Mafie, Musacchio: “Dopo Aemilia sono ancora vive, non abbassate la guardia”

16 febbraio 2022 | 09:58
Share0
Mafie, Musacchio: “Dopo Aemilia sono ancora vive, non abbassate la guardia”

Il criminologo e giurista: “Se non si recidono i rapporti con gli operatori economici sul territorio, con i professionisti, con i politici e la pubblica amministrazione, continueranno a prosperare”

REGGIO EMILIA Pubblichiamo un’intervista, sul processo Aemilia, che i suoi allievi hanno fatto a Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.

Il processo Aemilia si è concluso con pesanti condanne, possiamo dire che è stato un grande successo contro la ‘ndrangheta?
È sicuramente un successo. Di quest’azione repressiva non possiamo che gioire. Al tempo stesso però non possiamo fare a meno di dire che è una goccia nell’oceano. La lotta alle mafie rimane un’azione sistematica e globale che non può limitarsi al singolo territorio, ma deve avere oggi valenza europea e internazionale. Le nuove mafie, come ripeto ormai da tanti anni, sono transnazionali.

Possiamo dire che la mafia nella provincia di Reggio Emilia è stata sconfitta?
Non credo. Ha subito un duro colpo, ma non ritengo sia stata sconfitta. S’illude chi pensa di averla fermata. Le mafie – se non si recidono i rapporti con gli operatori economici sul territorio, con i professionisti, con i politici e la pubblica amministrazione, anche dopo il processo Aemilia – continueranno ad esistere e a prosperare. La società civile non deve mai abbassare la guardia.

Come hanno fatto gli ‘ndranghetisti a infiltrarsi e poi a radicarsi in quel territorio?
Intessendo rapporti con professionisti, amministratori e dipendenti pubblici corrotti oltre che approfittando di un uso distorto della “Cosa pubblica” e della scarsa trasparenza di procedure amministrative, troppo spesso non lineari. Nel processo Aemilia sono emerse chiaramente frequentazioni tra amministratori e dipendenti comunali con esponenti dei clan locali. La corruzione l’ha fatta da padrone ed ha evitato l’uso della violenza e quindi la visibilità.

Com’è possibile che nessuno se ne sia accorto? C’è stata omertà?
Era il 1996 quando assieme al professor Arlacchi scrivevo di infiltrazioni delle mafie al Nord. Lui parlava di “mafia imprenditrice”, io di “mafia mercatistica”. Sono stato accusato più volte di fare allarmismi inutili e lesivi del turismo e dell’economia di quei territori. Oggi alcune di quelle persone che mi criticavano sono state condannate per concorso esterno in associazione mafiosa. Più che di omertà parlerei di complicità, di collusioni, di contiguità che se ben analizzate sono molto più gravi dell’omertà stessa.

Ci può far comprendere quali siano i segnali che debbono destare sospetti su possibili infiltrazioni mafiose in un territorio?
Le nuove mafie hanno la capacità di alterare le dinamiche economiche mediante il controllo dei settori tradizionali (come quello degli aiuti economici e degli appalti pubblici) e l’occupazione di settori nuovi e diversificati come, ad esempio, lo smaltimento dei rifiuti, la sanità, il gioco d’azzardo, il turismo, la ristorazione, la contraffazione, le energie alternative. Una spia da non sottovalutare è il settore delle gare d’appalto a prezzi di offerta sempre più bassi con tempi di realizzazione molto brevi. La ‘ndrangheta, ad esempio, ricorre spesso al massimo ribasso, ridimensionando i costi con il lavoro nero e con la scarsità dei materiali utilizzati. Le estorsioni e l’usura sono altri reati spia da attenzionare. La rete relazionale mafiosa all’interno degli enti pubblici è un altro sensore d’infiltrazione.

Come mai secondo lei questo processo così importante non ha avuto il risalto che avrebbe meritato nei media nazionali?
La cortina di silenzio purtroppo non è scesa solo su questo evento ma anche su un altro maxi processo storico che si tiene in Calabria: Rinascita Scott. Questo silenzio tuttavia non mi stupisce. Per esperienza personale, riscontro che da anni la mafia interessa poco gli italiani. È un argomento spesso sconveniente. Dice bene il maestro Andrea Camilleri: “Gli italiani non amano sentire le voci libere, le verità disturbano il loro riposo in sonnolenza perenne, preferiscono le voci che non gli danno problemi, che li rassicurano sulla loro appartenenza al gregge”. Il valore dell’informazione, della testimonianza, della giustizia e della verità è in carico ad ognuno di noi, non solo agli operatori dell’antimafia. Chi è in grado di smuovere le coscienze dei più giovani deve impegnarsi in prima persona. Non si può più restare alla finestra e guardare come il crimine dilaga senza far nulla. I cittadini devono poter essere informati. I media svolgono un ruolo molto importante. Il loro silenzio preoccupa.

Cosa ci aspetta nella lotta alle nuove mafie e cosa possiamo fare come cittadini?
Ci aspetta una mafia multiforme, silente, mercatistica e soprattutto corruttiva. Combattere questo tipo di mafia va oltre la lotta ai clan. Come cittadini dobbiamo divenire consapevoli che questa guerra non ammette attori neutrali, riguarda i nostri valori, la nostra sicurezza e il futuro dei nostri figli. Questo monito vale non solo a Reggio Emilia, in tutta Italia e nel resto del mondo. ​Le mafie sono globalizzate e la loro lotta non può non essere globale.