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Green pass, “Free” scatena una pioggia di denunce

25 ottobre 2021 | 14:02
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Green pass, “Free” scatena una pioggia di denunce

L’associazione presenta esposti contro Ausl, Farmacie e azienda Bcs

REGGIO EMILIA – Sul controverso tema delle certificazioni anticovid al lavoro l’associazione “Free” di Reggio Emilia scatena una pioggia di denunce, segnalando alla Procura i vertici delle Farmacie comunali, di Federfarma, dell’Ausl e dell’azienda Bcs. Alla base dell’esposto in Procura contro il presidente di Fcr Andrea Capelli e della Federfarma provinciale Giuseppe Delfini, in particolare, “l’avere deliberatamente creato disagi e impedito la somministrazione a tutti i richiedenti un tampone”, impedendo così di fatto ai non vaccinati di poter andare a lavorare.

A corredo della denuncia dell’associazione presieduta da Marco Lusetti ci sono infatti alcune dichiarazioni pubbliche del presidente Capelli che, alla vigilia dell’introduzione dell’obbligo del green pass nei luoghi di lavoro, aveva fatto sapere che le farmacie riunite non avrebbero aumentato il numero di tamponi effettuati (500 a settimana). Salvo poi trovarsi travolte dal numero di richieste e dover comunicare, il 16 ottobre, di non aver più tamponi a disposizione fino al 31 ottobre.

Per quanto riguarda l’Ausl, la segnalazione all’Autorità giudiziaria verte invece sull’applicazione del Dl 44 (l’obbligo vaccinale, pena la sospensione per gli operatori sanitari) ritenuto anticostituzionale e discriminatorio per i camici bianchi.

Si invita pertanto a procedere contro il direttore generale Cristina Marchesi e quello del dipartimento di Sanità pubblica Emanuela Bedeschi per presunto abuso d’ufficio. A sostegno dell’illegittimità della norma Free sottolinea ad esempio che agli insegnanti che decidono di non vaccinarsi è permesso lavorare con il solo tampone rapido (da effettuare ogni 48 ore). Ai lavoratori della sanità questa possibilità è preclusa e vengono invece sospesi dal servizio senza retribuzione.

Infine secondo l’associazione la Bcs, oltre a rifiutarsi di pagare i tamponi ai dipendenti, permetterebbe che nello stesso ambito lavorativo, ci siano “dipendenti vaccinati e non tamponati (quindi senza alcuna garanzia di essere sani) e lavoratori che si sono sottoposti al tampone (quasi certamente sani), mettendo così a rischio i lavoratori che si sono sottoposti a tampone”.