersi incontrati in contesti scientifici, avevano osservato un minaccioso aumento del numero di morti per annegamento. E non è un caso se è stata proprio la Liguria la prima regione in Italia dove si è deciso di aprire una discussione scientifica mirata al problema. E’ qui che si è sviluppato il fenomeno della balneazione, la frequentazione delle spiagge da parte dei turisti e dei villeggianti, anche stranieri. La costituzione della nostra società è stata quindi, quasi una cosa naturale, il prodotto di un’anima primaria, un’anima sanitaria. Solo successivamente si è sviluppata anche un’anima marinara, perché ci si era resi conto che per andare in mare e prestare soccorso, occorrevano delle competenze anche di quella natura.

Come si svolge l’attività di formazione?
L’attività di formazione si è quindi divisa in due filoni. Uno per la parte sanitaria, e l’altro nell’organizzazione e nell’individuazione dei sistemi migliori per aiutare le persone a conseguire le necessarie competenze per diventare soccorritori in mare. E’ con orgoglio che rimarco come sin dagli esordi, i bagnini di salvataggio (che in origine si chiamavano semplicemente soccorritori) non solo salvavano le persone in mare, ma insegnavano loro anche le manovre di primo soccorso, ovviamente quelle in auge all’epoca. Fu anche subito chiaro che un altro aspetto importante per questa attività, è quello della prossimità. Non c’è il tempo di raggiungere un pericolante in mare se chiamati da una sede distante, ma c’è il tempo se il soccorritore è già sul posto. La tempistica è fondamentale per il soccorso. E quindi si sono costituiti in maniera diffusa, prima in Liguria poi in tutta Italia, i cosiddetti ‘asili di soccorso’ sul posto, più vicini possibile a dove la balneazione avveniva. Potremmo dire che all’anima sanitaria e a quella marinaresca, si è aggiunta un’anima organizzativa. Tre punti fondamentali che si sono sempre più sviluppati nel tempo, nutriti dalla ricerca e dall’esperienza.

I metodi si sono evoluti nel corso del tempo?
Abbiamo inventato tante cose, ma il metodo è rimasto sempre lo stesso. E ancora oggi siamo quelli che studiano il fenomeno, la parte sanitaria e la parte marinaresca, ma soprattutto cerchiamo di essere il più vicini possibile a dove la balneazione avviene. Ma ora vorrei far notare che se il soccorso effettuato in tempi rapidi è importante, la prevenzione lo è altrettanto. Noi abbiamo notizie dalla storia che alcuni medici partivano da Genova per recarsi nelle zone di riviera a fare formazione, ed erano ricevuti con grande risonanza dovunque arrivassero, aiutati e sostenuti dai sindaci e dalla collettività. Erano vere e proprie lezioni di massa sulle manovre di primo soccorso, straordinariamente moderne per l’epoca. Ma la storia non si ferma ed è di pochissimo tempo fa, la legge che diffonde e rende possibile ai cosiddetti ‘laici’ di fornire diversi tipi di azioni di soccorso sul territorio. Ci fa piacere dire che l’estensore della norma sull’uso laico del defibrillatore, il senatore Antonino Monteleone che è diventato un nostro socio onorario, è un membro del comitato medico scientifico.Voglio sottolineare di nuovo, l’importanza dell’analisi del rischio, lo studio dei pericoli insiti nella natura ambientale, dovuti alla configurazione della costa e all’opera del mare (per fare un esempio, se c’è un fondale profondo si possono generare onde di riflusso molto rischiose per la balneazione, come le famose ‘buche’ in Toscana, e ogni bagnino deve esserne informato e avvisare in ogni modo i bagnanti).

La Società Nazionale Salvamento ha spento 150 candeline. Un traguardo importante, mille ostacoli superati e tante diffidenze sconfitte. Come ci siete riusciti?
In effetti, ce lo chiediamo tutti. Ma forse è stata una cosa addirittura normale, perché non ci siamo mai basati solo sulla conoscenza, ma anche sui sentimenti. E’ una linea ininterrotta nel tempo, incentrata sulla solidarietà e l’empatia, che sin dall’inizio ha animato i nostri soci e prodotto i suoi frutti. E un altro principio che ci piace sottolineare, è l’amore per il mare. E’ una passione che unisce le generazioni, uno stile di vita, un modo per sentirsi legati a tutti. Questa è la sua forza. Così come lo è la competenza perché comunque, in ogni caso, i risultati positivi dovuti all’esperienza e alla conoscenza, stimolano la continuità. Il bagnino non è un uomo solo. E’ li per salvare delle persone, vive una condizione che non è solo personale, ma sociale. Rappresenta un valore non fine a se stesso, ma riconosciuto e condiviso, e questo genera interesse e ispira voglia di solidarietà. Tanti vogliono mettersi a disposizione degli altri, e ovviamente alla nostra organizzazione spetta analizzare quali sono le competenze che il volontario deve avere, quali sono i rischi a cui può dover fare riferimento e quali sono le azioni di mitigazione del pericolo. Tutto ciò avviene in un atto di formazione e di rapporto continui tra l’organizzazione e il soccorritore. Mi piace pensare che se in Italia, molto di più che in altri paesi, il bagnino è diventato una figura famigliare nel costume italiano è perché l’essenza del suo lavoro è dare sicurezza, regalare tranquillità, e che lui è capace di farlo. Tanti turisti che si recano sulle nostre bellissime spiagge amano avere il bagnino come un punto di riferimento, la stessa persona da ritrovare in vacanza nello stesso posto, nello stesso mare. Forse è un pensiero retorico, ma di una retorica buona. Perché se è vero che un incidente può sempre avvenire, nelle concessioni dove c’è il bagnino lo si può spesso risolvere, dove non c’è l’esito è ben altro.

