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Saman, il Pd: “Niente permesso di soggiorno per i padri che non mandano a scuola le figlie”

3 giugno 2021 | 18:11
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Saman, il Pd: “Niente permesso di soggiorno per i padri che non mandano a scuola le figlie”

La segretaria provinciale Dem Gigliola Venturini: “L’accettazione di percorsi di legalità a partire dal rispetto dei diritti individuali dovrebbe per me diventare dirimente e condizionante”

REGGIO EMILIAMentre si affievoliscono le speranze di ritrovare viva Saman Abbas dopo le dichiarazioni del fratello più piccolo, sento l’urgenza di esprimere alcune riflessioni. L’unanime orrore che questa vicenda suscita in chiunque, non deve distogliere da una considerazione e che cioè siamo difronte all’ennesimo caso di violenza sulle donne e coercizione della loro libertà di scelta.

Molto si è scritto sull’inaccettabilità della pratica dei matrimoni forzati, presente in alcune culture fortemente caratterizzate da un patriarcalismo che si fa dominio e potere assoluto anche sulla vita di mogli e figlie. Ciò avviene in gruppi di origine straniera nei cui Paesi di provenienza, non solo non viene tutelata la libertà femminile ma anzi vengono adottati comportamenti costrittivi che ne mortificano la dignità ed il diritto alla autodeterminazione, nelle scelte sociali e personali, ma di più, non vengono perseguiti i reati contro le donne in particolare per ciò che attiene alla violenza, allo stupro al femminicidio.

Ultimo esempio di questo gravissimo problema è stato l’uscita della Turchia di Erdogan dalla Convenzione di Istanbul. Quando non esiste reciprocità tra Stati su questi principi tutto si fa più difficile certo, ma qualcuno vorrebbe risolvere il problema rimandando tutti a casa propria? Sarebbe stata salva Saman in Pakistan? O semplicemente noi non ce ne saremmo curati? Certo una cosa va detta, il tema del rispetto dei diritti individuali, soprattutto delle donne, deve essere centrale nei percorsi di cittadinanza e di stabilizzazione dei cittadini stranieri.

Credo non siano sufficienti i requisiti relativi a tempo di permanenza, abitazione, contratto di lavoro ecc. L’accettazione di percorsi di legalità a partire dal rispetto dei diritti individuali dovrebbe per me diventare dirimente e condizionante nel mantenimento dei permessi di soggiorno e nei percorsi di cittadinanza. E se un padre non manda a scuola la propria figlia deve sapere che quel permesso lo perderà.

Ma come dimenticare che nel nostro Paese, democratico, avanzato culturalmente ed economicamente, le cui leggi si ispirano ad una Costituzione che garantisce i diritti di ogni cittadina/o, a prescindere dall’età, dal sesso, dalla condizione sociale, e dal credo religioso, 150 donne sono state oggetto di femminicidio da gennaio 2020 ad oggi?

Eppure dovremmo essere al riparo dalle derive di cui parlano tanti esponenti della destra italiana, molto attenti a individuare tutte le difficoltà e i limiti dei percorsi di integrazione delle comunità di origine straniera e contemporaneamente restii a sovvenzionare i centri antiviolenza. Perché negarlo, il caso Saman serve per fare politica contro i processi migratori ma non a difendere qualunque donna dalla violenza.

La verità è che la violenza di genere è un problema trasversale a tutte le società, certo ognuna con le sue declinazioni e contesti, ma tutte determinate dal rifiuto di quella parità sostanziale che le leggi democratiche sulla carta garantiscono. E nessuno ma proprio nessuno può accusare la sinistra di non affrontare con ogni mezzo, ogni giorno, questo problema con strumenti legislativi, politiche di sostegno e protezione delle vittime, ma soprattutto individuando nell’istruzione, nella scuola e nella formazione e nell’autonomia lavorativa le leve per un vero cambiamento culturale e una prospettiva di radicamento effettivo che serva a tutte le donne, e dia loro gli strumenti per essere davvero padrone del proprio destino.

Sulla terribile vicenda di Saman e sui problemi delle donne musulmane siamo stati accusati di buonismo e di girare la testa dall’altra parte. E’ un’accusa ingenerosa perché da sempre siamo al fianco dell’impegno delle Istituzioni locali, a partire dal Comune di Novellara e dall’Unione dei Comuni Bassa Reggiana, delle associazioni femminili, delle forze dell’ordine, dei servizi sociali e dei mediatori culturali che operano ogni giorno con impegno costante.

Ma l’efficacia di tanti interventi ha bisogno della collaborazione delle comunità religiose e di tutti gli italiani che hanno a che fare con cittadini stranieri spesso loro dipendenti. Non si deve essere spettatori passivi o limitarsi a qualche consiglio benevolo. Non sceriffi ma sentinelle, attente e collaborative con le Istituzioni, affinché si possa evitare che una segregazione come quella di Saman possa passare inosservata e altre giovani siano lasciate sole.