Interventi

“Marciapiedi trasformati in piste ciclabili senza separazione fra ciclisti e pedoni”

30 dicembre 2021 | 19:09
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“Marciapiedi trasformati in piste ciclabili senza separazione fra ciclisti e pedoni”

Gli appunti del non vedente Robert Portal al record reggiano che, fra gli altri criteri, ha consentito di scalare la classifica di “Città più green d’Italia”m fino al secondo posto, nel rapporto di Legambiente

REGGIO EMILIADopo Trento Reggio Emilia è risultata nel 2020 (a pari merito con Mantova) la seconda città più “green” d’Italia. Lo ha attestato la 28esima edizione del rapporto Ecosistema urbano, realizzato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore. Per raggiungere questo obiettivo un ruolo importante lo hanno giocato anche le nostre piste ciclabili che raggiungono la cifra record in Italia di oltre 40 metri per abitante. C’è chi però contesta la qualità di queste piste ciclabili. Pubblichiamo a questo proposito l’intervento di un non vedente, il signor Robert Portal, che ha scritto una lettera a Mirko Laurenti, responsabile del rapporto Ecosistema urbano di Legambiente con copia al comune di Reggio Emilia e alla stampa locale.

Facendo seguito alla comunicazione da Francesco Fantuzzi del 24 dicembre 2021, ho anche avuto il vantaggio di leggere la sua risposta al precedente messaggio di quest’ultimo del 10 novembre, unitamente al documento “Ecosistema urbano” prodotto da Legambiente insieme ad altri enti, in cui vengono illustrati alcuni dei concetti e dei criteri usati nella compilazione della classifica verde dei capoluoghi.

Premetto intanto di essere un non-vedente residente a Reggio Emilia, di conseguenza mi interessano innanzitutto i dati dello studio attinenti il comune e la provincia di Reggio Emilia. Dopo la lettura dei documenti sopra menzionati permangono alcune incertezze che probabilmente lei sarà in grado di risolvere.

Una di queste riguarda il punteggio finale assegnato a Reggio Emilia, punteggio che non sono riuscito a ricostruire attraverso la disamina dei criteri indicati nel documento “Ecosistema Urbano”: le sarei grato se potesse gentilmente fornire i numeri assegnati a quest’ultima per ognuno degli 18 “indicatori” più eventuali premi, poi sommati nel punteggio finale.

Un’altra riguarda la risposta a Fantuzzi, dove si legge: “… trova i criteri nella metodologia dello studio. Precisiamo però che noi, nell’indice, parliamo di metri equivalenti e non lineari di piste ciclabili. È un indice sintetico che tiene conto in modo ponderato delle diverse infrastrutture per la ciclabilità in ambito urbano, non solo dei metri lineari di piste ciclabili ma anche degli stalli davanti a scuole, uffici, esercizi commerciali, del servizio di sharing delle bici ecc.”.

Anche in riferimento a questo tema le sarei grato se potesse spiegarmi come i vari dati vengono trasformati in un numero di “metri equivalenti” nel report.

Piste ciclabili
Il sistema seguito dal Comune di Reggio Emilia sembra essere quello di designare quasi ogni marciapiede come pista ciclabile anche quando lo spazio è piuttosto stretto e senza alcuna separazione fra ciclisti e pedoni. In questo modo mostra un’estensione enorme di piste senza sostenere i costi di progettazione e costruzione di un sistema sicuro e comodo per gli utenti, senza ridurre lo spazio dedicato agli automobilisti (per maggior chiarezza, ritengo la riduzione degli spazi per pedoni e ciclisti senza toccare quelli per gli automobilisti una misura altamente negativa).

Come pedone disabile questa politica mi sembra una pessima scelta. Spesso non so se c’è un ciclista sul marciapiede e se mi sposto da una parte o dall’altra rischio di far male o a me o al ciclista o a entrambi. La soluzione adottata dal Comune di Reggio è in effetti problematica per tutti i pedoni ma particolarmente per gli utenti più vulnerabili quali gli anziani, le persone con passeggini ecc.

L’effetto – voglio credere che non vi sia l’intenzione – di questo approccio reggiano è quello di ammucchiare ciclisti e pedoni insieme per non disturbare gli automobilisti. Ciclisti che osano usare la strada trovano automobilisti meno abituati alla loro presenza e perciò manifestano un atteggiamento piuttosto aggressivo (non è infrequente ascoltare l’osservazione “avete le piste progettate per voi, non dovete infastidire noi”). Inevitabilmente, l’uso del marciapiede da parte dei ciclisti impedisce loro di viaggiare velocemente e in sicurezza su una superficie meno adatta e in uno spazio condiviso con i pedoni.

In sintesi, il sistema adottato dal Comune di Reggio Emilia rappresenta semmai un freno all’uso delle bici e al camminare in città, con il corollario che il traffico automobilistico fluisce senza ostacoli (come confermato dai dati Reggiani sull’inquinamento dell’aria e dall’uso delle macchine). In altre parole, a Reggio Emilia la lunghezza delle piste ciclabili è un’indicazione di disagio ambientale e non di una performance positiva.

Nonostante ciò, il sistema di ponderazione sembra premiare Reggio ancor di più per una rete di piste di valore quantomeno discutibile in quanto rientra nel componente ambientale “Mobilità” che, se ho bene inteso, viene assegnato un peso maggiore rispetto a molti degli altri indicatori.

Riflessioni su alcune delle metodologie impiegate nello studio

Ponderazione
Non è dato comprendere perché la Mobilità ha una tale importanza da meritare un peso maggiore di altri componenti ambientali. Non sarebbe forse meglio dare invece maggior risalto a dati che riflettono il successo delle politiche di mobilità, quali ad esempio l’inquinamento dell’aria e il tasso di uso dell’automobile, aspetti che hanno un effetto diretto sulla vita (e sulla morte) di tutti i cittadini? I risultati ottenuti da Reggio Emilia infatti, sembrano confermare l’inefficacia delle politiche di mobilità attuate – nonostante il primo posto per piste ciclabili, è al 59° per concentrazioni di biossido di azoto, al 75° per pm10, al 66° nei giorni di superamento della media mobile per ozono. Non avrebbe più senso dare peso ai risultati stessi e non le politiche attuate nella speranza di realizzarli (in particolare quando non sono infatti raggiunti)?

Controllo dei dati
Nella sua risposta a Fantuzzi del 10 novembre ritorna spesso sul tema della carenza di risorse disponibili per il controllo dettagliato di tutti i dati per tutti i 105 capoluoghi. In verità si presume che molti dei dati presi da fonti indipendenti siano già stati controllati a monte dello studio. Forse si può immaginare, anche con risorse limitate, controlli più approfonditi almeno per i seguenti casi:

a) quando i dati sono forniti dai comuni stessi (si potrebbe effettuare almeno controlli a campione come si fanno nel caso della revisione finanziaria),

b) quando c’è un “outlier” (un dato notevolmente diverso, migliore o peggiore, delle altre città);

c) al ricevimento di una segnalazione che potrebbe mettere in discussione un particolare valore.

Inutile aggiungere che il valore ottenuto da Reggio Emilia per le piste ciclabili soddisfaccia tutti e tre i casi.

Per concludere, aggiungo che sebbene attinga alla mia esperienza personale per enfatizzare un aspetto dell’argomentazione, questa comunicazione intende avere una portata più ampia rispetto all’esperienza del singolo cittadino: l’effetto negativo di una rete di piste ciclabili mal concepita, perplessità sull’uso della ponderazione dei dati e suggerimenti per un sistema di controllo più approfondito ed efficace.

Robert Portal