Ci sono stati dei cambiamenti?
Certo, tante cose sono cambiate: oggi praticare la respirazione bocca a bocca è considerato discutibile, ma sempre il bagnino deve tuffarsi in acqua e recuperare la persona in difficoltà, un tempo usavamo il salvagente anulare e oggi utilizziamo il rescue can (detto anche ‘baywatch’) ma lo svolgersi dell’azione è sempre la stessa. La nostra dirigenza è costantemente sensibile agli stimoli e pronta ad adeguare le conoscenze a questa attività, perché ogni vita salvata è motivo d’orgoglio non solo per il bagnino che è materialmente intervenuto, ma per ogni componente della nostra organizzazione. Vi è una comunità di intenti tra bagnini, e questo credo che abbia generato questa lunga vita dell’organizzazione. E anche il fatto che ne ha mantenuto la paternità. Lo Stato italiano ha sempre avuto nei riguardi di questa organizzazione una visione sussidiaria. Non siamo un Ente pubblico, ma lo Stato ha riconosciuto la nostra utilità e valorizzato la nostra funzione, al punto che tutti i Re d’Italia, così come molti Presidenti della Repubblica, sono stati nostri presidenti onorari. Certo, nonostante i grandi risultati che abbiamo conseguito in termine di salvataggi di vite umane, ogni tanto qualche politico cerca di mettere in discussione un sistema che ha portato il nostro Paese tra i paesi più avanzati in questo ambito. E’ una grande responsabilità che ci si assume e un grande elemento di rottura con una continuità storico/politica. Finora non c’è stato governo o istituzione che non abbia ereditato e mantenuto alla Società Nazionale di Salvamento questo ruolo e queste opportunità. A volte rischiamo di scordarcelo, ma la Società Nazionale di Salvamento è la storia del soccorso italiano in acqua, e lo è sia dal punto di vista della prevenzione che, ancor più, da quello del soccorso. E da quando esiste la Protezione Civile nella sua eccezione più moderna, la Società Nazionale di Salvamento ha sempre dato il suo contributo, collaborando con le organizzazioni più importanti nei vari settori e imparando dall’esperienza degli altri. Non ci siamo basati solo sulle nostre forze, abbiamo cercato la collaborazione e i risultati si sono visti. Questo lo può fare solo una grande associazione, perché se anche siamo la storia della cultura del soccorso, non abbiamo mai smesso di usare la ricerca, il metodo scientifico per migliorare la propria attività. So che qualcuno vorrebbe intervenire per modificare in modo burocratico le nostre attività, frazionare il nostro sapere, forse temendo un nostro monopolio, quasi fossimo un’impresa commerciale. E’ un po’ il mito della società consumista, per cui se si mettono in competizione più imprese nello stesso campo, si ottengono risultati migliori. Peccato che l’esperienza, la cultura e il valore delle sussidiarietà non siano merci da acquistare all’ingrosso, e frazionarne l’utilizzo serve solo a rallentare quell’azione di soccorso che ha nella rapidità il segreto del successo. Negare il monopolio del soccorso è giusto, penalizzare chi lo sa fare al meglio è suicida.

Recentemente lei e l’avvocato Francesco Rocca (presidente nazionale/internazionale di Croce Rossa) avete sottoscritto un protocollo d’intesa. Dove può portarci questo sodalizio?
E’ una autentica sinergia: noi siamo un amplificatore per la Croce Rossa e la Croce Rossa è un amplificatore per noi, e non credo che amplifichiamo cattivi suggerimenti. Uso apposta il termine amplificare, perché sappiamo sintetizzare le giuste parole d’ordine, portare a sintesi le conoscenze, diffondere il nostro messaggio a più teste, a più coscienze. Noi parliamo della Croce Rossa, la Croce Rossa parla di noi e il risultato è… che se vedi una buca non ci devi andare dentro. È molto banale, ma in ultima istanza è così. Scambiarci la formazione, mettere insieme le procedure, porta ad un risultato esponenziale per entrambe le associazioni. E’ una situazione magica perché sconfessa la matematica. In questa circostanza due più due non fa quattro, fa sei, sette, otto. Da decenni condividiamo un patrimonio comune di operatori e istruttori che vestono due vestiti, che hanno due cappelli ma un’unica testa per fare soccorsi. E’ un grande valore.

