Confcommercio: in dieci anni 158 imprese in meno

3 marzo 2022 | 17:39
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Confcommercio: in dieci anni 158 imprese in meno

Fra il 2012 e il 2021: di cui 68 in centro storico. Massarini: “Il regolamento dei dehors che fine ha fatto?”

REGGIO EMILIA – Nei giorni scorsi Confcommercio-Imprese per l’Italia ha presentato una analisi sull’andamento della demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici. L’elaborazione dell’Ufficio Studi nazionale di Confcommercio sui dati forniti dal Centro Studi delle Camere di Commercio G. Tagliacarne consente di analizzare la situazione dal 2012 al giugno 2021 anche nella città e nel centro storico di Reggio Emilia.

Nella città di Reggio Emilia dal 2012 al 2021 si sono perse in totale, tra attività in centro storico e in periferia, 233 imprese nel commercio al dettaglio mentre sono aumentate di 75 imprese quelle del settore bar, ristoranti e alberghi, dato che è frutto anche dell’emersione di bed and breakfast e affittacamere. Il tutto fa un totale di 158 imprese in meno di cui 68 nel centro storico. Perdita inferiore a quella registrata nelle vicine Modena e Parma che segnano un calo, rispettivamente, di 195 e 179 imprese.

Da evidenziare che questa tendenza è tutta segnata dal periodo pre-pandemico in quanto dal 2019 al 2021 la situazione è rimasta pressoché invariata. E’ altresì interessante notare come per esempio rispetto alle città vicine Parma e Modena il centro storico di Reggio Emilia parta con un forte gap di imprese nel commercio al dettaglio in centro storico rispetto a quelle periferiche, gap che è rimasto tendenzialmente costante.

Vi è poi da sottolineare come il consuntivo di bar, ristoranti e alberghi in centro storico sia rimasto invariato mentre è cresciuto nelle vicine Modena e Parma. Si può rimarcare inoltre come anche in questo caso la crescita di attività sia avvenuta per la nostra città sostanzialmente al di fuori del centro storico.

Lo scenario di Reggio Emilia quindi ricalca pressochè in toto lo scenario degli ultimi dieci anni a livello nazionale, dove assistiamo alla riduzione progressiva del tessuto commerciale nelle città (in particolare nei centri storici) con la chiusura di ottantacinquemila negozi al dettaglio e quasi diecimila attività di commercio ambulante. I consumi nazionali sono ancora sotto i livelli del 1999. In controtendenza una parte delle attività di ristorazione, come street food e takeaway, e alcune tipologie di alloggio; con la differenza, però, che la demografia imprenditoriale del centro storico di Reggio Emilia non segna questa controtendenza.

Sempre a livello nazionale è il caso, poi, di fare una distinzione degli esercizi commerciali tra centri storici e periferia. Nei centri storici la chiusura degli esercizi commerciali rappresenta una chiusura definitiva di punti vendita, mentre in periferia si assiste al fenomeno dei cosiddetti “accorpamenti”. La chiusura di quattro negozi in periferia equivale all’accorpamento in uno più grande, registrando un saldo di meno quattro. È chiaro che in un centro storico questa tipologia di sostituzioni è tecnicamente impossibile, motivo per cui le riduzioni delle attività pesano maggiormente per un’eventuale riduzione dei livelli di servizio.

Ciò detto, ipotizzare una desertificazione e uno spopolamento graduale dei centri storici non è corretto, poiché continuano a coesistere diverse tipologie di negozi in forte crescita. Non bisogna, dunque, confondere criticità settoriali con dinamiche generali che non sono, invece, confermate dalla realtà dei dati. Negli ultimi nove anni, perdite moderate nelle città si registrano per i negozi che vendono beni essenziali (ad esempio gli alimentari).

Appare evidente, invece, un effetto composizione dei consumi sulla demografia d’impresa: crescono le farmacie e i negozi di telefonia, computer e infotainment domestico. Una maggior attenzione verso la tecnologia e la salute come cura del corpo, rappresenta un indice importante per i consumi degli ultimi vent’anni, in particolare degli ultimi dieci. In discesa ci sono i consumi tradizionali, come i negozi di abbigliamento, mobili, giocattoli, libri, calzature, che escono dai centri storici per essere inglobati nell’offerta dei grandi centri commerciali periferici. Un fenomeno che rappresenta una vera e propria minaccia per la vitalità delle nostre città.

“In un contesto auguriamoci sempre più post pandemico ma di stagnazione dei consumi a causa dell’inflazione causata dal caro energia – commenta il presidente di Confcommercio Reggio Emilia, Davide Massarini – bisogna sostenere le imprese e aiutarle a uscire definitivamente dalla crisi con l’utilizzo delle risorse del PNRR: attrattività e sicurezza devono essere i mantra della nostra città e del nostro centro storico. A tale proposito, il regolamento dei dehors che fine ha fatto?”.