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Polonia, aperta la caccia nell’area di transito dei migranti. I residenti: “Irresponsabili”

4 dicembre 2021 | 18:31
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Polonia, aperta la caccia nell’area di transito dei migranti. I residenti: “Irresponsabili”

Nei boschi di Narewka, villaggio polacco al confine ‘caldo’ con la Bielorussia, è stata aperta la stagione della caccia al cinghiale. Ma nella zona transitano spesso migranti e volontari che li assistono

VARSAVIA – Nei boschi di Narewka, villaggio polacco al confine con la Bielorussia, la Guardia forestale ha aperto la stagione della caccia al cinghiale. Venerdì 10 e domenica 12 dicembre e poi il 2 gennaio sono state annunciate delle battute di caccia dalle 7 alle 15, così come riporta il Comune sui propri profili social. L’area è adiacente alla “zona rossa” di frontiera interdetta all’accesso di media e organizzazioni umanitarie attraverso un decreto che il governo del primo ministro Mateusz Morawiecki ha motivato con “ragioni di sicurezza”. Sta alla polizia autorizzare l’accesso ai civili non residenti o che non lavorano nella zona, inoltre al momento sono stati dispiegati oltre 14.000 militari dopo che, da agosto, è notevolmente aumentato l’afflusso di profughi mediorientali e africani dalla Bielorussia.

“Davvero permettete di sparare mentre neanche sapete quanta gente è nei boschi? Chi prende decisioni così irresponsabili?” ha scritto Katarzsina, una cittadina, sotto al post che su Facebook accompagna l’annuncio. La scelta di permettere ai cacciatori di praticare l’attività venatoria ha suscitato infatti le vive reazioni dei residenti e di molti utenti su Internet, preoccupati per l’incolumità dei tanti profughi che, dopo aver varcato illegalmente il confine, si nascondono tra i boschi per sfuggire alle guardie di frontiera ed evitare arresti e respingimenti, nella speranza di poter presentare richiesta d’asilo. “Bisogna avere qualcosa che non va per organizzare battute di caccia in una zona piena di profughi” ha aggiunto Mateusz commentando lo stesso post.

Ma c’è anche chi difende il provvedimento: “La stagione della caccia c’è ogni anno” ricorda Irena, mentre Stanislaw si spinge oltre: “Bravi, la selezione dovrebbe essere umana“. Magdalena invece richiama anche i diritti degli animali: “Non basta quanto già soffrano a restare impigliati nelle recinzioni?”, riferendosi alla rete che divide e chiude al passaggio le due frontiere. “Bisogna proteggere gli animali e gli esseri umani”, aggiunge.

All’agenzia Dire, una residente di un villaggio vicino che chiede di restare anonima spiega che “in quelle foreste i volontari eseguono continuamente interventi di soccorso. Ci sono tanti migranti, anche donne e bambini, a cui la gente porta cibo, sacchi a pelo e medicine, oppure li aiuta con i documenti”.

Sempre alla Dire Adam Bodnar, che fino a luglio ricopriva la carica di ombudsman nazionale (in italiano “difensore civico”, una figura riconosciuta dalla Costituzione a garanzia dei diritti dei cittadini), commenta così la notizia: “È una decisione inaccettabile e inumana. In quell’area è vietato l’accesso ai media e alle organizzazioni umanitarie ma si consente la caccia. La priorità dovrebbe essere risolvere la crisi dei profughi e invece il governo adotta un nuovo decreto che impedisce l’accesso, sospendendo il diritto di informazione e di movimento, impedendo la presentazione e la valutazione delle richieste d’asilo e l’arrivo di aiuti, in violazione della Costituzione, del diritto internazionale e umanitario. Una simile legge è illegale e spetterebbe alla Corte costituzionale stabilirlo. Purtroppo – conclude Bodnar – da quando il governo ha riformato il processo di selezione dei giudici della Corte, le sue decisioni non sono più indipendenti dalla linea politica del governo e non possiamo più farci affidamento” (fonte Dire).