Quali sono i punti di forza che contraddistinguono e differenziano la Società Nazionale Salvamento da altre organizzazioni similari?
Non mi piace fare dei distinguo. So che noi facciamo scuola, studiamo e valutiamo i nostri metodi verificandoli nella realtà, non tanto misurandoli su quello che fanno altre realtà. Certo, ci si guarda, se c’è qualcosa di buono lo si fa insieme, ma noi abbiamo una struttura articolata, per cui è difficile che siamo indietro, che abbiamo bisogno di imparare da altri. Però non mi sento in competizione con nessuno. Quando si contano i dati sugli interventi dei bagnini, non lavoriamo solo sui nostri, li contiamo tutti. Per me non c’è differenza se uno ha un brevetto con noi o altra società. Analizzo quello che accade sul territorio e lo verifico sul campo. Se in una spiaggia a rischio non c’è una figura come quella del bagnino, e ci sono anche le onde di ritorno, sappiamo che il rischio è imminente e il nostro dovere è prevenire il pericolo anche con l’affissione della giusta segnaletica. Il rischio va messo in evidenza per la popolazione. Noi abbiamo realizzato una norma UNI (sicurezza della balneazione), in cui non abbiamo individuato solo quali sono i rischi ambientali e dove occorre organizzare la balneazione, ma abbiamo anche codificato quali sono gli elementi di mitigazione di quel rischio. Non conoscere o non voler seguire questa norma UNI è grave. La Società Nazionale di Salvamento ha messo a disposizione di tutti le proprie conoscenze scientifiche, ma metterle in pratica è compito degli amministratori locali. Noi possiamo consigliare a un sindaco di apporre un cartello perché c’è un rischio, ma poi è il sindaco che lo deve materialmente mettere.

Quindi sono gli amministratori che devono intervenire
L’organizzazione generale della sicurezza sulla spiaggia forse andrebbe rivista, e non aggiungo altro per non crearmi dei nemici, però gli strumenti ci sono e se non si mettono in atto per questioni magari di risorse se non di volontà, allora il problema è grave. E dobbiamo risolverlo in tempo, mai all’ultimo minuto. La prevenzione è fondamentale. Purtroppo, anche se noi abbiamo ottimi rapporti con gli enti statali come Capitanerie di porto, Ministero dei trasporti e così via, i singoli sindaci sono troppi e non riusciamo a parlare con ognuno di loro, anche se ci sono sindaci che prendono l’iniziativa e ci contattano. Prevenire non è mai difficile. Fondamentale è la presenza del bagnino che deve intervenire sul pericolante (persona che sta annegando) entro 5 minuti, ed è importante individuare e segnalare il rischio, ma se un comune non ha gli strumenti adatti o le giuste competenze, si faccia aiutare da chi ha esperienza. Abbiamo nell’annegamento un muro di 400 morti l’anno, e sono pochi (tra piscine, fiumi, laghi, mare) ma quello che mi rattrista è che molte disgrazie sono evitabili. Pensiamo alle spiagge libere. Non significa che devono essere abbandonate solo perché non c’è il bagnino. Ci devono essere segnali volti ad evidenziare il pericolo. Previsione, prevenzione e soccorso devono camminare insieme. Non se ne può prescindere. Chi fa previsione deve essere capace di individuare il rischio, ma deve anche avere la competenza per fare campagna di prevenzione e poi gestire l’attività del soccorso. Noi possiamo supportare le autorità, ma non sostituirci ad esse. Abbiamo possibilità di condurre la battaglia basta mettere in campo le forze giuste per ottenere il risultato.

Da uomo di mare quale è, le è mai capitato di trovarsi in una situazione di pericolo tale da lasciarle un segno tangibile ancora oggi?
No, sinceramente no. Ma quel che più mi ha segnato non è il pericolo in sé, ma il valore del mare. E mi spiego meglio: facevo il bagnino in una colonia marina e un giorno vedo un signore alto, anziano (scoprii poi che era di Cuneo), in piedi con le mani intrecciate di fronte al mare. Non si muoveva. Quando l’ho visto immobile per diverso tempo mi sono preoccupato e gli ho gridato, chiedendogli se avesse bisogno di aiuto… e lui ha risposto di no. Era solo la prima volta in 92 anni di vita, che vedeva il mare… ed era rimasto immobile, preso da quella, immensità.

Abbiamo affrontato il passato, discusso il presente, ma cosa ci riserva il domani?
Noi crediamo molto nella norma UNI, la consideriamo uno strumento essenziale ed estremamente avanzato per l’individuazione dei pericoli e dei rischi a disposizione della pubblica amministrazione. Tuttavia se anche noi possiamo formare i professionisti, un ruolo importante deve essere svolto dai sindaci che devono imparare a utilizzare questi strumenti e, conoscendo il territorio, fornire il miglior servizio alle loro comunità. Questo è il futuro che mi aspetto. Una sinergia tra diverse figure preparate e disponibili.