Strage di Bologna |
0 - Copertina
/
Altre news
/

Strage di Bologna, il Pg: “Processi afflitti da virus depistaggio”

16 febbraio 2022 | 15:36
Share0
Strage di Bologna, il Pg: “Processi afflitti da virus depistaggio”

E’ iniziata la requisitoria dell’accusa nel procedimento contro i mandanti. “Gelli scelse D’Amato perché era potente e protetto”

REGGIO EMILIA – “Tutti i processi per strage sono stati afflitti dal virus del depistaggio, per questo l’accertamento della verità è stato sempre molto difficile”. Esordisce così il sostituto pg di Bologna, Umberto Palma, che questa mattina ha iniziato, in Corte d’Assise, la requisitoria nell’ambito del processo sulla strage del 2 agosto 1980 a carico di Paolo Bellini – oggi assente dopo aver partecipato a quasi tutte le udienze – Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia.

Iniziando il proprio intervento, Palma ha subito precisato di voler trattare per prima la posizione di Bellini, accusato di concorso nell’attentato alla stazione ferroviaria del capoluogo emiliano assieme ai Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, già condannati in via definitiva (un quarto esponente dei Nar, Gilberto Cavallini, è stato invece condannato in primo grado all’ergastolo sempre per concorso nella strage).

Proprio le sentenze definitive sulla strage a carico dei tre terroristi neri, spiega il magistrato, costituiscono “il punto di partenza della nostra indagine e di questo processo, e per noi sono una base solida: sono stati loro”. Nella prima tranche della requisitoria, Palma si è soffermato principalmente sul ruolo del capo della P2 Licio Gelli, ritenuto dalla Procura generale uno dei mandanti e finanziatori della strage assieme ad Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi (tutti e quattro deceduti, e quindi non più processabili).

In particolare, il sostituto pg ha ricostruito il flusso di denaro, pari a 15 milioni di dollari, documentato dal cosiddetto ‘appunto Bologna’, che secondo l’accusa fu sottratto dalle casse del Banco Ambrosiano Andino e fu in parte utilizzato – per una somma pari a cinque milioni di dollari – per finanziare la strage. Quei soldi, ricorda Palma, passarono per i conti di Gelli, Ortolani e Marco Ceruti, prestanome del Venerabile. Infine, il magistrato ha speso qualche parola su Sergio Picciafuoco, criminale comune legato all’estrema destra condannato in primo grado per la strage ma poi assolto in via definitiva, ribadendo la propria convinzione che “non sia credibile quando si definisce un solitario, come ha detto nella sua testimonianza”.

Secondo il pg, infatti, “i suoi documenti falsi dimostrano la sua vicinanza con il terrorismo nero”, dunque “Picciafuoco, da uomo di Terza posizione, si è trovato a Bologna il 2 agosto per la stessa ragione per cui c’erano i Nar, e ci conferma che la strage non è solo dei Nar”.

Depistaggi organizzati prima dell’attentato
“Il piduista Federico Umberto D’Amato venne incaricato da Licio Gelli dell’operazione Bologna, e sovvenzionato con 850.000 dollari non perché fosse un piduista qualsiasi, ma perché aveva un potere enorme e godeva di protezioni politiche enormi, a cui associava l’amicizia con Francesco Cossiga (già ministro dell’Interno e presidente del Consiglio all’epoca della strage del 2 agosto 1980, ndr)”.

Dunque, afferma in Corte d’Assise il sostituto pg bolognese Umberto Palma, “non c’è da meravigliarsi che Gelli si sia rivolto all’uomo che dava più garanzie per manovrare i gangli del potere e appoggiare operazioni di depistaggio già prima che la strage fosse realizzata materialmente”. Queste le parole di Palma, nel corso della requisitoria del processo a carico di Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia, l’ex capo dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno, deceduto da anni ma ritenuto dai pg uno dei mandanti e organizzatori – assieme a Gelli, Umberto Ortolani e Mario Tedeschi – dell’attentato alla stazione ferroviaria di Bologna.

Finora Palma non ha parlato dei tre imputati, ma ha ricostruito il contesto all’interno del quale è maturata la strage, soffermandosi principalmente sulla figura di Gelli, considerato il finanziatore dell’attentato. A questo proposito, il magistrato ha posto l’accento su un milione di dollari in contanti consegnati a Roma dal Venerabile al suo prestanome Marco Ceruti tra il 20 e il 30 luglio del 1980, negli stessi giorni in cui si trovavano nella Capitale anche Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. Secondo Palma, proprio questa somma in contanti “è la parte di denaro che puzza di più” nel flusso che, per la pubblica accusa, servì a finanziare la strage (fonte Dire).